La pianta della cannabis è stata utilizzata per alleviare i sintomi delle malattie per migliaia di anni e presso diversi popoli. Oggi in molti luoghi del pianeta l’unica cosa che si può fare è acquistare marijuana legale online. Anche su questo molti hanno da ridire proprio perché non sono al corrente che in Italia è legale comprare canapa light.
Nel mondo moderno troppi pregiudizi sociali e politici hanno creato grossi limiti per una ricerca efficace sugli effetti di cui l’uomo potrebbe beneficiare utilizzando la cannabis.
L’opinione pubblica si è polarizzata e la comunità scientifica si è divisa.
Si sa che l'utilità terapeutica della cannabis medica può essere limitata dagli effetti psicotropi del THC (tetraidrocannabinolo).
Eppure, allo stesso tempo, stanno emergendo molte prove a sostegno del fatto che esistono numerosi benefici dati dalla cannabis nel trattare vari tipi di malattie neurologiche e neurodegenerative.
Potenzialità della marijuana a livello terapeutico
La marijuana ha un ottimo potenziale come analgesico e antiemetico per la gestione del dolore, per esempio correlato al cancro.
Il numero di ricerche sul tema cresce continuamente e gli studi preclinici stabiliscono che anche il THC potrebbe essere utilizzato per dare una svolta in certi campi.
Per esempio, può essere utile ad inibire la crescita e la proliferazione di cellule cancerose grazie alla modulazione di determinati recettori dei cannabinoidi. A questo riguardo comunque mancano le conferme cliniche.
Ulteriori studi hanno provato anche le potenzialità antinfiammatorie dei cannabinoidi.
Le visioni della cannabis che cambiano nel tempo
L'erba fiorita dalla pianta di Cannabis sativa è stata usata per un periodo che si aggira intorno ai 5000 anni nell’universo della medicina tradizionale orientale.
Questo popolo la utilizzava come analgesico, come ansiolitico, per fini anticonvulsivi, come sedativo ed anche per scopi di ipnosi.
Avanzando nel tempo, molto più di recente, la cannabis medicinale è stata sottoposta a numerosi studi che riguardano i suoi livelli di efficacia in merito ai trattamenti nell'epilessia, per le infiammazioni, per l'ansia e molto altro ancora.
Questa è probabilmente la scoperta che più ha rinvigorito l'interesse della scienza verso il tema dell'uso della cannabis come risorsa terapeutica; nonostante ci sia un numero limitato di dati clinici disponibili.
Sicuramente il fatto che adesso esiste un cambiamento nello status legislativo della cannabis ricreativa e medicinale, sta consentendo in molti luoghi del mondo una più adeguata valutazione per quello che riguarda l’utilizzo della cannabis e dei cannabinoidi in ambito clinico.
Disagi dati dall’uso di cannabis dovuti al THC
Nella cannabis, i principali cannabinoidi sono due: il tetraidrocannabinolo (THC) e il cannabidiolo (CBD).
Ognuno di essi mostra di avere potenzialità per agire a livello farmacologico, anche se si tratta di azioni abbastanza diverse.
Le preoccupazioni principali riguardano gli effetti poco desiderabili causati dal THC, considerato psicotropo primario. Tutto ciò ha portato la comunità scientifica ad esitare sulla questione delle prescrizioni di cannabis ad uso medicinale.
I sintomi negativi che più comunemente vengono riportati dai consumatori derivano, infatti, dall'uso del THC. Questi sono: tachicardia, possibile ansia, alterazione delle percezioni cognitive, ed altri problemi dell’ordine comportamentale.
In più il THC può andare ad alterare le funzioni del sistema immunitario, ma anche influenzare la “suscettibilità” di una persona aumentando le infezioni microbiche.
CBD e THC nella pianta di marijuana
Per quanto riguarda invece il secondo cannabinoide più abbondantemente presente nella cannabis, il CBD, molti effetti collaterali non compaiono.
Nel caso del THC si può arrivare ad una sorta di tossicodipendenza, si potrebbe essere poco tolleranti a certi effetti o (al contrario) abusarne per mancanza di effetto.
Tutto ciò non riguarda l’utilizzo di cannabis light in cui sono presenti alti livelli di CBD.
Questo cannabinoide, infatti, risulta essere molto ben tollerato dai consumatori tanto quanto dai pazienti.
Anche nel caso in cui le quantità giornaliere siano superiori alla media, il CBD non presenta al momento controindicazioni rilevanti.
Nel confronto il THC perde perché è possibile somministrare una dose giornaliera che va da 15 a 90 mg al massimo nei pazienti adulti. Questa in genere è la quantità massima tollerata ma, il massimo giornaliero richiede comunque il continuo aggiustamento per personalizzare la terapia. Soprattutto per fare in modo di essere sicuri che determinati effetti collaterali possano essere gestiti da ogni paziente.
Infine, si sa che il CBD contenuto nella marijuana ha molte proprietà benefiche per il corpo dell’uomo. Possiede caratteristiche antipsicotiche, ma anche anticonvulsive. Potenzialità sedative e capacità antinfiammatorie.
Nessuna di queste può essere segnalata nell’utilizzo del THC.
Sono stati proprio gli effetti del CBD riscontrati come positivi per la salute dell’uomo a fare in modo che venisse promossa e accelerata la ricerca sui cannabinoidi non-THC. Infatti, come il CBD, anche altri cannabinoidi posseggono caratteristiche importanti.
Nonostante gli evidenti risultati della ricerca e le promettenti possibilità, la legge di molti luoghi del mondo continua ad essere contro e a rallentare il percorso che potrebbe portare a tante ottime novità per il benessere dell’uomo.