Al Palco 19, la voce di Agnese Pini, direttrice di QN Quotidiano Nazionale, Il Resto del Carlino e Il Giorno, ha attraversato ieri sera la platea con la forza di chi non ha timore a guardare in faccia le contraddizioni del proprio mestiere. È stata lei la protagonista dell’incontro di Passepartout dedicato al tema “Il giornalismo necessario”, un titolo che è suonato quasi come un grido di allarme – o forse una preghiera laica – per salvare non solo i giornali, ma le democrazie stesse.
“La crisi dell’informazione è cominciata nel 2004 e non si è mai fermata”. Da allora, ha spiegato, le vendite della carta stampata non hanno fatto che calare, prima lentamente, poi con una caduta libera che oggi pare inarrestabile.
Un collasso che parla di noi
Ma quella che sembra solo una crisi editoriale è in realtà molto di più. “Questa non è una fase passeggera: è un cambiamento strutturale, profondo, che investe la qualità della nostra vita pubblica”, ha sottolineato Pini. L’ecosistema dell’informazione è malato, e insieme a lui – o proprio a causa sua – è in affanno anche l’ecosistema democratico.
Non è una coincidenza, ha aggiunto, che la crisi dell’informazione si sovrapponga a quella della democrazia. “Sono due realtà indissolubilmente legate: non può esistere l’una senza l’altra”. Il giornalismo, quello vero, è un filtro necessario tra il potere e il popolo. Senza questa “parte terza”, formata, etica, indipendente, quello che resta non è informazione ma semplice comunicazione. E la comunicazione, lo sappiamo, non emancipa: seduce, semplifica, illude.
La grande illusione dei social
Pini ha spiegato bene come la rivoluzione digitale, e in particolare l’esplosione dei social network, abbia disgregato i confini tra verità e propaganda. Un tweet, un video su TikTok, un post su Facebook oggi sembrano strumenti sufficienti a informare. Ma è un’illusione, dice lei, “perché ciò che sembra diretto e spontaneo, in realtà è spesso manipolato, o peggio ancora, in malafede”.
Ha citato episodi recenti: le elezioni annullate in Romania, disinformazione su scala globale, il dialogo su X tra Elon Musk e la leader di AfD. “Questi sono i segni di un tempo in cui si è persa la percezione di cosa sia un fatto, e cosa una narrativa”.
Meno soldi, meno qualità
Il discorso ha toccato poi un nodo cruciale: la qualità dell’informazione. Non perché manchino bravi giornalisti – “ce ne sono, e molti”, ha precisato – ma perché mancano le risorse per farli lavorare bene. “Mantenere una redazione, inviare un corrispondente in un’area di crisi, significa investire. E quando i soldi finiscono, anche l’ambizione cede”. È una verità scomoda, che però chi fa questo mestiere conosce fin troppo bene.
Nel frattempo, il pubblico si rifugia in contenuti algoritmici, personalizzati, confortevoli. “Ma così si perde la visione gerarchica del mondo che un giornale tradizionale offriva. Una selezione ragionata delle notizie, che aiutava a capire cosa conta davvero”. Oggi, invece, ognuno si costruisce la propria bolla, e la confusione regna sovrana.
La sfida dell’intelligenza artificiale
Pini ha riconosciuto le potenzialità di questo strumento, ma ha anche lanciato un monito: “L’AI è seduttiva, ti dà l’illusione che ciò che leggi sia vero solo perché ti somiglia. Ma ciò che è verosimile non è necessariamente vero”. E qui entra in gioco un elemento umano irrinunciabile: l’onestà.
“Non sempre possiamo dire tutta la verità, ma possiamo promettere che ciò che raccontiamo nasce da uno sforzo sincero, da un impegno. Anche quando è scomodo, anche quando è poco”. Un esempio per tutti? "Montanelli, che in guerra scrisse ai lettori: vi racconterò solo ciò che ho visto, anche se è poco. E lo fece scusandosi”. Una lezione ancora attuale.
Verità o onestà?
Nel finale dell’incontro, Agnese Pini ha proposto una riflessione illuminante: “Forse è arrivato il momento di sostituire la parola ‘verità’ – troppo assoluta, troppo vicina alla fede – con un’altra parola più umana: ‘onestà’”. Essere onesti significa riconoscere i limiti propri e del proprio mestiere, ma anche non smettere mai di cercare, capire, raccontare.
Perché in fondo è questo il giornalismo necessario oggi. Non quello perfetto, infallibile o onnisciente. Ma quello che non si sottrae, che sta dentro le cose, anche quando fanno male. Un giornalismo che si interroga prima ancora di informare. Che si mette in discussione. E che, proprio per questo, è ancora insostituibile.
Gli incontri di oggi
Oggi, giovedì 5 giugno sarà la volta del linguista Michele Cortelazzo (“Nuova e vecchia politica”) e dell’ex presidente della Corte Costituzionale Giovanni Maria Flick che, insieme all’avvocato Luigi Chiappero, discuterà di “Tornare a crescere”.
Le foto del servizio si riferiscono anche all'incontro di ieri delle 18, che ha visto protagonista Annalena Benini, direttrice del Salone del Libro di Torino, che ha parlato di “Questo sconfinato presente”.