La conferenza di sistema di Confcommercio, tenutasi a Cagliari e conclusasi la scorsa settimana, è stato un importante momento di confronto, analisi e valutazioni incentrate sul "Futuro delle imprese tra sfide climatiche, energetiche e sociali".
Una sessione dei lavori ha riguardato la crisi energetica e il preoccupante impatto che sta avendo in generale ed in particolare per la piccola e media impresa e quindi sulle sfide che ci attendono in materia di sicurezza energetica nel futuro immediato. Claudio Bruno direttore di Confcommercio Asti rimarca: "Un allarme che Confcommercio ha lanciata già nella scorsa primavera: quello che non ha fatto la pandemia rischia di farlo la crisi energetica. La realtà è che il caro bollette nel corso del 2023, metterà a rischio di chiusura oltre 120 mila PMI, il che significa la potenziale perdita di oltre 360 mila posti di lavoro. Questo anche perché secondo gli ultimi dati elaborati dall'Osservatorio Confcommercio-Numisma, i prezzi dell'energia in Italia incidono in modo diverso rispetto ad altri paesi d'Europa. Un dato su tutti: nel 2022, alberghi, bar, ristoranti e negozi, pagheranno una bolletta per l'elettricità più alta del 40 - 60% rispetto alla Germania e addirittura triplicata rispetto alla Francia".
Continua Bruno: "Un costo che inevitabilmente avrà anche una incidenza negativa sul Pil che nel terzo trimestre segna già un - 0,8% , con una ulteriore caduta nel 4 trimestre e questo è un segnale inflattivo che inciderà anche sui consumi familiari. Chiediamo alla politica di mettere in campo subito interventi strutturali per fronteggiane la crisi energetica e il pericolo di recessione, dall'energy fund, alla fissazione di un tetto al prezzo del gas, di aumentare gli strumenti per la garanzia sul credito, di aumentare i ristori in funzione dei consumi e, non ultimo, di fronteggiare il caro carburanti per il settore trasporti".
"Chiediamo - conclude Bruno - una politica del fare ma di fare bene e subito, al di là di tanti, troppi, proclami e dibattiti, guardando alla reali esigenze delle imprese che in taluni casi e per assurdo, sono costrette ad una riduzione delle produzioni per fare fronte a costi insostenibili , se non addirittura a chiudere".