Il primo Asti Pride è alle porte e se per molti, moltissimi è un momento irripetibile per il significato che porta, molti altri utilizzano i social per amplificare insolenze gratuite e mancanze di rispetto, con battute lascive che lasciano poche speranze su comprensione e inclusione.
Divise anche le istituzioni tra chi parteciperà con convinzione, chi anche solo per curiosità e chi lo rifiuta senza se e senza ma.
L'INCONTRO DI OGGI
Proprio di diritti si parla oggi con il giornalista Gad Lerner che intervisterà Susanna Camusso, Segretaria generale CGIL. Non ci sarà la senatrice Monica Cirinnà che ha promosso le unioni civili in Italia. L'incontro al Palco 19 alle 17. Alle 21 l'evento "Fuori" Stand Up comedy con Daniele Gattano.
E sabato, Asti Pride. Raduno alle 16 in piazza del Palio (lato Movicentro) e poi sfilata.
L'organizzazione è di Asti Pride, CGIL Nuovi Diritti, Associazione Love is Love – Arcigay Asti, Comitato ARCI
Qui la pagina facebook
Intanto ieri, una nota del consigliere Candelaresi (QUI) ha innescato la reazione del comitato Asti Pride (QUI), al quale è stato nuovamente risposto in clima di costruzione.
"Felice - scrive Paride Candelaresi - che alcune associazioni che da sempre tutelano i diritti LGBT abbiano ulteriormente deciso di far sentire la propria voce in merito al Pride di questo 6 luglio.
A quanto pare sembra che sopravviva pervicacemente l’estetica del Pride: le parrucche, le calze a rete, gli eccessi. Sono forse un assetto da guerra fuori tempo? Sono ancora questi i fucili da usare o si finirà ad attendere un nemico che non arriverà mai come nel romanzo Il deserto dei Tartari di Buzzati? Domande, le mie, spero lecite, di certo non provocazioni fine a se stesse. Giammai!
A detta del poeta Allen Ginsberg i rivoltosi di Stonewall rappresentarono la comunità omosessuale che per la prima volta contribuì ad abbattere la primitiva idea dello stereotipo gay che non contemplava di certo la resistenza violenta.
L’idea del Pride, come detto, nacque con l’idea di fondo che l’ostentazione avrebbe finalmente rotto gli schemi della virilità. Quella sì che è stata una battaglia vinta. Il punto è che sono passati cinquant’anni e il mondo non è più quello di Stonewall.
Ci sono ancora molte battaglie da vincere, ma diverse sono le premesse e le conclusioni di tali battaglie.
C’è chi dice che oggi il Pride sia solo una rievocazione storica, polverosa e nostalgica, svuotata di significato politico come invece negli anni ’70, quando l’attivismo omosessuale si intrecciava alla rivolta studentesca e al pacifismo.
Non so con certezza se oggi il Pride sia solo una polverosa rievocazione fuori tempo massimo oppure no. Semplicemente mi fermo a pensarci, a riflettere. Dovremmo farlo tutti.
Il Pride è l’ennesima occasione per riflettere. Nel ’69, all’epoca di Stonewall, la forma rifletteva nel bene o nel male il contenuto. Oggi, forme e contenuti non possono essere gli stessi del ’69. Tutto qui.
Non posso che essere orgoglioso di tutte quelle associazioni italiane ed internazionali che da anni in prima linea si occupano di migliorare la situazione in molti paesi del Medio Oriente e che si occupano, in generale, della tutela dei ditti LGBTQI.
Non solo mi congratulo con loro, ma mi auguro che si possa fare molto lavoro anche in collaborazione con le personalità politiche nazionali e locali che ne avranno il desiderio.
Sono certo che tutte queste associazioni avranno il piacere di condividere questo percorso comune anche con chi può avere, talvolta, un’idea diversa. Ah, il discreto fascino della democrazia.
D’altra parte parliamo sempre di associazioni che, di norma, tutelano proprio le voci fuori dal coro e le minoranze. La questione è poi minima e, a mio avviso, è del tutto conciliabile: da una parte ci sono i rispettabili (che male c’è?) ma tutto sommato conservatori. Dall’altra i più fantasiosi ma tutto sommato rispettabili progressisti.
Ribadisco il mio assoluto consenso alla manifestazione di questo 6 luglio a patto che al grido di “Venite all’Asti Pride, liberi di essere chi volete, liberi di essere voi stessi” possano andarci davvero tutti.
Questo bellissimo “slogan” (che io condivido) spero permetta di partecipare al Pride anche a tutti quei cittadini che fanno una vita tranquilla e che agli eccessi preferiscono una vita più riflessiva, analitica e dietro le quinte.
D’altra parte esiste chi, decidendo di allinearsi al tempo in cui viviamo, porta avanti le proprie battaglie in abiti borghesi e chi, invece, sceglie il travestimento. Ognuno è libero di sfilare come preferisce, questo mi pare un dato di fatto.
Se entrambe queste categorie possono partecipare al Pride allora questo è il mio arcobaleno.
Se invece l’arcobaleno è sostenere schieramenti contro le convenzioni borghesi solo per il gusto di farlo, allora no!
Se l’arcobaleno in piazza è farne mera questione politica (di destra o sinistra non mi importa), allora no! In quel caso, quello non è il mio arcobaleno.
Mi associo alle belle parole di Francesca Vecchioni figlia del cantante Roberto, dice “I diritti non hanno partito e il Pride è un momento per dimostrare agli altri, ma anche a se stessi, che l’inclusione non può essere un’opzione”. Spero davvero che un giorno i diritti siano realmente tali, acquisiti per sempre e, soprattutto, che non siano appannaggio esclusivo della sinistra né, tantomeno, della destra.
Noto con piacere di condividere gli stessi obiettivi di molte associazioni di cui sopra, seppur con modalità diverse. Non posso che augurare tutte loro un sentito buon lavoro.
Ah, dimenticavo, “Buon Pride a tutti!"