Per accompagnarti nella lettura di questa intervista ti consiglio la canzone Centuries, dei Fall Out Boy, contenuta nella playlist "Orgoglio Astigiano" su Spotify
Incontro Davide Accossato davanti a una bevanda bella fresca. Ballerino, insegnante e coreografo di Tap dance, 51 anni, ha un entusiasmo travolgente. Proprio quello di cui avevo bisogno il giorno in cui ci siamo conosciuti.
Davide, qual è il tuo rapporto con l'Astigiano?
Sono nato a Torino, ma ho sempre vissuto a Valfenera, in particolare in frazione Villata. I miei sono di lì, i nonni anche, da generazioni. Ho sempre vissuto lì, anche se i primi 16 anni li ho passati a Torino, tornando però sempre a casa nel weekend. Le mie radici sono a Villata: mi sono costruito casa, vivo lì e morirò lì. Mi sento molto legato all'Astigiano, ho un visto di lavoro per gli USA ma l’idea di trasferirmi in America stabilmente non mi è mai venuta. Sono stato via diversi mesi, ma devo sempre tornare a casa.
Cosa pensi dell'Astigiano? Si vuole abbastanza bene come territorio?
Penso che sia come un'area protetta, a differenza di Torino, ad esempio. Asti è un grande paese, è il salotto del Piemonte, così come piazza San Carlo è il salotto di Torino. A livello culturale non la cambierei, forse a livello artistico ci sarebbe più da fare, come a livello nazionale. L'Italia, rispetto a Francia, Germania e Svizzera, ma anche Ucraina e Croazia, è molto indietro, soprattutto per quanto riguarda il tip tap. Asti è un po' povera nel settore danza in generale. Ci sono poche proposte per i ragazzi o pochi spettacoli che mostrino davvero cosa sia la danza. Bisognerebbe spingere un po’ di più.
Quando nasce la passione della danza e perché?
Non avevo nessuna intenzione di ballare nella mia vita. Pensa che ero stato iscritto forzatamente a 11 anni a un corso di liscio dai miei genitori, solo perché a loro piaceva. Ovviamente è nata e morta lì. La mia passione era la musica: suonavo il pianoforte da quando avevo tre anni, anche in chiesa. La mia passione era quella e non volevo cambiarla. Ho fatto il geometra in Comune a Valfenera e, nel contempo, suonavo in tanti gruppi per hobby.
E allora che cos'è successo?
Nel 1999, a 26 anni, sono andato ad Assisi. Ero in un momento di crisi, ho meditato per diversi giorni. E le suore che mi ospitavano mi avevano costretto ad andare a vedere un musical sulla vita di San Francesco. È da lì si è aperto tutto. Per hobby ho quindi frequentato una scuola di musical, poi sono passato al jazz e alla danza classica. Facevo tutto all’inizio, solo dieci anni dopo, a 36 anni, ho deciso di dedicarmi solo al tip tap, mollando tutto il resto della danza. Nel 2010 mi sono trasferito sei mesi a New York per studiare: è stata un'esperienza intesta, una botta pazzesca. Studiavo inglese e poi andavo a scuola. Non avevo un attimo di tempo libero.
Il tuo ricordo più bello dei vari periodi newyorkesi?
Il ricordo più bello è stata la mia prima lezione da insegnante nella scuola in cui ho studiato. È avvenuto sette anni dopo che ho fatto quel percorso di studio. Nel 2010 ho studiato con 12 insegnanti, tra cui uno dei miei primi professori. Sono tornato anni dopo e proprio lui mi ha invitato a seguire una sua lezione, chiedendomi se lo potessi sostituire. Andare al di là di quella linea immaginaria tra studente e insegnante è stato meraviglioso.
Dove ti ha portato, tra le tante tappe, il tuo percorso?
Ho studiato a NYC. Poi per un problema con il visto, avrei dovuto fare altri mesi ma sono finito a Barcellona a studiare. Questo per nove mesi. Il periodo a Barcellona lo descriverei come stare in un grande luna park. E poi ho girato tutta l’Italia, quasi tutte le scuole, vado spesso a Siracusa, in Calabria, Roma, Firenze, Bologna, Chiavari, ma anche Vienna e Praga.
Hai trovato un equilibrio tra la tua passione e il tuo lavoro?
Diciamo che vivo una vita molto piena e l'equilibrio forse non c'è. Lavoro in Comune a Valfenera, poi trascorro altre otto ore nelle scuole per la danza e poi torno a casa. E nel weekend vado a fare gli stage in giro. Prima del Covid avevo pensato di dedicarmi solo al tip tap, ma poi non me la sono sentita di lasciare il posto fisso. Adesso che il mio lavoro artistico è triplicato ci sto di nuovo facendo un pensiero. Ho avviato nuove collaborazioni, ma al momento è ancora prematuro.
C'è una sorta di preconcetto verso il tip tap?
Diciamo che qui in Italia è un'arte di nicchia, ma nel mondo no. All'estero i bambini lo studiano tutti e, infatti, arrivano a 16 anni che hanno un senso del ritmo pazzesco. Anche la velocità per loro è normale. In Italia, invece, è ancora il ballo di Fred Astaire. In realtà il tip tap si è molto evoluto, pur mantenendo sacre le basi dei grandi. L’ultima coreografia che ho fatto, ad esempio, è su una musica da discoteca. Questo per dire che non è assolutamente una cosa vecchia!
Cosa ti ha insegnato il tip tap a livello umano, oltre che tecnico?
