Gentile direttore,
sono un farmacista collaboratore che,in questo momento così difficile, anche dal punto di vista professionale, vuole raccontare la sua esperienza e condividerla, senza fare polemiche o confronti , semplicemente descrivendo la propria realtà. Già, perché di realtà non ne esiste una sola e ogni punto di vista ha le sue ragioni.
Nonostante cerchi tutti i giorni di dare risposte concrete e chiare alle tante persone che entrano in farmacia, a fare domande e a sperare in conferme, in questo ultimo periodo mi sento confuso e preso in giro.
Il 2020 si sta rivelando un anno particolarmente complicato, a causa della pandemia e già dal primo lockdown, noi farmacisti ci siamo trovati in prima linea a gestire una situazione del tutto imprevedibile. Una delle poche realtà aperte, in cui le persone si riversavano, anche solo come scusa per una boccata d’aria.
Ci siamo trovati a gestire all’ interno della farmacia i casi più disparati: persone con sintomi che avrebbero potuto benissimo essere positive, persone terrorizzate, anziani che avrebbero dovuto rimanere in casa ma proprio non ci riuscivano… insomma, potremmo scriverci un libro. In tutti quei mesi, abbiamo cercato di affrontare ogni giorno al meglio, ognuno convivendo a suo modo con le proprie paure. In tutto questo, le varie istituzioni completamente assenti.
Anzi, si guardavano bene dal fare i tamponi ai farmacisti, visto che come i sanitari eravamo dispensati dall’obbligo di quarantena, se asintomatici. Peccato che la nostra professione non sia considerata al pari di quelle sanitarie e che il contratto collettivo sia scaduto da parecchi anni, ormai. Mi spiace altresì segnalare che gli stessi ordini dei farmacisti, di vario ordine e grado, hanno latitato e un momento che avrebbe potuto compattarci, ci ha visti sperduti e disorganizzati.
In questi giorni si stanno nuovamente riproponendo le stesse difficoltà, con l’idea che si stia agendo perlopiù alla cieca. Come se dopo tutti questi mesi, fossimo tornati alla situazione di partenza, senza però avere imparato nulla dal passato. Mi piacerebbe fornire risposte convincenti alle persone già turbate da questa emergenza, ma purtroppo spesso la situazione è disarmante.
Un esempio: ci siamo trovati a dover gestire la situazione vaccini e test covid, che dopo i soliti proclami sensazionalistici, sono stati abbandonati al loro destino. Per quanto riguarda i vaccini antiinfluenzali, dopo mesi spesi a consigliarli a tutti, si sta scoprendo che arrivano con il contagocce ai medici di base e in farmacia non si capisce se e quando arriveranno, causando grande apprensione nella gente.
Anche per quanto riguarda i test rapidi regna il caos, dal momento che si è passati dal poterli prenotare su di una piattaforma comune a tutto il Piemonte - attraverso la quale un infermiere sarebbe dovuto venire a domicilio ad effettuare l’ esame - al “tra poco sarà attivo”, sino ad arrivare per adesso a... ogni farmacia si aggiusti come può.
Rivedo in molti la stessa insicurezza e lo stesso terrore - non solamente paura - e in altri predomina la rassegnazione per un ritorno ad una situazione inevitabile. Ora, come allora, noto come tutti questi aspetti, più emotivi, vengano poco considerati. Eppure sappiamo quanto le situazioni di stress agiscano sulla nostra salute, quanto mente e corpo siano interconnessi, quanto sia difficile accettare all’improvviso di dover rimanere in casa, senza più una vita sociale, amici, lavoro, scuola e tutte le incognite per il futuro che ne conseguono.
Insonnia, ansia, nuovi dolori fisici, quante persone sono uscite da quel primo lockdown con questi sintomi? Eppure, avrebbero dovuto sentirsi al sicuro in casa. Non voglio dire con questo “liberi tutti”, ma è per porre l’accento sulle modalità con cui viene improvvisamente stravolta la nostra vita. E’ troppo facile snocciolare numeri di malati, curve pandemiche, contagi che salgono, infondere paure e non curarsi delle complicazioni emotive che possono creare. Si sottovaluta ancora enormemente quanto il benessere fisico e quello emotivo siano collegati, soprattutto in relazione al nostro sistema immunitario.
Il nostro lavoro ci permette di essere a contatto con le realtà più svariate e ascoltiamo gli sfoghi di tanta gente, fosse anche di chi inizialmente vuole acquistare solo un callifugo. Il nostro consiglio spesso è veloce, considerando anche le numerose persone che entrano quotidianamente in farmacia, ma è molto appagante quando i clienti ci danno fiducia, scegliendo di approfondire qualche problematica. E spesso ho avuto modo di constatare, quanto un problema fisico riveli un disagio più profondo.
Questo è solo un piccolo excursus di quante situazione di stress - che poco dipendono da noi direttamente – tutti i giorni dobbiamo affrontare. Ovviamente, cercando di avere sempre un occhio di riguardo per le persone che entrano in farmacia per i loro problemi quotidiani. E questi, anche se in questo stato di perenne emergenza sembrano svaniti, in realtà sono ancora la maggioranza, purtroppo o per fortuna. Sono proprio le piccole grandi emergenze quotidiane il cuore del nostro lavoro, dalla vescica all’insonnia, dal consiglio più tecnico a quello più personale.
Ritengo che questa professione possa avere ancora un ruolo molto importante, cioè quello di indirizzare le persone, che ogni giorno entrano in farmacia e ci danno fiducia, verso una maggior consapevolezza di ciò che può rappresentare la salute, una scelta di benessere a 360° che coinvolga tutta una serie di aspetti, non solo fisici, ma anche mentali, sociali, su cui tutti noi siamo stati poco educati. E’ una responsabilità ma anche una grande soddisfazione, dare consigli che possano migliorare, anche in minima parte, la qualità della vita delle persone.
Andrea Romagnolo