Riceviamo e pubblichiamo la toccante testimonianza di Mauro Marenco, titolare della Palestra Fidia di Asti.
Il 29 agosto 2020 era un sabato sera come tanti, un sabato sera in cui si provava timidamente a riassaporare una parvenza di normalità dopo i mesi di lockdown. Mia moglie Margherita ed io eravamo a cena a casa di amici a Mombarone, frazione a dieci minuti di macchina dall’Ospedale Cardinal Massaia di Asti.
Erano le 20.30 del 29 agosto 2020, avevo sessantanove anni, ero iperteso e stavo affettando il salame. Improvvisamente mi sentii poco bene: una fitta, ma di più, una coltellata, un’esplosione nel petto. Rimasi come paralizzato dal dolore per attimi eterni, poi provai ad alzarmi ma avanzavo come un marinaio inesperto durante la sua prima tempesta.
Mi fecero sdraiare e iniziai a sentirmi meglio, in pochi minuti arrivò sul posto l’ambulanza medicalizzata. Il medico fece un elettrocardiogramma, mi chiese di compiere alcuni movimenti e dopo un breve colloquio mi disse che non avevo nulla in atto, nulla tale da poter giustificare un trasporto in pronto soccorso con l’ambulanza medicalizzata. Avevo sessantanove anni, ero un fumatore iperteso, una fitta al torace mi aveva quasi fatto perdere i sensi ma non venivo giudicato meritevole di un trasporto in un pronto soccorso a dieci minuti di ambulanza. Io ero vigile ma confuso, mia moglie insistette con il medico per effettuare il trasporto ma la sentenza era già stata emessa: nessun trasporto con ambulanza medicalizzata.
Un volontario dell’equipe, pregato da mia moglie, segnalò in centrale la richiesta dell’invio di un’ambulanza di base che arrivò quasi un’ora dopo.
In pronto soccorso la dottoressa che mi visitò ritenne opportuno richiedere una consulenza cardiologica, era quasi mezzanotte. La cardiologa in turno quella notte eseguì una serie di esami che diedero un esito sconcertante: dissezione dell’aorta toracica ascendente. La dissezione dell’aorta è una patologia vascolare in cui lo strato interno della parete aortica si lacera e si separa dallo strato intermedio della parete stessa e che prevede un trattamento chirurgico.
Le dottoresse del pronto soccorso di Asti, dottoressa Rebesco e dottoressa Marocco, mi dissero che era necessario il trasferimento ad Alessandria per un intervento cardiochirurgico senza lasciarmi intendere la complessità della situazione. Circa il 40% dei pazienti con dissezione dell’aorta non arriva vivo all’intervento mentre, tra il restante 60% di fortunati, un paziente su tre non sopravvive all’intervento.
Sono stato in sala operatoria per undici ore, mi hanno praticato la circolazione extracorporea, la ricostruzione di un sacco di parti anatomiche di cui ignoravo completamente l’esistenza, mi hanno tenuto sedato ed intubato in terapia intensiva. Una volta sveglio, ho potuto ringraziare il cardiochirurgo che mi ha ricucito all’esistenza terrena: il dottor Campanella.
Dopo più di un mese tra ricovero in ospedale e centro di riabilitazione, sono tornato con grande fatica alla mia quotidianità e il 29 agosto 2022 festeggerò i due anni della mia nuova vita.
Ai miei angeli, dottoresse Rebesco e Marocco e il dottor Campanella, mando ancora una volta il mio affetto e riconoscimento, che non saranno mai abbastanza.
Al medico che ha rifiutato il mio trasporto in ospedale e di cui non ho mai voluto sapere il nome, vorrei dire che nella cartella del pronto soccorso di quel paziente che per lui non aveva nulla di meritevole di accertamenti, su quella cartella un paio d’ore dopo si parla dell’accesso di un paziente moribondo. Vorrei dirgli che il suo rifiuto, se non fosse stato bilanciato dalla determinazione di mia moglie e dal talento dei suoi colleghi, avrebbe portato a conseguenze fatali.
La dissezione dell’aorta crea una lacerazione che può dare origine ad un secondo flusso ematico: il falso lume.
Mi piace pensare che il medico dell’ambulanza abbia avuto un abbaglio, sia stato anche lui vittima di un falso lume sì, ma della ragione, e che questo abbaglio non sia durato che un istante, una sera, portandolo ad essere un buon medico in tutte le successive occasioni.
Mauro Marengo