Le tecniche invocate nel secolo dei lumi come forze liberatrici attraverso il progresso sono oggi accusate di asservire l'uomo e di ridurlo in schiavitù snaturandolo, rendendolo estraneo a se stesso attraverso la specializzazione che è una barriera e una fonte di incomprensione
Gilbert Simondon, Du Mode d'existence des objets techniques (traduzione mia)
Ritorno a riflettere sulla tecnica perché l'urgenza di una chiarificazione della posta in gioco lo rende necessario. Ancora di più se prendiamo a modello il pensiero di Gilbert Simondon, filosofo della tecnica che più di chiunque altro ha saputo formulare con grande coerenza una personalissima visione del mondo, ancora oggi perfettamente attuale. La posta in gioco, quando si affronta il tema della tecnica, non è limitata all'offerta di una sua definizione. Definire la tecnica, difatti, porta con sé anche un'accurata descrizione, per non dire direttamente una innovativa ideazione, delle interazioni dell'oggetto tecnico in sé e nel contesto sociale entro il quale si viene a manifestare. Cogliere l'essenza della tecnica - quell'invariabile comune che ci fa riconoscere quasi immediatamente di essere di fronte ad un oggetto tecnico - non è la solita indagine tutta noesi e intelletto che registrerebbe una distanza incolmabile tra ciò che si pensa e ciò che si fa.
Conscio di questa essenziale presa di responsabilità preliminare, Gilbert Simondon si è impegnato direttamente a dare un seguito alle sue considerazioni tecniche. Come ci ricorda un suo interprete, Jean-Yves Chateau, l'obiettivo primario di Du mode d'existence de l'objet technique è proprio quello di elaborare una teoria che reinserisca la tecnica all'interno della sfera culturale. Il pensiero tecnico non va ridotto alla produzione, al saper fare del produttore, artigianale o serializzato che sia. Il sapere tecnico è, di contro, un sapere che permette una visione complessiva della realtà, una sintesi aperta che riconosce quanto la tecnica debba al milieu nel quale si è sviluppata e che, di rimando, tematizzi la risposta di quest'ultimo alle sollecitazioni tecniche. Studiare la tecnica significa esporsi ad un complesso lavoro di ricerca che intrecci saperi differenti in vista di una completezza non riducibile alla sola scientificità (il paradigma attuale dominante, che vede nell'oggetto tecnico un applicativo della scienza).
Ed è proprio in vista di tale scopo che l'impostazione cibernetica viene criticata duramente: pensare ad un sapere complessivo quasi sommatorio, frutto dell'agglutinarsi di competenze specifiche settorializzate fino all'estremo e estranee l'un l'altra, non restituisce fedeltà alla domanda sulla tecnica, né alla sua integrazione nel mondo della cultura. La via intrapresa dal filosofo francese è, date queste premesse, comprensibilmente divergente: non si tratta più di elogiare acriticamente un sistema interdisciplinare (che eleva il principio specializzazione al suo massimo grado), ma di pensare un'autentica transdisciplinarità che attraversi sotterraneamente le varie discipline collegandole come le perle preziose di una collana.