L'amore è una letizia accompagnato dall'idea di una causa esterna
Baruch Spinoza, Etica, III, Definizione degli affetti, 6
Ora, definire cosa sia l'amore non è nemmeno immaginabile nello spazio di un breve articolo. La complessità del soggetto è la complessità della vita che è impossibile da definire una volta per sempre. Certo è che parto, comunque, da una definizione. Potrebbe sembrare un controsenso, e forse in fondo lo è: non vuoi definire l'amore e parti da una definizione dell'amore? Eppure la definizione di Spinoza ha un pregio: nella sua semplicità accoglie in sé tutta l'estrema complicazione e l'ingrovigliarsi di fili e di catene, tutta l'arborescenza di concetti e pensieri, di azioni e affezioni che danno corpo all'amore. Non intendo pertanto spiegare la citazione del filosofo ebreo, ma cercare di cogliere - e di far cogliere a me stesso - quale complessa trama di relazioni vanno a sostanziare, per così dire, quel fenomeno oscuro, almeno per me, che è l'amore.
Come si può notare, ho usato più volte la prima persona, scelta che di solito non effettuo proprio per cercare di mantenere il discorso il più oggettivo possibile. Ma con l'amore non si può. Perché l'amore è sempre declinato personalmente, sempre individualmente. Per questo è difficile: perché è sempre una relazionalità tra individui, in bilico tra un principio egologico attivo ("io che amo") che si moltiplica (anche chi amo afferma a buon diritto "io che amo") e un principio egologico passivo ("io che sono amato") che non solo si moltiplica, ma che si riflette e si fa biunivoco ("io che amo" sono "io che sono amato"). Per questo in certi casi fa paura: è un'affezione della mente, è una passività. È una forma di negatività, sembra dirci Spinoza. Perché è una immaginazione, è un essere accompagnato da: non è un sapere. Epperò ritorna nella sua complessità: sarà una negatività, ma è letizia. È gioia. In fondo l'amore fa paura proprio perché letizia. Fa paura perché è letizia che nasce dall'essere espropriato, da quell'uscire fuori di sé, anche solo per il tramite dell'immaginazione, che è il sentirsi amato. È la vertigine del sentirsi perdere. Ed è, di contro, la consapevolezza di essere affetti da una letizia, di provare la massima gioia concessa all'essere umano.
Siamo andati ben oltre Spinoza. Però, ciò che ci ha lasciato, credo, è proprio questa attenzione non banale all'argomento. Non a caso l'amor intellectualis dei, ultimo grado del processo conoscitivo, è sotto l'egida dell'amore. Intellettuale, ovviamente. Ma pur sempre amore. Che l'amore sia allora la completa e forse incomprensibile compenetrazione di semplice e complesso? Di certo, è ciò che è più difficile da mettere in atto.