Il passaggio alla Fase 3 nel nostro Paese ha mostrato la determinazione a ripartire di cittadini, imprese ed istituzioni, ma allo stesso tempo ha evidenziato un preoccupante disorientamento nella scelta della scala di priorità e di urgenze da mettere in atto per costruire un nuovo futuro per l’Italia. E purtroppo non è il solo empasse, poiché la variabile tempo ha oggi un valore determinante nella ripresa non solo economica, ma soprattutto sociale, è una dose di adrenalina fondamentale per mettere insieme tutti i pezzi del puzzle, senza dimenticare l’indispensabile cornice fatta di consapevolezza di quanto accade nel mondo intorno a noi. È un vero peccato, ad esempio, che più di 8 milioni di italiani abbiano dovuto scoprire lo smart working solo a causa del periodo di lockdown, recuperando spazio e tempo personali e aumentando la qualità del proprio lavoro mediamente del 20%.
Ma qual è il rapporto generale tra il digitale e gli italiani in un periodo in cui una PMI su quattro registra ad oggi un calo pari 80% dei ricavi rispetto al 2019?
Il quadro economico delineato dall’Agenzia PROMOS per l’Internazionalizzazione del nostro sistema camerale dipinge una consapevolezza del valore del digitale per trovare nuovi canali di vendita davvero bassa. Se da un lato, 18 milioni di italiani non hanno usato Internet nell’ultimo anno, una famiglia su quattro non possiede una connessione e tra queste sei su dieci dichiarano che non sono connesse perché non sanno usare internet; dal lato imprese la situazione è da zona di guerra. Solo una impresa su tre è dotata di connessioni in banda ultralarga e il 20% delle aziende non usa internet in modo continuo per fare business perché non lo reputa uno strumento interessante. Con buona pace del valore che sappiamo avere un minuto in rete, fatto di più di 4 milioni di interrogazioni a Google, 200 milioni di email spedite, 700.000 scroll su un Instagram che consente di vendere in modo emozionale ed oltre 60 milioni di WhatsApp condivisi, tutte azioni che si traducono in 1,2 milioni di $ di spesa online, più di 1,750 miliardi al giorno. Basterebbe disporre dello 0,00001% di questa opportunità per creare subito un solido piano di rilancio per far ripartire le imprese.
Morale: da anni l’Italia perde competitività, tempo e risorse a favore di un modello industriale tradizionale piuttosto che liberare il potenziale di fare impresa in digitale. Non solo, senza adottare con convinzione le tecnologie più conosciute e oggi in voga, come stampati 3D, intelligenza artificiale, droni, robotica o 5G, ma soprattutto senza applicarle in modo corretto per creare nuovi fatturati d’impresa e per garantire un incremento di efficienza per la Pubblica Amministrazione.
Se così fosse, scopriremmo di poter vendere nel nostro negozio di ottica l’ultimo paio di occhiali alla nostra cliente affezionata senza averli fisicamente in negozio grazie ad una App che le permetterà comunque di provarli, potremmo permettere ad una agenzia immobiliare in un piccolo borgo di 1000 anime di far visitare la casa di vacanza dei sogni ad un potenziale cliente svedese grazie ad una prima visita in realtà virtuale, oppure riusciremmo a capire esattamente quante persone si sono fermate in una determinata zona della nostra superficie di vendita, mantenendole a distanza di sicurezza Covid19, ma allo stesso tempo sapendo da quali manichini arrivano gli utili che permettono di fare investimenti d’impresa.
Brutalmente, negli ultimi dieci anni il digitale non è mai stato nei pensieri degli italiani e tanto meno attivatore di investimenti istituzionali. Oggi gli algoritmi ci stanno insegnando a nostro malgrado che velocità, conoscenza e capacità di fare scelte giuste sono una freccia in più all’arco di una società che deve ripensare il proprio futuro, ma allo stesso tempo ci indicano che la direzione da prendere spetta alle persone, ai cittadini ed alle istituzioni.
Occorre dare il giusto valore a quei sessanta secondi della nostra vita quotidiana: brevissimi se si sta baciando la persona amata sulla panchina di un parco in un sabato primaverile; lunghissimi se siamo sotto attacco coronavirus.