Per accompagnarti nella lettura di questa intervista ti consiglio la canzone Song 2, dei Blur, contenuta nella playlist "Orgoglio Astigiano" su Spotify
Seguo da tempo con attenzione e stima Alice Sotero, 33 anni, pentatleta. Un percorso agonistico, il suo, costellato di successi a livello nazionale e internazionale. Tra i suoi risultati più significativi spiccano le medaglie conquistate ai Campionati europei e ai Mondiali. Dopo il settimo posto a Rio 2016 e il quarto a Tokyo 2020, è stata vincitrice dell’oro ai Giochi Europei 2023 e dell’argento iridato a Bath nello stesso anno. La chiacchierata con Alice è estremamente piacevole. E, soprattutto, mi invita a riflettere.
Alice, che rapporto hai con il territorio astigiano?
Sono nata e cresciuta ad Asti. È una città che amo. Mi è capitato di trasferirmi a Roma, nel 2014, prima dei Giochi Olimpici di Rio ed è stato un dramma, essendo abituata a vivere in un città a misura d'uomo, la Capitale è stata traumatica (ride, ndr). Ricordo di essere stata molto contenta di essere tornata a casa. Di Asti adoro poter scegliere come sportarmi. Con mia figlia, Ginevra, riusciamo a fare tutto spostandoci da casa a piedi, senza dover vivere perennemente in auto, come facevo a Roma. Mi sembrava di sprecare tempo. Ad Asti, poi, puoi decidere di abitare in centro o di stare nel verde, tra le nostre colline. E poter scegliere come vivere è affascinante.
Hai sicuramente visto tanti posti nel mondo. Secondo te Asti si vuole sufficientemente bene?
Potrebbe amarsi un po' di più, anche se sono stati fatti tanti passi in avanti. Qui abbiamo tante cose belle. Ultimamente vedo girare turisti anche in mesi non canonici o in periodi che non sono proprio i più 'vivi' da trascorrere nella nostra città. Speriamo che tutto questo porti a qualcosina di più. Le nostre colline, il Monferrato, sono un bel colpo d'occhio.
Quando ti chiedono da dove vieni, cosa dici e qual è la reazione delle persone?
Dico che vengo da Asti, vicino a Torino. All'estero Asti è poco conosciuta, però. Sotto questo punto di vista c'è ancora tanto lavoro da fare.
Come e quando ti sei avvicinata allo sport?
Ne stavo parlando proprio questa mattina con i miei genitori per lo sport della bimba. Ho iniziato presto a fare sport, provandone tantissimi: tennis, pattinaggio, karate, ginnastica artistica, per capire quale mi piacesse di più. È al bimbo che deve piacere lo sport, non ai genitori. Da piccola i miei mi hanno permesso di provare ogni sport, in piena libertà, ma con una clausola: il nuoto dovevo farlo assolutamente, perché i pediatri lo suggerivano, essendo completo. E infatti, indovina? Era quello che mi piaceva di meno, proprio perché era un obbligo (ride, ndr).
Come avviene il passaggio dal nuoto al pentathlon moderno?
Nel nuoto si era poi creato un gruppo di amici, che mi ha permesso di andare avanti ancora un po'. I risultati, però, non arrivavano e iniziavo a stufarmi. Così, quando facevo prima superiore, il mio allenatore mi ha proposto di provare la mia disciplina attuale, inizialmente facendo solo corsa e tiro. Poi, man mano, abbiamo aggiunto tutto il resto e mi è subito piaciuto. Erano tanti sport diversi, che non mi annoiavano. I risultati sono arrivati in fretta.
Le soddisfazioni? Arrivano dopo un grande dolore
La tua prima grande soddisfazione?
Dico sempre che prima di una grande soddisfazione arriva un grande dolore. Non ero stata convocata per gli Europei, benché fossi una delle prime in Italia. Mi convinsi allora di potercela fare e, infatti, mi ero messa in moto per farmi selezionare l'anno dopo. Venni quindi convocata per i primi Europei giovanili nel 2006. Quella è stata la mia prima grande soddisfazione.
Cosa ti ha dato la partecipazione alle Olimpiadi 2024 in termini di valore umano?
Penso sia stata l'esperienza che mi ha dato di più in assoluto, non tanto come Olimpiade, ma per i mesi precedenti. Sono stata male, ho rischiato di perdere la vista da un occhio e il mio primo pensiero è stato quello di dover stare bene, non per le Olimpiadi. Ho capito quali sono le reali priorità nella vita. Non c'era più solo il focus della prestazione. Essere in condizioni critiche mi ha fatto comprendere come le cose importanti fossero altre: avevo il pensiero di non riuscire a prendermi cura di mia figlia come volevo. Sono arrivata a Parigi un po' scarica. Avevo lavorato moltissimo, subito dopo il parto, per poter essere qualificata alle Olimpiadi 2024 e poi due mesi prima l'incubo della vista. È stato pesante.
