Per accompagnarti nella lettura di questa intervista ti consiglio la canzone Don't know why, di Norah Jones, contenuta nella playlist "Orgoglio Astigiano" su Spotify
Educazione, rispetto, rigore, disciplina e passione.
Incontrare Yuca per la prima volta è stato affascinante. Forse perchè abbiamo culture completamente diverse da sembrare simili, forse perchè la sua storia ricorda una parte di noi.
Yuca Yamashita, 47 anni, è nata a Osaka, in Giappone. È incredibile pensare quanto fosse legata all'Italia fin da quando ha iniziato a battere il suo cuore. Yamashita significa, infatti, "Ai piedi del monte"... Piemonte. Quando me lo racconta lo fa con una delicatezza che neanche le migliori parole potrebbero descrivere.
Ora, dall'inizio, vi racconto questa storia d'amore che non conosce confini a cui mi sono sentita legata, inspiegabilmente, da quando ho stretto la mano a Yuca.
Yuca, che studi fai a Osaka, in Giappone?
Ho studiato in Giappone fino all'università, al college, specializzandomi in lingue straniere e letteratura inglese, per insegnare la lingua giapponese agli stranieri. Ho frequentato il college per due anni, per poi andare a vivere in Nuova Zelanda.
In Nuova Zelanda?
Sì, volevo finire il mio percorso di studi e ci sono stata altri due anni. Volevo migliorare il mio inglese. Durante il soggiorno in Nuova Zelanda ho fatto l'assistente per lingua giapponese alle elementari e medie. Il giapponese lì è una lingua molto praticata. Ho vissuto in un paesino di circa 300 anime, ma vicino al mare. Me la sono goduta quella bella vista (ride, ndr).
Cosa decidi di fare dopo l'esperienza in Nuova Zelanda?
Torno in Giappone, a Osaka, la mia città, e insegno inglese ai bambini in una sorta di asilo, affiancata da un docente madrelingua. La struttura, gestita da una società, faceva fare anche studi internazionali in Nuova Zelanda e Australia. Mi avevano scelta per spiegare anche ai capi della scuola dove poter mandare i ragazzi nei viaggi all'estero. Già in quel momento stavo imparando il metodo, la responsabilità.
Qualcosa cambia. Tu cambi e ne hai consapevolezza. Dove ti porta il cuore?
Mi piaceva la mia vita, ma anche io volevo provare posti diversi, volevo conoscere il mondo, non solo Giappone e Nuova Zelanda. In Europa mio papà andava spesso, perchè gestiva un negozio di vestiti Made in Italy e andava a comprare la merce in Italia.
Eri legata all'Italia fin dall'infanzia...
Sì, mio papà ha sempre ascoltato Andrea Bocelli, mangiavamo anche pasta e pizza, mi piacevano! E quando mio papà a casa faceva i conti del negozio, beh, contava anche in italiano!
Così prendi e parti?
Esatto, alla fine degli anni Novanta vado con una mia amica prima in Svizzera, poi in Francia e successivamente in Italia, per visitare posti nuovi. Ed è qui che mi innamoro perdutamente dell'Italia. Ho capito che era quello che volevo, quello che mi mancava. Tornata, ho detto al mio capo di voler imparare l'italiano e la cucina italiana.
È incredibile la consapevolezza che ti ha animato in questa scelta. Cosa è successo poi?
Nel 2002 ho deciso di andare a Bologna per tre mesi per imparare l'italiano e studiare più a fondo la cucina italiana. Avevo scelto proprio Bologna perchè in Giappone ai tempi conoscevamo mortadella, ragù alla bolognese e poco altro. Mi ero iscritta a una scuola specifica: al mattino studiavo italiano e al pomeriggio imparavo a cucinare per fare la pasta fresca e infine come stagista in un ristorante.
Facciamo un passo indietro Yuca, sbloccaci un ricordo. Quando ti è nata la passione e l'amore per la cucina?
Quando ero piccola, grazie a mia nonna. Era infermiera di professione, ma era un’ottima cuoca. Trascorrevo molto tempo con lei, quando i miei erano a lavoro. Ricordo il profumo dei biscotti, ricordo che mi ha sempre spiegato e fatto assaggiare tutto, di modo che io mi allenassi, di modo che io sapessi davvero cosa stessi mangiando, anche a occhi chiusi.
Poi, quando Yuca mi dice la cosa che sto per scrivere, entro completamente in empatia con lei. Una stretta di mano che si è trasformata in confessione intima, in riflessioni condivise.
Il mio sogno era la nonna.
All'inizio non capisco. In che senso?
Il mio sogno, da bambina, era diventare mia nonna. Quando la maestra chiedeva ai bambini cosa volessero fare da grandi, c'è chi rispondeva il medico, l'insegnante, il parrucchiere. Io volevo essere come mia nonna.
Quanta tenerezza, quanti ricordi che si credono ormai lontani. Incontrare Yuca è questo: è apprezzare di nuovo la tenerezza, la semplicità, è tornare a quando nessuno di noi aveva sovrastrutture, è la corsa alla genuinità. Yuca è un po' come tutti noi quando cerchiamo di conoscere noi stessi, quando vorremmo capire chi siamo davvero. Con la differenza che lei ce l'ha fatta.
