Attualità | 28 ottobre 2025, 14:20

“L’Australia non è un sogno facile": il monito del ristoratore astigiano Danilo Duseli

In Australia da 13 anni, analizza il quadro attuale e ricorda che l'estero non è una scorciatoia, ma un banco di prova

Danilo

Danilo

I tempi stanno cambiando e questo è innegabile. Il problema è capire a che prezzo. 

Danilo Duseli, 36 anni, astigiano trapiantato in Australia da 13, gode di un osservatorio speciale sotto questo punto di vista. Il suo, infatti, è quello di un giovane che si è fatto da sé e che, in terra straniera, è riuscito a farsi conoscere per ciò che è. Danilo è titolare del ristorante D.Vino e la sua prima enoteca è stata inserita nella Top 5 dei wine bar in Australia. 

Danilo, ripercorriamo un po' il tuo inizio ad Asti?

Facevo il commesso, lavoravo da Origini. Avevo iniziato a 18 anni, durante l'estate e sono stato con loro per quasi 10. Quella è stata una scuola non a scuola, che mi ha dato tanto: è stata la base del commercio reale e del rapporto con il cliente. Avevo un goal, però. Volevo qualcosa di mio ma non sapevo ancora cosa. 

Come si affaccia il discorso Australia?

Per imparare l'inglese, in realtà. Nessuno si aspettava che rimanessi qui 13 anni. Per me doveva essere l'anno del visto e basta, ma in Australia ho trovato una grossa spinta a livello lavorativo. 

Come pensi di essere stato visto da italiano all'estero? 

Penso che l'italiano sia visto in maniera speciale in giro per il mondo. Abbiamo un'etica che non c'è più o comunque che è difficile da trovare oggi e spesso riusciamo a tenerci stretto un lavoro, facendoci anche voler bene. 

Pensi sia cambiato qualcosa rispetto a questa visione? 

Quello che noto, oggi, è che la voglia di lavorare scarseggia. Mi piacerebbe invogliare le persone ad aprire i propri orizzonti, per far capire il vero valore del lavoro, oltre Instagram e la bolla dei social. Ecco, per noi in Australia è complesso. Arrivano tante persone, eppure abbiamo problemi a trovare personale. 

Chi arriva non vuole mettersi in gioco?

Sì, esatto. Senza generalizzare, ma dovendo fare una media, negli ultimi quattro anni chi viene in Australia non lo fa per mettersi in gioco. C'è quasi la pretesa di una posizione lavorativa, che magari in Italia non avrebbero mai ottenuto ma che, solo perché arrivano dall'altra parte del mondo, allora bisogna garantirla. Dietro alla mia storia, come a quella di molti altri, ci sono sacrifici, dedizione e tanto lavoro. Eppure, tutto il bene che possiamo aver fatto noi più grandi fino ad ora si sta lasciando andare. Mancano umiltà e voglia di imparare. 

Mi fai un esempio concreto della problematica che descrivi?

Ad esempio, se tu assumi una persona con una certa qualifica, ti aspetti un certo lavoro; ma se questo non avviene perché questa qualifica non esiste, viene fuori un grande problema per il team. Spesso manca anche la serietà di rimanere in un posto in maniera continuativa. Fare training a persone che magari dopo un mese vanno via perché trovano cose nuove fa più danno che profitto. Questo non è stimolante per nessuno e il datore di lavoro non viene messo nelle condizioni per poter dare fiducia a chi arriva. Ultimamente devi sempre stare in campana, per mantenere un certo equilibrio e, purtroppo, dedichi energie importanti a situazioni che si potrebbero evitare. 

Pensi che nella trasmissione dei messaggi, il 'telefono senza fili' abbia mandato qualcosa di distorto ai giovani?

Ai giovani forse è passata l'idea del "vieni in Australia, che è tutto facile, tutto gratis", ma non è affatto così. Vorrei continuare a sostenere chi ha il coraggio per venire qui o dovunque nel mondo a lavorare, ma la gente che sceglie di fare esperienza all'estero deve avere la responsabilità morale di sapere che non è solo qui per guadagnare, ma anche per portare avanti un progetto che qualcuno prima ha iniziato e per cui a sua volta era stato aiutato da altri. 

Lo diamo, allora, un consiglio ai ragazzi che vorrebbero fare un'esperienza consapevole in Australia/all'estero?

Consiglio di vivere queste esperienze nel migliore dei modi possibili. Fate l'esperienza all'estero, siate preparati, volenterosi, rispettosi di chi prima di voi ha portato la volontà di lavorare lì con orgoglio. È inutile raccontare cose che non esistono, competenze che non si hanno, perché dopo un paio di giorni di lavoro si testa tutto. Siate coraggiosi, oltre al viaggio: il coraggio più grosso è ammettere di essere in quella terra per migliorarsi e imparare; per cambiare, insomma. Chi arriva deve dare una mano a migliorare anche la società: ognuno deve fare il suo, ma bisogna essere capaci a posizionare le persone nel ruolo giusto. Non ci si può improvvisare: un lavapiatti in Italia non può diventare immediatamente uno chef in Australia. 

Rifaresti la scelta che hai fatto 13 anni fa, di vivere e lavorare in Australia, mollando tutto il resto?

