A mio parere l’adattabilità e l’elasticità mentale devono diventare una nostra grande risorsa, perché la vita è così imprevedibile che tutto può mutare in una notte. Fino a un attimo prima la vita sembra scorrere nel suo consueto divenire e un attimo dopo: una telefonata, un impedimento, una notizia, una diagnosi, un messaggio, un incontro…può cambiare tutto! E così da un giorno all’altro dobbiamo reinventarci una vita o cercare di rimettere insieme i cocci della vita precedente. E allora come possiamo difenderci dall’imprevedibilità dell’esistenza? La risposta a mio parere sta nell’adattamento e nel rafforzamento. Del resto se siamo malati e stressati sarà più facile diventare succubi e influenzabili.
La paura, si sa, rende deboli e sospettosi, incapaci di reagire agli stimoli stressogeni esterni, tra l’altro sempre più violenti e ingestibili. Personalmente non ho paura di ciò che mi può attaccare ma piuttosto del fatto di non potermi o sapermi difendere. Non ho paura di ciò che non conosco ma del fatto che qualcuno possa vietarmi di conoscere o influenzarmi nella conoscenza. Purtroppo è sempre più utopistico sperare in mondo ben organizzato, improntato sui valori della salute e della libertà, ma non è per niente utopistico cercare la propria salute psicofisica. “Ciò che non mi uccide mi fortifica”, diceva il grande filosofo Friedrich Nietzsche. E sì, perché noi siamo nati e programmati per riuscire a resistere agli attacchi esterni, grazie alla nostra capacità di sopravvivenza, legata all’efficienza o meno del nostro sistema immunitario. E per quanto se ne possa dire sono proprio le difficoltà e le esperienze negative che ci fanno evolvere e ci rafforzano. “Se è vero che certe ferite non si rimargineranno mai completamente, qualunque trauma, se non vissuto passivamente come punizione o negazione della felicità, può rappresentare, nel suo accadere repentino e imprevedibile, un’occasione di realizzazione superiore, al pari della condizione del cigno che si è sviluppato a partire dal brutto anatroccolo della nota favola di Andersen”. (Cyrulnik, 2002).
Ma per fortificarci abbiamo bisogno di conoscenza, la quale ci porterà alla consapevolezza che solo il buon senso può permetterci di discernere tra ciò che è giusto e sbagliato, tra ciò che contribuisce alla nostra salute e ciò che al contrario ci condanna alla malattia. Ma ricordatevi che sarà sempre e comunque un “giusto e sbagliato” soggettivo, perché non è detto che ciò che è giusto per i più possa esserlo anche per voi, soprattutto se parliamo di salute. Sono troppi i fattori intrinsechi ed estrinsechi che possono andare a influenzare il risultato finale. Dobbiamo renderci conto che ogni individuo è un mondo a sé, caratterizzato da mille sfumature diverse che lo rendono unico, se pur in mezzo a milioni di persone. Allora dobbiamo imparare ad uscire dagli schemi, dai paradigmi imposti e iniziare a ragionare con la nostra testa e la nostra coscienza. Tutto è mutabile, tutto è intercambiabile, tutto è in continua evoluzione perché la vita è cambiamento e adattamento. La stessa salute è adattamento e cambiamento. Non fermatevi alla prima impressione e diffidate di ciò che diventa una “moda”, o che viene sbandierato senza cognizione di causa. La salute non può essere standardizzata ma deve essere personalizzata. Non bisogna mai generalizzare ma bisogna imparare a valutare “ad personam”, perché una diagnosi sbagliata può rovinarci la vita, se non addirittura togliercela. Io sono abituata a valutare, caso per caso, persona per persona, perché ogni persona è il risultato di un insieme di esperienze diverse che devono obbligatoriamente essere prese in considerazione: abitudini alimentari, ereditarietà e familiarità, indole, attitudini, educazione, relazioni, malattie pregresse. E’ troppo comodo e semplicistico dividere il tutto in due grandi gruppi opposti: il sano e il malato, ciò che fa bene e ciò che fa male. A questo proposito molto spesso mi capita di leggere o sentire messaggi fuorvianti, travestiti da principi salutistici. Messaggi dietro ai quali si cela una “cattiva informazione”, generata e sostenuta per lo più da interessi economici e speculativi che nulla hanno a che fare con la salute. Ad esempio affermare in modo generico, magari su canali che arrivano a milioni di persone, che “la verdura cruda fa bene e che dovrebbe essere mangiata tutti i giorni” è un classico esempio di “scorretta informazione”, che potrebbe causare anche un peggioramento dello stato di salute di alcune persone. Provo a spiegarmi. Io sono una grande sostenitrice del fatto che la verdura sia un alimento fondamentale dei nostri pasti quotidiani. E’ vero, è molto importante introdurre nella nostra dieta cibi vegetali crudi perché contengono nutrienti importantissimi per la salute delle nostre cellule, come gli enzimi digestivi, le vitamine e i sali minerali.