Torniamo a Bologna. Cosa succede quando hai capito che quello doveva diventare il tuo lavoro?
Sono ritornata in Giappone e ho frequentato la scuola alberghiera per pasticceri e stilista di cibo. Food stylist non significa solo impiattare; la parte estetica è una delle tante componenti: si deve sapere tutto del cibo. Lo stilista di cibo è un esperto del cibo a 360 gradi. Lavoravo allora in Giappone come food stylist, seguivo un maestro di pasticceria: ero sua assistente a Osaka, guardavo e imparavo. Nel frattempo, il mio lavoro di stilista di cibo mi permetteva di fare anche esperienze di giornalismo: scrivere di cibo, fotografare piatti e riportare ricette. Anche questo aspetto fa parte della mia professione. Viaggiare spesso, ad esempio, è un elemento costante della mia vita. Sono appena rientrata, infatti, da un viaggio di lavoro in Tunisia proprio come stilista di cibo.
Cosa succede nel 2012?
È l'anno dell'occasione. In quel periodo come stilista di cibo viaggiavo molto. Giravo per ristoranti e li giudicavo e arrivo fino a Torino, a mie spese. Poi, la società per cui dovevo fare queste recensioni, mi manda a Padova. Qui conosco una signora che mi insegna i segreti della cucina, anche internazionale: aveva viaggiato molto, non si limitava solo alla cucina locale.
Nel 2012 in Italia faceva un certo freschetto
Mamma mia, arrivo in Italia e trovo -20 gradi. Un freddo incredibile. Non avevo mai visto la neve a Osaka. Era stato così emozionante.
A Padova la grande occasione diventa realtà
Esatto, perchè la signora mi offre un posto in cui stare ma, soprattutto, il visto di lavoro. Era ciò che desideravo di più. I soldi in quel momento non avevano tutta questa importanza: avevo risparmiato, avevo qualcosa da parte. Volevo solo vivere in Italia, lo avevo capito e volevo che il mio sogno diventasse realtà.
Fino ad arrivare a Cibus, a Parma, nel 2012
Per il settore del giornalismo continuavo a frequentare il Piemonte, avevo degli amici là. Poi a Cibus nel 2012 i miei superiori mi chiedono di scrivere per Barbero. Già lo conoscevo, perchè in Giappone è molto famoso.
Prestate attenzione a quello che succede ora.
Davide Barbero, che già conoscevo, mi invita quell'anno a fare una vacanza in compagnia in Sardegna.
E sei andata?
All'inizio non volevo. C'erano troppi italiani in quella compagnia (ride, ndr), pensavo che gli italiani avessero un approccio diverso dal mio. Alla fine, però, decido di andare insieme a una mia amica.
E...?
Ed è lì che conosco quello che diventerà mio marito, Marco.
Come è successo?
Ci siamo conosciuti in quella vacanza, ma poi ci siamo persi di vista. Marco, astigiano, era più giapponese di me (ride, ndr). Per riagganciare i rapporti mi scrisse una mail. Ci siamo incontrati in Piemonte, abbiamo fatto una cena tutti insieme a base di bagna cauda e fritto misto e ci siamo conosciuti meglio. Da lì è partito tutto, fino ad arrivare alla convivenza ad Asti e al matrimonio, nel 2015.
Amore e bagna cauda potrebbe essere il titolo perfetto per questa storia. Come è stato trasferirsi ad Asti?
Asti è splendida. Sono orgogliosa di vivere qui in città. Qui non mi manca nulla. Quando esco di casa osservo tutti i bellissimi monumenti, le splendide torri. Asti ha tutto e gli astigiani devono essere orgogliosi. Lo dico sempre ai miei amici, che si lamentano che ad Asti non c'è nulla.
E tra Asti e Alba, quale città preferisci?
Preferisco Asti come città. Per la sua storia, perchè è facile da girare a piedi, perchè ha monumenti bellissimi. Da turista facevo sempre l'errore di passare da Asti, ma di spendere ad Alba. Forse perchè Asti non si valorizzava abbastanza, ma adesso inizia a farlo.
È da qui che è nata la tua sfida?
Esatto, sono anche consulente per una ditta importante, che spesso organizza dei tour enogastronomici. Mesi fa dovevo portare in Piemonte cinque imprenditori giapponesi molto importanti. Ho scelto di farli alloggiare ad Asti. Per me era una sfida: tutti dicono Langhe e Barolo, ma Asti è stupenda. E vogliamo parlare della Cattedrale? La prima cosa che ho fatto è stata portarli a mangiare la bagna cauda.
Scommessa vinta?
Sì, alla fine ho vinto io. E il prossimo anno dovrò occuparmi di 20 imprenditori giapponesi, che verranno in Piemonte insieme alle mogli. Parallelamente, in collaborazione con l'istituto alberghiero di Agliano, vorrei fare un gemellaggio con la scuola di Osaka. Speriamo.
Yuca, ma, alla fine. Il tuo piatto preferito?
Senza dubbio la bagna cauda. Quella vera e originale eh, però: rigorosamente con l'aglio. Non come mio marito, che la vuole sempre senza.