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Economia e lavoro | 17 maggio 2022, 07:00

Il videogioco come forma di comunicazione e di svago contemporaneo

Di che cosa parliamo quando parliamo di videogiochi? Parafrasando il celebre titolo cult dello scrittore statunitense Raymond Carver, facciamo un passo indietro per analizzare la definizione di videogioco che è stata data da Devoto e Oli, autori del celebre dizionario.

Il videogioco come forma di comunicazione e di svago contemporaneo

Di che cosa parliamo quando parliamo di videogiochi? Parafrasando il celebre titolo cult dello scrittore statunitense Raymond Carver, facciamo un passo indietro per analizzare la definizione di videogioco che è stata data da Devoto e Oli, autori del celebre dizionario. Nella definizione ci si riferisce a un dispositivo elettronico, azionabile dall’esterno attraverso dei potenziometri, attraverso cui si possono riprodurre su schermo vari giochi principalmente sportivi.

Cinema e videogames: è possibile tracciare un parallelo?

Un concetto che per il saggista Lorenzo Mosna potrebbe valere anche per il cinema, visto che il film è un apparecchio che attraverso un fascio di luce, riproduce su uno schermo delle immagini in movimento di vario genere. Appare chiaro che tale descrizione risulti adeguata al proiettore di una sala cinematografica di tipo analogico, non di ciò che esso riproduce e che viene comunemente chiamato film. Possiamo anche affermare che se il videogioco è lo strumento che riproduce un gioco, allora un qualunque smartphone, alla pari di un PC, console o smart tv, è un videogioco.

L’inadeguatezza della definizione di videogioco

Tutto questo semplicemente per ribadire come l’inadeguatezza della definizione di videogioco come apparecchio è oggi evidente più che mai, dato che ogni dispositivo elettronico dotato di schermo può riprodurre dei videogiochi. La chiave della definizione sta proprio nel concetto di riproduzione. Il videogioco è qualcosa che può essere riprodotto, ma più precisamente è un software, un programma informatico riprodotto da un computer che consente una interazione uomo-macchina di tipo ludico che avviene attraverso uno schermo. Con il videogioco l’uomo si intrattiene e compie un’azione di svago tramite l’interazione con la macchina, che talvolta funge da avversario, altre volte invece da alleato o da navigatore, altre volte da arbitro e mediatore nell’interazione con un altro umano. Ci sono poi delle distinzioni ulteriori da effettuare tra gaming, gambling come per il casino digitale ed eSport, gli sport elettronici piuttosto in voga attualmente. Il fatto che almeno fino a 20-25 anni fa il videogame venisse definito come un apparecchio, svela le difficoltà che questa categoria di gioco ha avuto nel contesto accademico, nonostante il mezzo secolo di storia del medium.

I nuovi medium e il rifiuto degli accademici di trattare certi argomenti

Questo spiegherebbe il motivo per cui il videogioco ha avuto enormi difficoltà nell’essere preso sul serio da una certa parte di studiosi. Il ragionamento può essere facilmente applicato anche a una serie tv, qualsiasi sia il tema trattato, a un disco di musica popolare e a una bene di consumo. Anche nell’ambito della critica musicale, come avviene per il genere musicale conosciuto come rock and roll, è servito tempo e dedizione prima che questo tipo di suono venisse sdoganato e trattato in sede e contesto accademico. Non solo, si pensi ad esempio alle polemiche e alle discussioni scaturite dal Premio Nobel assegnato al cantautore Bob Dylan per la letteratura nel 2016. Il menestrello di Duluth aveva ricevuto il premio per aver creato nuove espressioni poetiche all’interno della grande tradizione della canzone americana. Un premio che sotto certi punti di vista è da condividere con musicologi e studiosi come Alan Lomax, i quali attraverso uno studio etnico e di taglio antropologico diedero dignità ai canti degli afroamericani e degli immigrati europei che si stabilirono nel nuovo mondo durante l’Ottocento e prima ancora.

L’arte di vincere: l’esempio del film Moneyball

C’è bisogno oggi di una nuova critica verso la videoludica, capace di guardare oltre e di partire ancora una volta da una premessa fondamentale ben spiegata in una scena di un film scritto da Aaron Sorkin, Moneyball – L’arte di vincere, interpretato da Brad Pitt. Il personaggio di Pitt, che è un general manager di una squadra di baseball di livello medio-alto, applicando delle teorie e degli schemi statistici, contribuisce a rivoluzionare questo sport, sotto il profilo della scelta dei giocatori e con un budget ridotto otterrà importanti obiettivi di carattere sportivo e quindi con una ricaduta finanziaria epocale, per il settore. Alla fine del film il proprietario di una squadra rivale, che cerca di convincere il manager ad accettare il lavoro che gli stava offrendo affermerà: “Il primo che attraversa il muro è sempre insanguinato”. Una metafora perfetta che può valere ed essere applicata al campo dell’arte, con Picasso, a quella della musica con Miles Davis o Bob Dylan, al cinema e perché no anche al mondo della videoludica. Del resto i videogiochi stanno avendo un ruolo attivo e stanno influenzando la nostra società come in passato era successo con la musica popolare, il cinema, la letteratura e la pittura.

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