Ho votato contro il bilancio comunale 2019/2021 così come concepito e proposto perché non ho colto, neppure tra le pieghe delle oltre 400 pagine di cifre e allegati, l’intento, la visione dell’amministrazione circa il futuro di Asti. Né sono stati ritenuti accoglibili - e perciò li ho ritirati - almeno parte degli emendamenti (tredici) del nostro gruppo, mirati a trasferire denaro a settori come i servizi sociali e di assistenza, alla manutenzione di strade, al contrasto al dissesto idrogeologico, alla riqualificazione delle periferie, alla realizzazione di parcheggi di interscambio, ad una più puntuale cura del verde nell’ottica di una più incisiva azione contro l’inquinamento atmosferico.
C’è, in questo bilancio appena approvato dalla sola maggioranza, una sperequazione negli investimenti: meno di 13 milioni di euro nel 2019, quasi 113 milioni nel 2020, poi di nuovo sui 14 nel 2021. Davvero difficile credere che si possa realizzare quanto previsto. Tra l’altro tenendo conto che gli investimenti del 2019 sono finanziati per circa 1 milione con entrate patrimoniali che sappiamo derivare dalla probabilità molto scarsa di vendere immobili pubblici da sempre in lista da un anno all’altro; per circa 4 milioni poi con contributi statali (gli interventi sulle scuole e Palazzo Mandela), per circa 2,5 milioni con contributo regionale. Tutti gli altri sono finanziati con mutui, oneri di urbanizzazione e proventi vari. Perplessità, dunque su ciò che davvero si potrà fare.
E allora l’impressione è che si proceda per segmenti, si affrontino problemi e situazioni di criticità man mano che si prospettano, mentre l’unico binario su cui un convoglio viene spinto pare essere quello che sembra fruttare di più nell’immediato soprattutto sotto il profilo elettorale, feste e turismo. Affidando la gestione dei Musei ed altri beni culturali ad una Fondazione e stringendo una alleanza con l’Atl di Langhe e Roero per dirottare da noi un po’ del loro turismo.
Eppure siamo di fronte a una città sofferente per l’inquinamento (si pensa alle macchine mangia smog, è stato detto ai giornali nei giorni dell’ennesima emergenza), ma serve un vasto piano strategico che tocchi mobilità, abitazioni e industrie: e che non emerge dagli aridi numeri del bilancio, non emerge come progetto complessivo. Siamo di fronte ad una città che deve creare sbocchi occupazionali, rispondere a povertà crescenti, dotarsi di un piano del verde per ripulire dalle polveri sottili e abbellire, riqualificare ventine e periferie, riparare strade, risistemare quartieri...
Il passo deciso con cui si è entrati in Asp per invertire una rotta non condivisa dal nuovo governo cittadino, ha prodotto un gran pasticcio, come dimostrato dalle dimissioni del vertice appena nominato e dalle controversie suscitate dalla relazione dello studioso esterno chiamato a “rivoltare come un calzino” l’azienda di servizi al cittadino, il professor Falduto. Si volevano diminuire i costi rispetto al passato e invece sono aumentati: il fabbisogno Asp è passato da 10.965.894 € a 11.435.278 €. Alla fine sono gli astigiani che pagano sempre, anche per servizi, come l’illuminazione pubblica, che non soddisfano per niente.
Insomma: quando le mere politiche “acchiappa consensi” lasceranno il passo a progetti e iniziative lungimiranti di crescita e sviluppo per ridare una vocazione a una città che, se ha consumato la spinta industriale, conserva patrimoni inestimabili di arte e cultura e una posizione strategica nell’economia vitivinicola del Monferrato/Unesco? “Sposarci” con Alba, portando in dote alla nuova Atl, in cui peraltro conteremo ben poco, oltre 90 mila euro l’anno contro i 5 mila appena finora spesi per una nostra struttura, segnerà la svolta? Ah, saperlo, saperlo...
Beppe Rovera - Capogruppo Ambiente Asti