L'arte è principio generativo che risiede in un essere diverso dall'oggetto generato; la natura, invece, è principio generativo che risiede nell'oggetto stesso
Aristotele, Metafisica, XII
Concorrenza e rivalità. Sono queste le relazioni che dominano i rapporti che intercorrono, almeno secondo alcune tradizioni, tra la natura e l'arte. Cosa sarebbe la seconda se non una sbiadita imitazione della prima di per sé infinitamente lussureggiante? E sarebbe seconda non a caso: la precedenza ontologica spetta alla natura da cui in fondo l'arte stessa promana, distanziandosi e contrapponendosi pure, ma pur sempre avendo in lei la matrice. Natura, insomma, sarebbe più originaria, più fondamentale dell'arte che si limita a riprodurla mimeticamente. Tale paradigma ha visto in Platone il massimo esponente: l'arte è copia della realtà, per altro a sua volta copia dell'autentica realtà, immutabile ed eterna, ovverosia le idee. La citazione di Aristotele però qui ci dice qualcosa di differente.
Non possiamo del resto negare che l'arte non possa essere ridotta alla sola imitazione di un fondo più originario. L'arte è produzione del genio, è il libero gioco delle facoltà umane che, ricombinandosi, generano configurazioni inedite, financo inaspettate, spezzando il ferreo legame logico che unisce l'effetto alla sua causa prossima. Arte è atto creativo, installazione di una soggettività assai sensibile che si riverbera nel catalizzatore che è l'artista; è pratica antagonista nei riguardi della natura e non perché ne voglia carpire i segreti copiandone le forme, ma perché si pone nei suoi confronti con lo spirito di ribellione antinaturalista: si impegna più al distacco dalla sua fonte, e ottenere così riscatto. Ma anche in riferimento a ciò, la citazione di Aristotele ci mostra altro.
Semplice copia o creazione dirompente dell'uomo di genio, l'arte soffoca in questa così rigida polarizzazione tra estremi confliggenti. Esattamente come la natura che, se isolata in sé e resa un oggetto di indagine, un fenomeno da indagare nell'atmosfera protetta laboratoriale, avvizzisce nella sua generatività continua. Ciò non toglie che per Aristotele tra natura e arte ci sia una differenza essenziale: la prima è omogenea e autogenerativa (cfr. Vidali, Storia dell'idea di natura). Non si può produrre altro che altra natura. Produzione particolare che nasconde un senso relativo del termine "produzione": nessuna vera cosa nuova, ma semplice formazione di ciò che in fondo è sempre stato presente. La seconda, da par suo, è eterogenea e discontinuità. L'effetto non risiede nella causa, non è un lento ma inesorabile dispiegarsi della realtà. L'arte è creativa per strappi, salti; picchi improvvisi, lampi fulminanti. L'arte è eversiva. Ebbene, pur consapevoli della differenza insuperabile, Aristotele individua quell'elemento che le accomuna: la generatività.
Generatività differenti come abbiamo intravisto, ma pur sempre generatività, arte e natura si reincontrano sul terreno del dinamismo, si incrociano e si scontrano, ancora e ancora, rinnovando un dibattito mai sopito.