Cultura e tempo libero | 10 settembre 2024, 08:37

Stasera la presentazione della docufiction "Cesare Pavese-Le cose nascoste e lontane che devono esistere"

Il materiale entrerà a far parte del “Grande archivio digitale della memoria” della Fondazione

Ph Bruno Murialdo

Ph Bruno Murialdo

Il 9 settembre 1908 nasceva a Santo Stefano Belbo Cesare Pavese e nell’occasione la Fondazione Radici presenterà stasera, alle 21, a ingresso libero il docufilm “Cesare Pavese-Le cose nascoste e lontane che devono esistere”, presentato, in anteprima nella chiesa dei SS Giacomo e Cristoforo.

Venticinque interviste per oltre 50 ore curate dal professor Piercarlo Grimaldi e dal giornalista e direttore della Fondazione Radici Marcello Pasquero, realizzate e montate da Daniele Ferrero e Francesca Nota con la fotografia del maestro Bruno Murialdo e di Silvia Muratore: una mole di materiale dal valore enorme per indagare la Langa di Cesare Pavese con il contributo della Fondazione Crc e dell’Unione Montana Alta Langa e il sostegno della Fondazione Pavese che ha inserito l’anteprima nel Pavese Festival.

Il meglio di tutte le interviste raccolte per una durata di circa un’ora costituisce il nucleo del docufilm che sarà presentato martedì 10 settembre alle 21.

Materiale che entrerà a far parte del “Grande archivio digitale della memoria” della Fondazione con presidente Giuliano Viglione, capace in meno di 5 anni di raccogliere quasi 1.000 ore di interviste.

«La realizzazione del Docufilm che rientra nel progetto più ampio Verba Manent e nel capitolo di Omero non deve morire, dedicato all’oralità popolare, ha richiesto un anno di lavoro con una troupe affiatata guidata da due maestri: da Piercarlo Grimaldi e Bruno Murialdo. Due persone a cui tutti i territori di Langhe, Monferrato e Roero devono molto per aver dedicato gran parte loro vita, con linguaggi diversi, quelli della scrittura e quello della fotografia, alla salvaguardia delle usanze e delle tradizioni», spiega il giornalista Marcello Pasquero.

Il professor Piercarlo Grimaldi aggiunge: «Cesare Pavese ha cantato le Langhe del Novecento come nessun altro poeta ha saputo fare. I miti, gli immaginari contadini sono al centro di una ricerca del paese, della comunità, della memoria, del domani che lo scrittore non riesce a trovare nella città e nella società che si piega al furore dell’industrializzazione massiva. La ricerca del paese che permette di sopravvivere per qualche giro di stagione al farsi terra è un percorso difficile e di profonda sofferenza, una sconfitta di vita che si risolverà con la ricerca della morte».

Grimaldi precisa: «Il film Cesare Pavese. Le cose lontane e nascoste che devono esistere affronta i tornanti pavesiani del mestiere di vivere per testimoniare e comprendere la condizione contadina tradizionale vissuta da Cesare Pavese. Un progetto che vuole recuperare i saperi, le tradizioni, il vivere e il saper vivere delle nostre straordinarie colline prima che Omero, i gesti e le parole, l’oralità del mondo contadino muoiano sotto l’assedio di un mondo che cerca le Langhe soprattutto per curare strumentalmente i lutti che la complessità sociale genera. Omero non deve morire, un grido di compassione per una cultura che rischia la scomparsa soffocata da una postmodernità che vuole progettare il futuro senza avere memoria e conoscenza interpretativa del passato ritenuto un torcicollo della nostalgia»

Tra i personaggi intervistati gli ultimi testimoni della poetica pavesiana e di una Langa ormai scomparsa, ma anche sindaci, religiosi, giornalisti, per un affresco su Cesare Pavese inedito che saprà appassionare e far riflettere i presenti.

Redazione

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Viviamo in un posto bellissimo

Davide Palazzetti

Chi sono in tre righe? Ci si prova.
Partiamo dal personale: marito innamorato e padre fortunato. Tergiversando poi su info tipiche da curriculum, amo il nostro territorio. Lo vivo come nostro anche se vi arrivo da Genova nel 2003. Mi occupo di marketing territoriale e promozione turistica con la piacevole consapevolezza di quanta bellezza ci circondi. Racconto un posto bellissimo, qui e su alcuni miei gruppi Facebook, nella certezza che una delle poche vie di riscatto dell’Astigiano sia riempirlo di turisti.

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