“Auro faresti da giuria ad un festival di cortometraggi?”
Mi nutro di serie tv adolescenziali, i pochi film che guardo sono tutti lentissimi e noiosi tipo Truffaut, uno dei miei top è quello che a più persone ha fatto cagare e cioè La Grande Bellezza e non credo nemmeno di sapere bene cosa sia un cortometraggio.
“Sì certo. Quando si inizia?”
Ma Matteo dice che mi ha scelto perché sono giovane e sensibile e che quindi posso fare un po' tutto nella vita.
Il 7.8.9 luglio nel centro storico di Canelli ci sarà TERREDAFILM FESTIVAL.
Valeria Guglielmi ha intervistato Matteo Ussia e Alberto Danelli nell’articolo che vi lascio qui e che è talmente pregno della loro visione filosofica, sociale e antropologica del festival che non ha senso riassumervelo.
Info pratiche: è un concorso di cortometraggi.
I corti arrivano da registi di paesi di tutto il mondo che hanno in comune il tema scelto quest’anno: “AMBIENTI VIVENTI”. Come un essere vivente abita e influenza il proprio ambiente?
Nelle prime due serate verranno proiettati e nella terza si premieranno i vincitori.
Sarà un cinema all’aperto con piccoli stand tipici, cibo e collettivi di artisti. C’è da venire.
Comunque come vi dicevo, io di cinematografia ne so molto poco.
Però ho pensato che un cortometraggio è tipo un film ma più corto e che quindi potrebbe essere come un racconto breve che è un romanzo ma più corto.
Io so che non è vero che le cose corte sono più semplici.
So che le cose corte proprio perché hanno poco tempo per esprimere loro stesse sono delle sofisticazioni in cui tutto dev’essere ben pensato, calibrato e dosato. Immagino che i cortometraggi come i racconti brevi debbano essere precisi ed essenziali: devono esplodere in gola.
Mica è roba da poco, abituati come siamo noi alla straripanza qui c’è da lavorare sulla sottrazione; c’è da capire quando lasciare il vuoto, il bianco, un mondo che si sostiene sul silenzio; c’è da sprofondare in se stessi, scavare profondissimo, vedere cosa ne esce e connetterlo alla società in cui siamo.
E poi però vi assicuro che da queste scatoline di 2000 battute o sette minuti di visione ne escono fuori cose enormi e di estrema efficacia: l’esistenza viene racchiusa e noi ne sentiamo ogni attimo.
Non so se mi sono spiegata, se non mi sono spiegata venite ad avvertirlo voi stessi: a Canelli, il 7-8-9 luglio.
Ok ma come si giudica una creazione artistica così intima e personale?
Se è vero che la scrittura nasce da un’impellenza terapeutica è anche vero però che diventa narrativa solo se assume criteri e tecnica e cioè quando lo scrittore e il regista smettono di muoversi solo nella loro memoria e costruiscono una strada per il lettore, tengono conto della percezione di chi guarda e decidon che panorami vogliono far vedere. Qui, a mio parere, lo spettatore-giudice deve solo fare attenzione a se stesso perché ad un certo punto vibrerà, ad un certo punto ci sarà qualcosa di apparentemente piatto che lo colpirà, vibrerà e creerà meraviglia. E allora vuol dire che ciò che ha visto funziona.
Altri motivi per venire a Canelli.
Matteo dice che vedere cortometraggi che arrivano dall’altra parte del mondo ci fa accorgere della nostra resistenza nei confronti dell’estraneo. Dice che un corto orientale è talmente diverso a ciò a cui siamo abituati sul piano estetico, linguistico e narrativo che non è facile apprezzarlo. Ma è proprio quel saltino che ti espande, che ti allarga e che renderà più straordinario il fascino delle terre che già abitiamo.
E poi io quando ho finito di sorbirmi tre ore e mezza di visioni mi sono sentita viva nel mio ambiente, mi sono sentita che il mio ambiente era vivo come me e che stavo abitando davvero.
E poi a Canelli dovrò parlare di cose come “regia” e “sceneggiatura” ed è sempre un po' buffo vedere qualcuno che fa qualcosa per la prima volta.
E poi ci sarà il tramonto, sulle colline.
Venite a sentirvi abitanti della terra.