Lo scorso 23 settembre, con 237 voti favorevoli, 119 contrari e 57 astenuti, la Camera ha ratificato la Convenzione di Faro, innovativo trattato promosso dal Consiglio d’Europa sul valore dell’eredità culturale per la società.
L’accordo impegna i Paesi partecipanti a riconoscere il diritto all’eredità culturale ed alla partecipazione alla vita culturale, con obiettivo lo sviluppo umano e la qualità della vita, dando anche peso e valore alle infinite diversità culturali. Alla base del documento la saggia convinzione che chiunque, da solo o collettivamente, abbia il diritto a trarre beneficio dal patrimonio culturale e possa/debba contribuire al suo arricchimento con la responsabilità di rispettare parimenti la propria e l’altrui eredità culturale e, di conseguenza, l’eredità comune dell’Europa. La ratifica della Convenzione di Faro segna certamente un momento rivoluzionario per il nostro ordinamento, con il fondamentale riconoscimento che il patrimonio culturale è fattore cruciale per la crescita sostenibile, lo sviluppo umano e la qualità della vita, oltre ad introdurre una serie di diritti sacrosanti, conseguenza logica di una visione nuova, bellissima e lungimirante che rivede ed amplia le modalità di tutela, valorizzazione e partecipazione.
Molti e notevoli allora i caratteri di novità, a partire dalla stessa concezione del patrimonio culturale, slegata dall’attuale centralità delle cose, per ampliarsi all’insieme delle risorse ereditate dal passato che le popolazioni identificano, indipendentemente da chi ne detenga la proprietà, quale riflesso ed espressione dei loro valori, credenze, conoscenze e tradizioni. Con Faro si ribaltano molti punti di vista tradizionali: dall'autorità, spostata verso la base, all'oggetto, dall'eccezionale al tutto, al valore, dal valore in sé al valore d'uso ed ai suoi fini, fino alle nuove modalità di promozione, accessibilità e partecipazione.
Tra le maggiori innovazioni ecco il punto, secondo me, più bello: l’istituzione delle Comunità patrimoniali, insieme di persone che attribuiscano valore ad aspetti specifici del patrimonio culturale con il desiderio di sostenerlo, di promuoverne la più ampia fruizione possibile e di educare i membri delle comunità al suo valore, così da poterlo trasmettere alle generazioni future. La Convenzione si occupa inoltre di porre l’accento sulla crescente importanza dell’ambiente nell’identità territoriale, rafforzando l’ampio concetto di ambiente culturale, campo d’azione delle Comunità patrimoniali, ove i fattori antropici e naturali storicamente s’intrecciano.
La prima Comunità patrimoniale piemontese, tra le prime anche in Italia, è nata giovedì sera ad Asti, grazie ad una ventina di persone riunite dall’obiettivo comune di riconoscere, rispettare e valorizzare la loro bellissima città e il loro bellissimo territorio, cominciando dal suo diritto ad un nome consono, vero, il suo, espressione dei nuovi dettami legislativi attorno al concetto di patrimonio culturale: Astesana.
La Comunità patrimoniale Astesana inizia un’avventura emozionante, imbevuta dello splendido new deal di cui è permeata la Convenzione di Faro: partecipazione e valore delle differenze, rappresentate in primis in un nome oggi incredibilmente persosi per strada. Rappresentazione di elementi storici e culturali unici, come quelli raccontati nel Codex Astensis, grandiosa testimonianza dell’orgoglio di un territorio di cui, con gusto, mi permetto di ripeterne nome: Astesana. Avremo sicuramente diverse altre occasioni per parlarne, a breve.