La Sala Conferenze del Cpia di Asti ha ospitato la tavola rotonda “Caporali, uomini e comunità”, inserita nel Festival dei Popoli di Asti 2024.
"Il caporalato - hanno analizzato i relatori moderati da don Dino Barberis - rappresenta una grave forma di sfruttamento lavorativo, particolarmente evidente nel settore agricolo, che coinvolge principalmente lavoratori stranieri".
L’Astigiano, famoso per i suoi vini e la tradizione contadina, è realmente immune a questa problematica?
La tavola rotonda ha offerto uno spaccato della realtà locale grazie ai dati presentati dai ricercatori di Irpef Acli, Gianfranco Zucca e Luigi Gilardetti, in dialogo con il segretario generale della Cgil di Asti Luca Quagliotti e Claudio Riccabone, assessore del Comune di Canelli.
La ricerca ha avuto un approccio pratico, con osservazioni effettuate nella zona della stazione ferroviaria di Asti e nei comuni vicini, attraverso interviste ai lavoratori durante il periodo della vendemmia, in collaborazione con la Flai Cgil di Asti.
La stazione è uno dei luoghi di reclutamento più affollati, dove quotidianamente pulmini portano i lavoratori nei campi. A Canelli, la Caritas accoglie ogni anno, durante la vendemmia, decine di lavoratori che altrimenti sarebbero costretti a dormire nei parchi.
Il reclutamento è facilitato dalle “Cooperative senza terra”, che forniscono manodopera alle aziende agricole.
Tuttavia, il contesto presenta numerose irregolarità: salari che oscillano tra i 6 e i 7 euro all’ora e condizioni di lavoro che coinvolgono persone in situazioni di vulnerabilità sociale. Le interviste rivelano una tendenza della comunità astigiana a giustificare tali pratiche, considerando il lavoro agricolo come storicamente faticoso.
"Le istituzioni, purtroppo, non sono in grado di garantire la regolarità necessaria e di effettuare controlli adeguati, a causa di risorse insufficienti", è emerso
"Anche i datori di lavoro, la politica e le élite istituzionali devono assumersi la responsabilità della situazione, spesso sottovalutando il problema per paura di ripercussioni negative sull’immagine del territorio".