La malattia
Alice era arrivata a Parigi combattendo contro la cheratite da Acantamoeba, contratta sciacquando una lente in acqua corrente. Una diagnosi arrivata dopo diversi tentativi che l'hanno portata fino a Grosseto, al centro guidato dal professor Vincenzo Sarnicola. I medici le avevano sconsigliato gli allenamenti (soprattutto il nuoto), ma lei si era affidata alla sperimentazione, appena conclusa, di un nuovo collirio, prodotto dalla Sifi, Akantior, che le aveva permesso di gareggiare alle Olimpiadi di quest'anno.
Hai subito recentemente un trapianto di cornea. Com'è andato l'intervento?
Ora come ora è riuscito, ma stiamo aspettiamo le analisi di laboratorio per capire se l'infezione è stata debellata completamente. Continuerò a fare le cure come richiesto dopo un classico trapianto di cornea.
Il binomio mamma-atleta?
Quello della mamma è un mestiere da imparare completamente nuovo e ancor di più essere mamma atleta. Devi capire come organizzare la tua vita, con l'allattamento. Devo dire che mio papà, in pensione, mi ha aiutata molto e la bimba mi seguiva agli allenamenti. La parte più bella del diventare mamma atleta è stato allattarla durante le pause dell'allenamento. Mi fermavo apposta per Ginevra. È sicuramente un'esperienza particolare, che non dimentichi. Ero contenta, perché Ginevra era sempre con me. Sono fortunata, perché ho avuto la possibilità di non portarla subito al nido per lavorare. La piccola ha iniziato subito a viaggiare, a fare i ritiri in Ungheria, le prime gare. Ora ha 2 anni e 4 mesi.
Pensi che ci sia sufficiente apertura mentale in questo senso, nel vedere una mamma atleta che si ferma per allattare?
Nella maggior parte dei casi sono stata aiutata e compresa, a parte qualche caso. Forse non si è ancora abbastanza aperti mentalmente per la questione mamma-lavoratrice e mamma-atleta.
I prossimi obiettivi?
Dopo le Olimpiadi mi sono presa e mi prendo un attimo di pausa per capire cosa fare, per stare con Ginevra, anche in seguito alla malattia. Adesso, come primo obiettivo, c'è quello di recuperare completamente la vista e ci vorrà un po' , il primo anno dopo l'intervento è delicato. Tra un paio di settimane riprenderò qualche allenamento, escludendo la piscina. Non so a che livello vorrò continuare, ci sono ancora un sacco di dubbi e a 33 anni non sono più una ragazzina di 20, anche e soprattutto dal punto di vista fisico. Vorrei riprovarci, però. Vediamo come va. Non voglio avere pressioni, prendo ciò che viene per recuperare e poi si vedrà.
Un consiglio ai ragazzi giovani che cercano la propria strada?
Me lo sono sempre chiesto, vedendo tanti ragazzi che sono buttati in centro a fare le 'vasche' in corso Alfieri, senza avere un obiettivo reale. Penso al futuro di mia figlia Ginevra, spero che possa avere obiettivi. Se li hai, che tu voglia essere un medico, un musicista, uno scrittore o uno sportivo, se sai davvero cosa vuoi, allora cerchi di raggiungerlo e basta e non è più un vagare senza meta. Spero che i giovani abbiano sogni nel cassetto da inseguire e perseguire. Sono l'aspetto che sprona maggiormente nella nostra vita, secondo me.
Evitare di arrancare stanchi
Quello che Alice racconta è vero. Penso sia fondamentale evitare di arrancare stanchi in questa vita. E questo può essere possibile se si hanno sogni, obiettivi, mete che si vuole provare a raggiungere. E magari non ci si riesce, certo. Provarci, però, aver dato tutto, rappresenta una grande vittoria. Comunque vada, sarà stato un successo personale di cui fare tesoro.
Ci sono stati momenti in cui hai pensato di mollare tutto?
Dopo la gravidanza, con alcune gare andate male, ho avuto questo pensiero. Più che altro mi tormentava l'essere lontana da Ginevra senza nemmeno aver portato a casa il risultato sperato. Nonostante questo, sono sempre stata concentrata. I momenti bui capitano a tutti, ma man mano le gare sono andate sempre meglio. Dal buio si esce sempre. Ci tengo a dire che il supporto offerto dagli psicologi ed esperti è importantissimo, anche a livello sportivo, oltre che nella vita.
Che cosa rappresenta lo sport per te?
È uno stile di vita, con il discorso dell'alimentazione, della salute mentale, dello status generale. È stato importante viaggiare, vedere posti nuovi, conoscere usanze diverse dalla mia, stare in mezzo ad altre persone (ho adorato l'America). Non mi sarei sentita rappresentata in una vita d'ufficio. Ho vissuto la vita che ho sempre sognato di vivere. Sono una persona molto semplice, alla mano, mi piace stare con le persone, aiutarle, parlarci, adoro rappresentare l'idea di mamma atleta, sono stata la prima pentatleta ad avere proseguito la carriera post gravidanza. Vorrei essere la miglior versione di mamma possibile.