Un presidio pacifico ma determinato ha accolto i visitatori del concerto di Roberto Vecchioni ad Asti Musica.
L'iniziativa, organizzata dall'associazione UNA (Uomini Natura Animali) presieduta da Claudia Sgarzi, insieme a un gruppo di attivisti di diverse associazioni locali e regionali tra cui SEquS Sostenibilità Equità Solidarietà di Asti, aveva l'obiettivo di sensibilizzare cittadini e turisti sulla drammatica realtà delle corride.
Una strage silenziosa che continua in Europa
Secondo i dati presentati dagli attivisti, ogni anno in Spagna, Portogallo e nel sud della Francia vengono uccisi circa 12-14 mila tori durante feste paesane e corride tradizionali. Una cifra che l'associazione UNA definisce "una vergogna e uno scempio che solo gli esseri umani possono perpetrare nel nome della tradizione".
La posizione dell'associazione è chiara e senza compromessi: "Invitiamo gli italiani e i turisti a boicottare queste feste sadiche e crudeli nei confronti di esseri senzienti che non hanno voce per difendersi dalla stupidità umana", ha dichiarato la presidente Sgarzi.
Il parallelo con il Palio di Asti
Particolarmente significativa la scelta di manifestare proprio ad Asti, città del celebre Palio, dove i cavalli sono protagonisti di una tradizione secolare.
Gli organizzatori del presidio hanno evidenziato come anche questa manifestazione rappresenti "un fenomeno antropocentrico forse meno cruento delle corride, ma con effetti educativi per le giovani generazioni da evitare, sottolineando l'uso di esseri senzienti come il cavallo" ridotti a "oggetto del divertimento".
Nonostante questa critica locale, Asti si conferma una delle città italiane più attive nella lotta contro le corride, ospitando un comitato dedicato di cui UNA è il principale riferimento.
L'impegno di Roberto Vecchioni
Il momento più significativo della giornata è stato l'incontro tra Roberto Vecchioni e la presidente Claudia Sgarzi prima dell'inizio dello spettacolo. Il celebre cantautore milanese, ha dimostrato sensibilità verso la causa, promettendo di farsi portavoce di questa nobile battaglia contro la violenza sugli animali nelle tradizioni popolari.
L'associazione UNA ha espresso particolare gratitudine verso l'artista per aver concesso il tempo "per un confronto costruttivo su un tema così delicato, dimostrando come la cultura e l'impegno civile possano trovare punti di convergenza significativi" .
I chiarimenti di Claudia Sgarzi
Aggiunge Claudia Sgarzi, 82enne che da 45 anni si batte contro la tauromachia: "Questi spettacoli crudeli e anacronistici, nati in Spagna, sono stati poi esportati in Portogallo, nel sud della Francia, in Messico e nella maggior parte dei Paesi dell’America Latina, tutti ex colonie dei conquistadores spagnoli. Esistono due forme di tauromachia: le corride e le feste patronali. Le corride si svolgono nelle arene delle grandi città o in arene mobili nei paesi più piccoli. I toreri famosi si esibiscono nelle metropoli, mentre nei centri minori chiunque può partecipare alla mattanza. Questi toreri improvvisati non essendo professionisti, infliggono agli animali sofferenze ancora peggiori prima della morte.
I tori, animali naturalmente mansueti, vengono resi furiosi tramite torture che iniziano anche 24 ore prima del loro ingresso nell’arena. In ogni corrida vengono uccisi 6 tori, ma non prima che siano trascorsi almeno venti minuti, per prolungare il “divertimento”. Durante le “ferias” – che non sono vacanze, ma feste in onore del santo patrono – della durata di 7 giorni, si arriva a uccidere 42 tori in una sola città. La loro morte è di una atrocità incredibile".
Le feste patronali si svolgono in occasione delle ricorrenze religiose. Dopo le processioni, il “popolo” partecipa con entusiasmo a veri e propri linciaggi di animali. Tori, giovenche, vitelli da latte vengono arsi vivi, trafitti, annegati, castrati ancora coscienti. Vengono perfino stuprati con bastoni o petardi. Ma anche capre, asini, cavalli, maiali, oche, tacchini, vengono massacrati: lapidati, decapitati, impiccati (come i galgos), e chiusi vivi nelle perreras, i canili-lager. E poi ancora: combattimenti tra galli, corse con gli asini, torture infinite.
"È una spirale di sadismo collettivo, di cui siamo venuti a conoscenza tramite video e testimonianze dirette degli stessi spagnoli. Purtroppo tutta la popolazione – donne, anziani, persino bambini – partecipa o assiste, come fosse normale. I piccoli crescono assuefatti alla violenza. La Chiesa cattolica non ha mai condannato apertamente queste barbarie. Eppure, nel 1567 Papa San Pio V emanò una bolla papale, la De Salute Gregis Dominici, ancora valida, che le vietava. Oggi, queste feste sono passate da 3.000 a oltre 18.000 l’anno: un’escalation mostruosa. Sappiamo bene che nel mondo esistono problemi enormi – guerre, fame, distruzioni – ma questo non toglie nulla alla vergogna di appartenere a una specie che compie simili atrocità per divertimento".
Papa Leone, che ha vissuto 20 anni in Perù – un Paese dove si praticano corride e feste patronali di sangue – conosce bene questa realtà. Per questo gli chiediamo, con rispetto ma con determinazione, di prendere una posizione chiara e ferma.
Condanni pubblicamente queste pratiche, in nome della Pietà cristiana. Chiunque voglia unirsi alla battaglia può farlo. Scrivete, fate richieste di udienza, boicottate il turismo nei Paesi dove si svolgono queste atrocità"