Come molti venerdì, un paio di settimane fa ero a Nizza Monferrato con la scusa del mercato. Scusa per recuperare una chilata di nuovo peso tra la mitica cioccolata con panna della Latteria Nina e la focaccia del forno di via Balbo, quasi di fianco a Palazzo Crova e di strada per la Biblioteca comunale, meta d’obbligo muliebre. Proprio davanti all’uscita del palazzo, un tempo residenza nicese dei Crova, baroni di Vaglio, ma originari di Nizza, incrocio una signora che, incassata su se stessa, bofonchiava tra sé in una lingua non comprensibile. Olandese, ecco perché. Da gentiluomo, che mia moglie dice io sia, chiedo se andasse tutto bene. No, risposta secca. “...esco ora dalla visita alla collezione Lajolo e c’ero solo io. Incredibile.”. E poi mi chiede: “Non piace il grande Novecento italiano, secondo lei, o pochi sanno cosa ci sia esposto lì dentro?”.
Preferisco non risponderle, ma piuttosto, curiosissimo del chi, cosa e perché, la invito nel piccolo dehors di Nina a raccontarsi e a raccontare. Roos Pieters, da Haarlem, cittadina dei Paesi Bassi non lontana da Amsterdam. Responsabile da quasi vent’anni, dei suoi circa sessanta, delle collezioni Ottocento e Novecento del Museo Teylers, il più antico dell’Olanda, nato nel 1778 per volontà di Pieter Teyler van der Hulst, mercante, banchiere e mecenate, che, alla sua morte, aveva destinato il suo cospicuo patrimonio alla promozione della diffusione della cultura e delle arti nella sua città natale.
Quindi in Italia a caccia d’arte, chiedo io. No! Altra risposta secca che mi fa intravedere perché sia sola, qui e nella vita. “...non in Italia, ma ad Asti per il vostro Pittatore.”. Per la cronaca, Michelangelo Pittatore, pittore di un buon fascino espressivo, specialmente nella ritrattistica, nato ad Asti nel 1825 da un corniciaio, stipettaio e decoratore con bottega in Borgo San Pietro. Lo aveva scoperto l’anno scorso, in occasione di visita, per conto del Museo, alle inaugurazioni di due mostre di ritratti ottocenteschi, a maggio alla Scottish National Portrait Gallery di Edimburgo e in autunno alla National Portrait Gallery di Londra. In ambedue le esposizioni un ritratto di Pittatore, quello del barone Robert Cornelis Napier (in foto) in Scozia e quello di Sir William Boxall a Londra. Da lì si era messa in programma una immersione nell’opera di Pittatore.
Era arrivata ad Asti, per questo e solo per questo, quattro giorni prima, in treno, facendo base in un b&b del capoluogo, pulito ed economico, la sua descrizione. Sì, economico perché pare che anche in Olanda le retribuzioni museali non lascino grandi spazi di manovra. Forse proprio per questo era stata ben felice dei 5 euro di costo d’accesso a Palazzo Mazzetti. Al secondo piano ci ha passato tre mezze giornate a rimirare i tanti ritratti del Pittatore presenti, affascinata dalla fierezza dei volti a rivelare l’ascesa sociale della crescente borghesia urbana. Espressioni ben diverse da quelle stanche della nobiltà inglese. Aveva inframezzato con una visita al palazzo comunale, per il Pittatore lì custodito, e sempre e solo per la stessa ragione, era entrata nelle chiese di San Martino, San Silvestro e al Seminario Vescovile. Toccata e fuga, nella convinzione che la necessità non sempre faccia dare il meglio da un artista, ancor più se, invece di un modello in carne ed ossa, debba seguire canoni descrittivi sacri istituzionalizzati. Ne aveva fatto un bel pieno, decidendo, nell’ultimo suo giorno di permanenza nell’Astigiano, di variare, con un giro tra i Guttuso, Ligabue, Manzù, Carrà e Sassu, della collezione d'arte di Davide Lajolo.
La panna di Nina un po’ la aveva addolcita, o forse il ricordo di quelle fotografiche pennellate che l’avevano appassionata per qualche giorno, e abbiamo chiuso lì, nella chiara sensazione dell’entusiasmo di chi aveva trovato quello che voleva. Trovato nell’Astigiano.