/ Voce al diritto

Voce al diritto | 31 maggio 2025, 07:45

Diffamazione e diritto di cronaca: quando l'errore giornalistico diventa reato

Diffamazione e diritto di cronaca: quando l'errore giornalistico diventa reato

“Buongiorno avvocato,

le scrivo perché sono stato recentemente, a mio avviso senza alcun dubbio, diffamato.

Le spiego: sono da alcuni mesi indagato e pochi giorni fa mi è stato inoltrato da un amico un articolo di una rivista online in cui mi viene additata la qualifica di imputato, la quale, se non sbaglio, ha un significato ben differente.

Volevo dunque chiederle se ho ragione nel ritenere ci sia stata diffamazione e se il giornalista possa essere perseguito per quest’approssimazione nel raccontare la mia vicenda.

 

Gentile lettore,

posso innanzitutto dirle che, purtroppo, i casi di questo tipo, visto il moltiplicarsi delle fonti di informazione soprattutto online, sono sempre più frequenti.

Le qualifiche di “indagato” e “imputato” sono assolutamente differenti, in quanto afferiscono a due momenti diversi di un procedimento penale. L’indagato, infatti, rimane tale sino al momento in cui viene esercitata l’azione penale tramite, per esempio, la richiesta di rinvio a giudizio. Un soggetto, quindi, non è ancora imputato anche se le indagini preliminari sono già terminate.

È poi necessario appurare se la condotta del giornalista sia sufficiente a integrare la fattispecie della diffamazione, rubricata all’articolo 595 del Codice penale.

Tale reato è stato oggetto di un contrasto giurisprudenziale civile e penale, risolto recentemente da una sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione (13200/2025). L’indirizzo prevalente delle sezioni civili era a favore del soggetto diffamato, in quanto riteneva insussistente l’esimente del diritto di cronaca giudiziaria.

La giurisprudenza penale della Suprema Corte era invece di diverso avviso, in quanto, per esempio con la pronuncia n. 15093/2020, sosteneva che: “la divulgazione di una notizia d’agenzia riportante l’erronea affermazione che taluno sia stato raggiunto da richiesta di rinvio a giudizio anziché da avviso di conclusione delle indagini preliminari”, integra “una mera inesattezza su un elemento secondario del fatto storico, che non intacca la verità della notizia principale”.

Le Sezioni Unite, quindi, hanno risolto questa difformità di vedute affermando il principio di diritto secondo il quale: “in tema di diffamazione a mezzo stampa, l’esimente del diritto di cronaca giudiziaria, qualora la notizia sia mutuata da un provvedimento giudiziario, non è configurabile ove si attribuisca ad un soggetto, direttamente o indirettamente, la falsa posizione di imputato, anziché di indagato (anche per essere riferita un’avvenuta richiesta di rinvio a giudizio, in luogo della reale circostanza della notificazione dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari di cui all’art. 415-bis c.p.p.)”.

La Cassazione, inoltre, ha affrontato anche due ulteriori aspetti: la natura della pubblicazione sulla quale è stato riportato l’articolo e la qualifica del giornalista che ne è l’autore.

Come da lei affermato, l’articolo è stato pubblicato su Internet, dove il lettore prevalente viene dalla Suprema Corte definito “frettoloso”; ciò non fa che aumentare il rischio che ne venga letto solo il titolo e non il corpo nel quale, in alcuni casi, potrebbe essere spiegata con più precisione la vicenda narrata.

Rilevanti sono anche le competenze del giornalista; qualora questi sia infatti specializzato in “cronaca giudiziaria” l’errore è “evidente e inescusabile” e, per questa ragione, non può sussistere la sopramenzionata esimente del diritto di cronaca “collocandosi la pubblicazione oltre il limite della verità, anche ragionevolmente putativa”.

Le stesse argomentazioni vengono utilizzate per condannare la condotta del giornalista che attribuisce a un individuo un reato al posto di un altro (nel caso di specie trattato nella pronuncia 13200/2025, oltre all’erronea qualifica personale si ascriveva la fattispecie di reato consumato in luogo di quello tentato).

Come da lei anticipato, in ragione di quanto qui cennato, la condotta tenuta dal giornalista nei suoi confronti integra quindi verosimilmente la fattispecie prevista e punita dall’articolo 595 c.p., e nello specifico quella aggravata del comma 3, essendo l’offesa recata: “col mezzo della stampa”.

Avv. Filippo Testa


Voce al diritto a cura dell'Avv. Filippo Testa
Per qualsiasi domanda o approfondimento, inviate le vostre lettere a info@lavocediasti.it
Instagram

TI RICORDI COSA È SUCCESSO L’ANNO SCORSO A GIUGNO?
Ascolta il podcast con le notizie da non dimenticare

Ascolta "Un anno di notizie da non dimenticare 2024" su Spreaker.
Prima Pagina|Archivio|Redazione|Invia un Comunicato Stampa|Pubblicità|Scrivi al Direttore|Premium