Nella finanza comportamentale viene definita “avversione al rischio” la situazione nella quale la componente emotiva dell’investitore prende il sopravvento sulla parte razionale.
Secondo la Teoria del Prospetto formulata dal premio Nobel Daniel Kahneman, insieme ad Amos Tversky, la motivazione che induce ad evitare una perdita è doppiamente più potente di quella necessaria a conseguire un guadagno.
Si tratta ovviamente di un bias cognitivo dalla doppia implicazione negativa.
Difatti, mentre da un lato impedisce all’investitore di guardare ai ribassi come a nuove opportunità di acquisto, dall’altro nega la possibilità di partecipare ai potenziali, nonché probabili, rialzi di mercato a coloro i quali abbiano deciso di liquidare le proprie posizioni.
Storicamente i mercati finanziari hanno dimostrato che, a periodi di forti correzioni, hanno fatto seguito fasi di rimbalzo, in grado non solo di recuperare i crolli, ma addirittura di superarli dando il via a stabili cicli di crescita.
Per arginare il panic selling che molte crisi finanziarie del passato hanno generato, e per ridurre in maniera significativa la rilevanza della tempistica (“market timing”) con cui si effettua un investimento o un disinvestimento, una valida alternativa che ci viene in soccorso è quella rappresentata dai Piani di Accumulo(PAC).
Perchè scegliere un PAC?
Il PAC è una tipologia di allocazione del denaro che prevede una serie di investimenti periodici atti a costruire capitale nel tempo e che si differenzia dal tradizionale investimento in un’unica soluzione (PIC, Piano di Investimento di Capitale). I vantaggi o benefici sono molteplici. Essi permettono infatti di:
• Gestire l’emotività – la contingenza di un momento specifico non viene considerata ai fini della scelta di investire o disinvestire;
• Abituarsi al risparmio come “forma mentis” accantonare periodicamente una quota del proprio patrimonio destinandolo agli investimenti in maniera automatica;
• Ridurre la volatilità – con un piano di accumulo è possibile mediare nel tempo i prezzi di carico delle posizioni;
• Flessibilità e personalizzazione – durata, frequenza e importo dei versamenti adattabili alle esigenze di ogni investitore.
Ma è possibile che io alla fine riceva meno di quanto ho versato?
Dopo aver ricevuto da un cliente questa domanda, relativa alla performance di un Piano di Accumulo, ho deciso di fare una piccola ricerca di natura statistica. Ho selezionato un campione casuale composto da 40 fondi a gestione attiva appartenenti a 27 società di gestione differenti, tutti “Azionari Globali”, tutti con una storicità di almeno 5/7 anni (ipotizzando tale durata come detenzione media consigliata per un Piano di Accumulo).
Ricostruendo l’andamento storico su ognuno di essi (Maggio 2014-Maggio 2021) e tralasciando per semplicità eventuali commissioni di sottoscrizione o diritti fissi, ho ottenuto alcune informazioni interessanti.
La prima è che la totalità del campione preso in esame, al termine del settimo anno, presentava una performance positiva.
La seconda è che la media di queste performance restituiva un valore a tre cifre.
L’ultima, e secondo me più significativa, è così riassumibile: considerate le 48 mensilità (dal 3° al 7°anno) che compongono la seconda metà del ciclo di vita di un PAC, l’80% dei fondi presi in considerazione non registrava neanche una mensilità con performance (controvalore fondo – importo versato) negativa.
Nel restante 20% dei casi, il controvalore del fondo era sceso sotto l’importo versato nel solo mese di Marzo 2020, evidentemente a causa della forte contrazione dovuta all’inizio della pandemia, per poi tornare in zona positiva già dal mese successivo.
Quindi sì, è possibile ricevere meno di quanto è stato versato ma è molto improbabile se scegliamo un prodotto azionario ben diversificato e lo deteniamo per un orizzonte temporale di lungo periodo.
La costanza, spesso e volentieri, paga.













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