Nelle ultime settimane stiamo assistendo ogni giorno alla progressiva degenerazione organizzativa del sistema Paese. Il Covid–19 (questo sconosciuto, verrebbe da dire…) è tornato ad affacciarsi prepotentemente nella nostra realtà quotidiana e fa paura, fa di nuovo paura!
Ancora una volta abbiamo vissuto come le cicale e per tutto l’estate abbiamo cantato facendo finta che tutto era risolto, mentendo a noi stessi, quasi ripetendoci come un mantra che questa grande tragedia non sarebbe più tornata! E questo atteggiamento, ahimè noto per l’italico popolo, dobbiamo ammetterlo, è stato purtroppo adottato e/o esportato anche nel resto dell’Europa.
Nonostante i nostri leader politici, italiani e stranieri, ci avessero avvertiti circa il tragico rischio di un “seconda ondata”, questi stessi leader, queste stesse istituzioni che hanno il compito di istruire, governare, proteggere, dirigere i popoli, in realtà, ci hanno lasciati clamorosamente liberi. Liberi di andare in vacanza in luoghi stranieri dove i contagi erano noti, liberi di tornare e di contagiare familiari, amici e colleghi di lavoro.
Liberi di esercitare lo scellerato diritto della “movida”: orripilante termine preso a prestito da altri popoli e da altri luoghi dove i territori e i climi sono decisamente diversi dalla nebbiosa pianura padana dove dovrebbe regnare la sabauda scortesia associata allo scontroso atteggiamento individualista e invece tutti con un bicchiere in mano, sudati e con la mascherina abbassata, cantando e ballando ritmi caraibici in ogni angolo delle nostre città medievali che potesse contenere nugoli di festanti ed irresponsabili individui ammassati l’uno sull’altro a condividere un rito collettivo di ignavia e di stupidità umana.
Ci eravamo illusi che il coronavirus ci potesse insegnare un altro modello di vita, più rispettoso della natura, delle persone, dei rapporti sociali, rivalutando il ruolo dell’essere piuttosto che dell’avere, ma in realtà abbiamo voluto riprendere, più veloci di prima, più avidi di prima, più stupidi di prima il nostro abituale ritmo fagocitante del consumo a tutti i costi; consumo di prodotti, consumo del suolo, dell’energia, persino il consumo del nostro cervello! E adesso siamo al punto da capo!
È tornata la girandola dei contagi che salgono, delle terapie intensive che si riempiono, delle altre malattie che si devono dimenticare per forza, le dichiarazioni degli epidemiologi, virologi, scienziati e qualsivoglia presunto esperto di qualche cosa che esprimono tutti lo stesso concetto: il virus non è morto, il virus sta tornando, il virus mieterà altre vittime e tutti noi ne eravamo perfettamente coscienti.
Di fronte a tutto ciò dovremmo aspettarci decisioni e provvedimenti responsabili, coerenti, organizzati, certi… E invece no. Assistiamo, quasi ogni ora della nostra giornata, al balletto della deresponsabilizzazione che è conseguenza dell’erroneo assunto che sia sempre compito di qualcun altro, colpa di qualcun altro…
Il governo centrale detta determinate regole che scopriamo essere raccomandazioni e non obblighi e demanda ai Governatori delle Regioni (non sono governatori, sono presidenti…) I quali lasciano discrezionalità operativa agli amministratori locali per attuare i provvedimenti sul territorio, ma questi ultimi, quando sono vittime del proprio ego, della propria incompetenza e ostaggi del consenso elettorale, se qualcosa non funziona, se non sanno più che pesci pigliare, scaricano la colpa sui prefetti, i questori, i cittadini.
Già, i cittadini, questi sconosciuti che sono pronti a rivendicare il loro diritto di movimento, divertimento, consumo, ma sono altrettanto pronti a disconoscere il loro dovere di responsabilità individuale e collettiva e quindi si prestano a comportamenti irrazionali ed irresponsabili.
In piena emergenza Covid-19 ieri abbiamo assistito ad Asti all’indecente spettacolo di irresponsabilità a tutti i livelli istituzionali e organizzativi di questa città. L’arrivo della tappa del giro d’Italia era cosa nota da tempo, ma evidentemente nessuno, nelle settimane precedenti, ha ritenuto opportuno assumersi la responsabilità di chiedere l’annullamento di questo evento. Non le federazioni sportive, non il sindaco, non i consiglieri di maggioranza, ma anche quelli di minoranza, non il Prefetto e/o il Questore che rappresentano lo Stato sul territorio… Tutti, evidentemente, hanno ritenuto che fosse responsabilità di qualcun altro, o meglio, hanno pensato che sarebbe stato facile, dopo, nel caso fosse qualcosa andato storto, dare la colpa a qualcun altro. E così, infatti, è stato!
Nel momento in cui decidiamo il coprifuoco serale e notturno, in cui sono vietati gli assembramenti, dove non si possono sedere più di sei persone allo stesso tavolo del ristorante, dove persino nelle nostre case non possiamo essere più di sei contemporaneamente, ecco, in questa situazione, nel centro città, in presenza delle più alte cariche cittadine, di tutte le forze dell’ordine e dei loro rispettivi rappresentanti, abbiamo assistito al miserabile spettacolo della irresponsabilità collettiva e del conseguente teatrino pietoso e ridicolo della deresponsabilizzazione dei propri ruoli, a tutti i livelli.
In questa situazione di totale sbandamento io credo che dovremmo temere di più il nostro sconsiderato sistema di valori e la nostra atavica codardia ed irresponsabilità piuttosto che il virus stesso. Il sonno della ragione genera mostri e io ne vedo tanti intorno a me; in tale contesto ormai ritengo che l’unica soluzione per proteggere noi stessi dal contagio della malattia sia proprio l’auto lock-down che ognuno di noi può mettere in atto secondo le proprie convinzioni e responsabilità perché a voler per forza salvare tutti, si finisce per non salvare nessuno, neppure noi stessi.
Il ruolo delle istituzioni, dei governi, delle amministrazioni e degli amministratori è quello di tutelare tutti, soprattutto i più fragili, soprattutto coloro che non hanno gli strumenti necessari per poter provvedere in autonomia alla propria salute, al proprio benessere, alla propria sopravvivenza.
Pensare, quindi, che queste stesse istituzioni stiano dimostrando il proprio fallimento, non solo è estremamente triste e demoralizzante, ma è soprattutto la constatazione che, nonostante le esperienze della storia dell’umanità, l’uomo e i suoi egoismi, continua ad essere il primordiale animale che risponde unicamente al proprio istinto di sopravvivenza personale a dispetto di migliaia di anni di presunta evoluzione intellettiva.