Sicuramente mi ha messo davanti ai miei limiti e questo mi ha dato la spinta per approfondire sempre di più. Ancora oggi continuo a frequentare corsi di formazione, pur andando a insegnare a New York come professore ospite. Pensa che pochi giorni prima di iniziare a ballare volevo fare delle lezioni di kick boxing. Il corso non era partito, mi avevano detto di fare spinning. Ci misi una croce sopra. E poi mi sono ritrovato in questa scuola di Torino per fare un musical, mi hanno preso da zero per sollevare le ballerine e da lì il coreografo è diventato il mio insegnante, il fondatore di una compagnia di jazz dance dove ho ballato per anni. A livello fisico è stato un trauma iniziare questa disciplina. Fai conto che, da buon pianista, la mia schiena non aveva una postura così buona. Questo dai 27 anni. A 37 anni ho smesso di ballare il resto e ho fatto solo tip tap. È possibile fare ciò che si vuole, a qualsiasi età.
Oltre il recinto, oltre la porta
Qualsiasi cosa si voglia fare la si può realizzare. A qualsiasi età, in qualsiasi periodo della nostra vita. Il messaggio esistenziale della storia di Davide mi tocca nel profondo: gli dico che il suo è un cammino meraviglioso, sorprendente ed emozionante. Che ogni suo passo ci ricorda quanto potenziale può esserci nel genere umano, se solo ci si sforzasse di andare oltre quel recinto, oltre quella gabbia, oltre quella porta.
Un consiglio a chi cerca la propria strada? A qualsiasi età?
Provate il più possibile cose nuove, che magari vi ispirano e vi aiutano ad avere le idee più chiare. Penso che quando trovi ciò che ti piace, ti impegni tanto e le cose scattano in automatico. Se non deve succedere non succederà e sarai destinato ad altro, ma lo scoprirai solo provando. Ogni voglia che inizi una nuova avventura ti si aprono nuove porte di riflesso. Non stare a casa a pensare, ma agisci e reagisci! Non pensavo mai più di riuscire ad arrivare a insegnare in quella scuola, la Steps è una delle tre più famose al mondo. Certo, ho anche avuto fortuna, ad esempio sono l’unico professore italiano in quella scuola.
Si potrebbe fare qualcosa di più per incentivare questa disciplina in Italia?
All'estero si studia tutti i giorni tip tap, in Italia no. Se hai già una base musicale, anche di solfeggio, sei avvantaggiato. Se non c’è si può sempre imparare: è solo più lungo il percorso. Sarebbe molto semplice colmare questo gap se ci fossero più fondi per chi studia, chi balla. Faccio quattro viaggi all'anno a NYC e cerco sempre di dare borse di studio ai ragazzi che lo meritano o che non si possono permettere gli studi. Sarebbe più semplice se ci fossero le condizioni per studiare qui e non andare per forza fuori dall'Italia. Chi balla spesso non arriva a fine mese, io sono stato fortunato ad avere un secondo lavoro.
Quali sono stati i pilastri del tuo percorso?
Sicuramente Charles Goddertz, il mio primo insegnante americano della Steps, che mi ha permesso di entrare a far parte dello staff insegnanti di quella scuola. Leonard Ajkun, che mi ha permesso di ottenere il primo visto artistico americano e di poter lavorare negli Stati Uniti. Antonio Fini, che mi ha assegnato il premio come miglior ballerino nel 2017 e con cui collaboro da 12 anni.
Chi è Davide
Inizia gli studi di danza classica metodo Vaganova con la maestra Cristina Trinchero e Danza Jazz con il maestro Paolo Ravera. Prosegue e approfondisce gli studi di Jazz presso la Steps on Broadway di NY con il maestro Richard Pierlon. La formazione di Tap inizia a Torino con la maestra Margherita Marasigan e successivamente prosegue con un intensivo di otto mesi presso la Steps On Broadway di New York , in particolare sotto la guida di Charles Goddertz, Jeff Shade, Claudia Rahardjanoto, Derek Roland, Lynn Schwab, Scott Thompson, Lesley Lockery, Andrew Nemr, Lisa la Touche e Ray Hesselink e per altri nove mesi presso la escuela de dansa LUTHIER di Barcellona con i maestri Guillem Alonso, Ruben Sanchez, Roser Font e Laia Molins. Si esibisce nel musical “Gloria pax in terra” di Mario Restagno, nell’operetta “Ballo in maschera” di Verdi e in diversi spettacoli con la compagnia Dance Session Group di Paolo Ravera. Si esibisce a Torino nell’apertura delle Paralimpiadi del 2006 e nella cerimonia di apertura dei Mondiali di Scherma. Si esibisce in un assolo di tap nella trasmissione di Raffaella Carra’ “Gran Concerto” andato in onda su RAI 3. È l’organizzatore del Turin Tap Festival, primo festival internazionale di Tip Tap a Torino.
Attualmente Docente di Tap presso l’Accademia CARMA di Torino, Casa BIT di Torino, Scuola di Musical AIDM di Torino, Centro studio danza di Trofarello (TO), Atelier Teatro Fisico Philip Radice di Torino Scuola di Musical “Capogiro” di Fano, Hde-Mia di Broni (PV) e Scuola Arabesque di Cuneo. Coreografo per la compagnia di Musical “Casa Bit” di Torino e la compagnia di musical “Neverland” di Fano. Dal 2017 al 2019 insegnante e performer per la Ajkun Ballet Theatre di New York. Dal 2020 performer e Direttore European Project per Ajkun media Art di New York. Dal 2017 “Guest Teacher” presso la “Steps on Broadway” di New York. Dal 2020 performer e coreografo per Ajkun media Art di New York.