Non sogno spesso, sicuramente lo faccio, ma raramente ne ho ricordo. Giovedì scorso invece, eccolo lì, preciso come l’ultima puntata della serie preferita. Definito e perfetto fin nei minimi particolari. Sogno di un futuro, vicino come fosse questione di giorni, ore, ambientato nei nostri posti bellissimi, Asti e Astigiano. Molti penseranno: ma guarda questo, invece di belle figliole, avventure nel mondo o chissà che altro, si fissa, anche in sogno, con lo sviluppo di un territorio o una città. De gustibus. In effetti le alternative, di sogno, sono molteplici, ma il cervello, che con la fase onirica si scarica e ricarica, è strumento incredibile e ingestibile.
Veniamo al sogno. Nel grande salone conferenze del palazzo della Provincia si sta svolgendo l’incontro tra il governatore Cirio, un paio di assessori regionali, un buon numero di amministratori locali e qualche rappresentante categoriale. Incontro per definire il futuro del Piemonte e del nostro territorio, munificamente supportato dai fondi Next Generation o Recovery, chiamateli come volete che è lo stesso. La discussione langue, seguendo canoni fin troppo istituzionali a commento delle varie liste della spesa e di dichiarazioni varie su regole straordinarie per le modalità di spesa.
All’improvviso il Sindaco di Asti si lancia in una filippica a tema storico per convincere il vicepresidente regionale Gabusi, non so perché ma nel sogno ha fatto le scarpe al collega Carosso alla vicepresidenza, che il territorio da lui definito erroneamente Monferrato, non può che essere chiamato Astigiano, nel suo insieme provinciale, o ancor meglio Astesana, per quanto ad una sua gran parte. Marco, scusa, Monferrato a chi? I toni si alzano. L’uno sottolinea di non vedere rivoluzione verde in un parcheggio sotterraneo o sopraelevato che sia. L’altro che di ospedale ne basta uno. Un altro ancora che serve un museo del vino e il ristorante stellato. E poi: meglio i tecnici che i cattedratici, meglio questo, questo si, questo no e così via.
Proprio mentre tutto sta per finire a schifìo, brooom. Si spalancano le tre grandi porte ed entrano nientepopodimeno che il podestà Vincenzo Buronzo, il maresciallo d'Italia Pietro Badoglio e l'imprenditore Giovanni Penna, catapultati lì dagli anni ‘30. Tre uomini che, tra il 1929 e il 1935, riuscirono a dare impulsi tali da far ricostituire la Provincia di Asti. Tre figure troppo ricche di fascino naturale ed evidenze di prestigio, anche per i molti che non li hanno assolutamente riconosciuti nonostante l’abbigliamento indubbiamente fuori moda. I pochi che invece ne colgono l’identità, svenuti per terra, si perdono le loro lapidee parole. Parole cantate, è un sogno, quasi fossero Il Volo: La città capoluogo, che vanta nobilissime tradizioni, che fu città romana, libera repubblica nel Medio Evo e sin dal secolo XV compresa tra i domini più importanti di Casa Savoia, ha acquisito speciale importanza con un rilevantissimo sviluppo economico, edilizio e demografico. Su di essa gravita un esteso e popoloso territorio, che dall'agricoltura e specialmente dall'industria vinicola, trae notevole prosperità. Ricordatevene cari signori. Oggi si deve confrontare con temi nuovi e imprescindibili, come sostenibilità e rivoluzione verde, ricordatevene. E ricordate più di tutto che oggi il futuro di una o due generazioni dipende dai vostri pensieri, dalle vostre scelte e dalle vostre azioni. Driiiinnnn!!!