È finita con una firma in calce a un foglio in cui gli operai hanno accettato di chiudere definitivamente la vertenza con l'azienda, incassando 7000 euro lordi (5000 netti o poco più) di "risarcimento". La vicenda Embraco ha vissuto in queste ore la sua ultima puntata. Ma dopo i capitoli legati agli impegni, alle prese in carico, alle promesse disattese e ai progetti rimasti nel cassetto della politica, questa volta è la disperazione ad aver recitato il ruolo principale. È del 91% la quota di adesione alla proposta
Spalle al muro
D'altra parte, quale altra scelta poteva rimanere a circa 400 persone che ormai da anni non hanno altro introito che non sia la cassa integrazione e che, in futuro, possono affidarsi soltanto allo strumento della Naspi? Nelle prime settimane in cui l'offerta dei 7000 euro era stata messa sul tavolo, in tanti avevano sdegnosamente rifiutato. Ma alla fine i conti di casa vanno fatti quadrare. E tanti, quasi tutti, avranno dovuto trangugiare il boccone. Non il primo, peraltro. Ma almeno questo porta con sé 5000 euro abbondanti sul conto corrente.
Superata la soglia di validità
Oltre a rappresentare la quasi unanimità, peraltro, il 91% dei lavoratori della ex Embraco che hanno deciso di firmare rappresenta anche il raggiungimento della soglia necessaria a validare l'accordo, fissata al 90%.Nei giorni scorsi era arrivata la solidarietà ai lavoratori anche da Papa Francesco, ma ormai il tempo è scaduto: il 22 gennaio si è infatti esaurita l'ultima tranche di cassa integrazione ed è scattata la procedura di licenziamento collettivo. Sul tavolo, soltanto i percorsi di formazione e ricollocamento messi in essere dalla Regione, per provare a trovare un nuovo posto di lavoro agli operai di Riva di Chieri. I protagonisti, loro malgrado, di una vicenda che rimarrà nella memoria per i tanti fallimenti progettuali e politici che ha portato con sé.