Queste sostanze sono indispensabili per regolare moltissimi processi metabolici, e sono in grado di contrastare il sovrappeso, lo stato infiammatorio e l’accumulo di tossine. Ma non solo, perché gli enzimi digestivi sono indispensabili anche per la corretta digestione mentre le vitamine lavorano in modulazione del sistema immunitario, garantendone l’ottimale funzionalità. Ma non ci dimentichiamo che la verdura cruda contiene anche molta fibra. Nutriente importantissimo. La fibra è un nutriente eccezionale per il nostro apparato gastrointestinale, oltre a essere il cibo preferito dei nostri “batteri buoni” intestinali che, proprio grazie alla sua digestione, rilasciano acidi grassi a catena corta molto importanti come l'acido butirrico, un acido fondamentale per la salute delle nostre mucose enteriche e vitamine del gruppo B, la vitamina K e alcuni aminoacidi. La fibra inoltre protegge il nostro colon, migliora le funzioni intestinali e funge da tampone per l’assorbimento di grassi e zuccheri. Ebbene se io mi limitassi a parlarvi della fibra in questi termini la mia informazione sarebbe scorretta, perché ci sono alcune condizioni patologiche, a volte asintomatiche, che andrebbero a peggiorare con l’assunzione della fibra nei pasti quotidiani. Vi sembrerà impossibile, ma per quanto questo elemento nutritivo risulta importante per la nostra salute enterica, molte volte può risultare addirittura nocivo, se si è in presenza di una specifica patologia gastrointestinale. Ci sono delle situazioni in cui il paziente dovrebbe assolutamente essere invitato ad escluderla dai suoi pasti. Ad esempio se si è in presenza di disbiosi intestinale (Microbiota alterato) l’assunzione di cibi ricchi di fibra può causare problemi. Ma per comprendere meglio partiamo dal fatto che se il nostro intestino è in buone condizioni di salute (eubiosi), le fibre vengono utilizzate dai batteri buoni presenti nell’intestino che dopo essersene nutriti rilasciano nutrienti importanti per la parete cellulare, inoltre la utilizzano per l’assorbimento delle tossine, per riciclare la bile e il colesterolo, per coadiuvare il metabolismo dell’acqua e degli elettroliti. Invece quando l’intestino è in disbiosi, quindi ricco di batteri patogeni, la fibra diventa pericolosa per l’intero sistema digestivo, perché favorisce un ottimo habitat per i “batteri cattivi” che non solo contribuiranno all’infiammazione delle nostre mucose intestinali ma anche alla loro porosità.
Oramai lo sapete, se siamo in disbiosi intestinale, vuol dire che siamo in carenza di batteri buoni che ci aiutano a digerire e ad assorbire le sostanze nutritive e al contrario proliferiamo di agenti patogeni che producono tossine, nutrendosi proprio degli zuccheri contenuti nella fibra. In parole semplici: i carboidrati complessi "non digeribili" sono costituenti della fibra alimentare che, non essendo idrolizzabile dagli enzimi dell'organismo umano, una volta giunta nel colon subisce la fermentazione della flora batterica fisiologica, ma se la flora batterica non è fisiologica ma patologica allora il processo digestivo di questi carboidrati complessi, viene compromesso tanto che tali zuccheri mal digeriti andranno ad alimentare i patogeni e i parassiti o miceti come la candida. La candida normalmente si insedia nell’intestino fin dalla nascita e ci rimane in forma silente per tutta la vita a meno che non si stabiliscano alcune condizioni negative che ne stimolano la trasformazione da simbionte a patogeno. Tra queste condizioni voglio ricordavi proprio un abuso di alimenti ricchi di carboidrati e lieviti. Nella sua forma più aggressiva la candida è in grado di diffondersi ed infettare altri organi vicini all’intestino come la vagina, l’utero e la prostata ma anche, attraverso il torrente ematico, organi molto distanti come il cuore e i polmoni. Quindi tornando alla nostra verdura ricca di fibra, fino a quando non si stabilisce almeno parzialmente una eubiosi intestinale, cioè un riequilibrio della nostra microflora, e contemporaneamente lo stato di salute delle nostre mucose enteriche, i cibi fibrosi, per quanto possano essere vitali perché ricchi di enzimi, vitamine e sali minerali, sono da evitare. Il problema è che raramente viene diagnosticata una disbiosi intestinale e molti disturbi gastrointestinali vengono curati con farmaci sintomatologici che “spengono il sintomo”, mantenendo o favorendo la stessa disbiosi.
Capite come può essere fuorviante e pericoloso un messaggio generico “mangiate la verdura cruda tutti i giorni, perché fa bene”? Ogni consiglio alimentare deve essere dato “ad personam”. Allora come potete testare se la fibra è mal tollerata dal vostro intestino, rivelando quindi una probabile disbiosi? La prova è molto semplice: se, pur avendo eliminato i dolci in tutte le varianti, un piatto di riso integrale o una insalata (lattuga) vi causano gonfiore, meteorismo o vanno a riacutizzare i vostri precedenti sintomi di cattiva digestione, vuol dire che la fibra non è ben tollerata. A questo punto la priorità diventa ripristinare la vostra eubiosi intestinale, andando a ridurre l’infiammazione delle mucose e la loro permeabilità, riequilibrando la giusta varietà di ceppi microbici buoni. Nel frattempo possiamo continuare ad assumere gli importantissimi nutrienti contenuti nella verdura, riducendo al minimo l’assunzione della fibra in essa contenuta. Come? Possiamo assumere estratti a freddo di succhi di verdura, realizzati in casa oppure cuocere la verdura con una cottura prolungata, facendo attenzione a non buttare via l’acqua di cottura, ricca di minerali e altre sostanze nutritive. Solo in un secondo tempo, dopo aver curato le nostre mucose e la nostra microflora, potremo riprenderci la sanissima abitudine di inserire la verdura cruda nei nostri pasti quotidiani.
Vedete come è facile indurre molte persone a “comportamenti alimentari” sbagliati, se si diffondono messaggi generici e superficiali che non tengono in considerazione il personale stato di salute o malattia? Se poi acquistiamo l’insalata nei sacchetti, direi che siamo arrivati alla frutta!
Simona Oberto cura il sito web www.cibocuranaturale.com e la pagina facebook "Il tuo coach alimentare".