Test sierologici Covid-19 in arrivo sul personale sanitario di tutte le aziende sanitarie del Piemonte, compresi medici di famiglia, pediatri di libera scelta, specialisti convenzionati. Obiettivo: comprendere più a fondo la diffusione del virus e carpire informazioni per lo studio e lo sviluppo di strategie di prevenzione.
Le parole dell'assessore regionale alla Sanità Luigi Genesio Icardi non soddisfano le Commissioni Albo Odontoiatri dell'Ordine dei Medici del Piemonte, che in una lettera a lui indirizzata lamentano come "ancora una volta si tenti di fare discriminazione all'interno della classe medica e vengano assunte decisioni che, se sicuramente possono rispondere egregiamente al soddisfacimento di esigenze sindacali o politiche, cozzano però contro concetti di epidemiologia assolutamente elementari, che dovrebbero far parte del bagaglio di ogni medico".
Firmatari della missiva i presidenti PierAngelo Arlandini (CAO Alessandria), Ferruccio Balistreri (CAO Asti), Gabriele Jon (CAO Biella), Gian Paolo Damilano (CAO Cuneo), Michele Montecucco (CAO Novara), GianLuigi D'Agostino (CAO Torino), Alberto Libero (CAO Vercelli) e Claudio Buffi (CAO Verbanio Cusio Ossola).
Le CAO si dimostrano estremamente preoccupate, chiedendo la massima inclusività delle categorie coinvolte considerando le aree di maggior rischio ed esposizione: non si può, quindi, "escludere tutto il mondo della libera professione, che rappresenta una parte importantissima della sanità piemontese e che spesso si trova ad operare in situazioni meno protette di altre. In particolare, praticamente tutta l'assistenza odontoiatrica è di competenza del settore privato".
"Va rilevato poi che per le caratteristiche stesse delle prestazioni l'odontoiatria, ma anche l'otorinolaringoiatria e l'oculistica, sono in assoluto le specialità più esposte alla possibilità di contagio, dovendo confrontarsi con la popolazione generale come e più di altre categorie mediche; sono presenti capillarmente su tutto il territorio, e non possono prescindere da un diretto contatto con il paziente potenzialmente infetto".
Le commissioni sottolineano nella lettera che nonostante l'attuale tributo in vite umano pagato dalla categoria sia relativamente ridotto (12 unità, ad oggi), all'avvio della ripartenza della normale attività si andrà incontro a un rischio esponenzialmente più elevato.
"Ricordiamo infine che gli stessi odontoiatri, già ben avvezzi all'uso di DPI e avendone disponibilità, hanno donato le loro dotazioni a Medici di medicina generale, pediatri, personale delle RSA e financo colleghi ospedalieri che ne erano stati lasciati colpevolmente privi". Per gli scriventi, quindi, la classica situazione da "oltre al danno, la beffa": "Ora, al momento di ricostituire le scorte, si trovano ad affrontare una carenza di DPI drammatica, in quanto sono privilegiate nell'approvvigionamento le strutture pubbliche; e sono costretti ad acquistare il poco materiale disponibile a prezzi decuplicati rispetto a quelli normali prima dell'emergenza".