Spesso mi chiedo se ho fatto il salto nel posto giusto, avendo anche parenti in Argentina. Ebbene, sì, rifarei tutto. Col senno di poi magari farei qualcosa in modo migliore, certo, ma a livello personale e lavorativo forse non cambierei nulla, se non le tempistiche. Forse in questi anni sono anche stato troppo permissivo nei confronti dei giovani, ma non per stigma: ho sempre voluto vedere la parte positiva e buona. Non è un rimpianto il mio. Potevo essere un po' più rigido, ecco. L'Australia è una grande opportunità, una grande sfida, che ti segna. Avessi fatto questo percorso a due ore da casa probabilmente avrei fatto la metà di quello che ho fatto, perché se qualcosa fosse andato storto sarei tornato a casa dei miei senza troppe difficoltà. L'estrema distanza geografica ti porta ad andare avanti e a non mollare. In Australia l'opportunità è alle stelle, ma puoi essere stroncato in un attimo. Qui il margine di errore è molto basso.

Che rapporto hai, oggi, con l'Italia? 

Per me l'Italia è casa: io mi sento italiano e non australiano. Con il territorio astigiano ho un rapporto magico, l'Italia per me è Asti. Un territorio che cerco di far conoscere attraverso vino e cucina, attraverso i nostri bellissimi modi di essere e di fare. Come un cantante o un poeta. Per fortuna questa cosa si percepisce. A tal proposito, ringrazio tutte le cantine che hanno supportato il mio progetto. Ho trovato apertura e fiducia fin dall'inizio. La promozione dell'Italia ha fatto in modo di spostare tante persone dall'Australia alla volta del Belpaese: questo potrebbe essere un lavoro futuro, dove la collaborazione con le cantine e i ristoranti potrebbe diventare un circuito in cui ogni tre mesi le persone vengano mosse alla ricerca di sapori nuovi, di nuove terre. Potrebbe essere un'altra svolta, questa, che mi permetterebbe di tornare in Italia più spesso. 

A proposito, ti piacerebbe tornare a casa più spesso?

Sì, sarebbe bellissimo. Quest'anno io e la mia compagna trascorreremo il Natale a casa dopo 11 anni, con mamma, papà e i nostri nipoti. Ci meritiamo di vivere il Natale con i nostri: questo è stato il nostro pensiero. Non è una bella scelta chiudere i locali nel periodo in cui si lavora tanto, ma ad oggi va bene così. Voglio godermi i miei. Il Natale ci sarà per sempre, la famiglia non rimarrà sempre uguale nel tempo. 

Chi è Danilo 

Nato e cresciuto nel cuore di Asti, fin da piccolo ha sviluppato un apprezzamento istintivo per ingredienti eccezionali, che si trattasse della semplicità di un panino perfettamente preparato o della complessità di un pasto con più portate. Questa passione lo ha portato a perseguire un'istruzione approfondita in cibo e vino, ottenendo prestigiose certificazioni da sommelier da AIS in Italia e WSET in Australia.

Il viaggio di Danilo nel settore del vino e della ristorazione dura da oltre 13 anni e tocca diversi Paesi. Ha affinato la sua arte attraverso lavori stagionali in tutta Europa prima di portare la sua competenza in Australia, dove ha rapidamente lasciato il segno. A Brisbane, ha lanciato per la prima volta Arcade Wine ad Ashgrove, presentando alla gente del posto la sua selezione curata di vini e il suo approccio unico all'ospitalità. Ha poi trascorso sette anni come direttore di Gusto da Gianni, seguito da oltre un anno presso l'acclamato Montrachet, dove ha consolidato la sua reputazione di ristoratore appassionato e competente.

L'ispirazione per la sua ultima iniziativa, D.Vino Bistro & Vinoteca, è arrivata durante un momento fortuito mentre era in vacanza con la sua compagna, Pia, che sarebbe diventata parte integrante dell'iniziativa. In quell'istante è nata la visione di D.Vino, un nome che rende omaggio alle sue radici italiane e alla sua passione per il vino. La "D" sta per Danilo, mentre "Vino" simboleggia la cultura che ha plasmato la sua carriera e lo ha ancorato in Australia per oltre un decennio. Pia, sia come compagna di vita di Danilo che come membro chiave del team, ha svolto un ruolo fondamentale nel plasmare la visione e il successo di D.Vino, portando sul tavolo la sua passione unica e la sua etica del lavoro.

D.Vino Bistro & Vinoteca 

Situato nel vivace quartiere di Woolloongabba, Brisbane, D.Vino Bistro & Vinoteca è più di un semplice ristorante: è un invito a provare i sapori autentici dell'Italia e di Asti. Dall'apertura nel 2023, D.Vino si è rapidamente guadagnato la reputazione di destinazione per una raffinata cucina italiana. Il menu è una lettera d'amore all'Italia, realizzata in collaborazione con lo chef Mirco, originario del Nord Italia, la cui competenza culinaria è radicata nella tradizione ma ispirata da tecniche moderne. Danilo, Pia e Mirco creano insieme piatti che celebrano i ricchi sapori e l'abbondanza stagionale della cucina italiana. Dai tajarin fatti in casa, alla croccante focaccia infusa con pomodorini confit e rosmarino, ogni boccone è un omaggio all'autenticità e alla qualità. Altri piatti eccezionali includono il risotto Acquarello, riccamente aromatizzato con bisque di crostacei mantecato e alghe wakame.

Impegnato a reperire i migliori ingredienti di stagione da agricoltori locali e fornitori artigianali, il menu di D.Vino vanta anche una serie di antipasti, con salumi, formaggi e verdure marinate attentamente selezionati per completare l'ampia lista dei vini. È chiaro che il vino è il fulcro di D.Vino: con oltre 400 etichette, la carta dei vini mette in mostra la diversità e la complessità della viticoltura astigiana e italiana. D.Vino Bistro & Vinoteca può ospitare 40 persone.

Elisabetta Testa

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