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Economia e lavoro | 08 marzo 2022, 10:35

Nella giornata dedicata alle donne, anche l'Anmil di Asti condivide lo studio nazionale sui rischi infortunistici e le tutele lavorative

Il presidente provinciale, Roberto Sardo: "Durante la pandemia, sono del tutto mancati gli interventi a sostegno dell’occupazione femminile, specie delle madri"

Nella giornata dedicata alle donne, anche l'Anmil di Asti condivide lo studio nazionale sui rischi infortunistici e le tutele lavorative

Anche l'ANMIL (Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi del Lavoro) di Asti ha voluto far riflettere in questa particolare giornata: l'8 marzo, Festa della donna.

L'associazione, che a livello nazionale da 80 anni si occupa della tutela delle vittime del lavoro e di promuovere la cultura della prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, su iniziativa del Sen. Gianclaudio Bressa, ha realizzato uno studio dal titolo “Diritti delle donne lavoratrici, rischi infortunistici e tutela del lavoro” con il Patrocinio del Senato della Repubblica.

Negli ultimi due anni anche l'Astigiano è stato stravolto dalla pandemia e dai suoi strascichi sulla vita sociale, lavorativa e familiare.

I numeri astigiani

"Gli ultimi dati infortunistici diffusi dall’INAIL del mese di gennaio sono sconvolgenti - spiega Roberto Sardo, presidente provinciale dell'ANMIL - ma forse c’è un’altra guerra in atto e per questo nessuno se ne è accorto".

A livello nazionale nel mese di gennaio 57.583 lavoratori hanno denunciato all’INAIL un infortunio sul lavoro, che rispetto alle denunce del gennaio 2021, sono state ben il 47% in più. 

Rispetto al mese di gennaio 2019, ovvero prima del Covid, le denunce di infortuni di gennaio 2022 sono comunque state del 23% in più. 

Lo studio: donne e lavoro al tempo del Covid

L'ANMIL per l'8 marzo ha presentato uno studio che vuole esaminare soprattutto le conseguenze che questi due anni di pandemia hanno prodotto sulla condizione lavorativa delle donne.

Durante le fasi di lockdown il 74% delle donne ha continuato a lavorare (contro il 65% degli uomini), dovendo allo stesso tempo garantire la cura della famiglia, che con la chiusura delle scuole si è fatta sempre più complicata. 

Oltre 3 milioni di donne, ad esempio, hanno dovuto al tempo stesso lavorare e assistere i figli impegnati nella didattica a distanza. 

Situazioni spesso inconciliabili che hanno portato sempre più donne ad abbandonare il lavoro: nel 2020 si era registrato un calo complessivo degli occupati di 444mila unità, delle quali oltre il 70% era composto da donne. 

Con la ripresa delle attività produttive nel 2021 e l’attenuarsi allo stesso tempo degli effetti della pandemia sul mondo del lavoro, anche l’occupazione femminile ha visto un miglioramento, con un tasso di occupazione delle donne del 50,5%, trainato tuttavia perlopiù da contratti a termine e precari.

La pandemia ha avuto pesanti ripercussioni anche sul fronte della salute e della sicurezza sul lavoro delle donne. 

Gli infortuni sul lavoro causati dal Covid denunciati nel biennio 2020-2021 hanno confermato che il virus ha colpito più le donne lavoratrici con il 68,3% rispetto agli uomini, specialmente nei settori della sanità e dell’assistenza sociale, caratterizzati da una forte presenza femminile.

 

"Sono del tutto mancati gli interventi a sostegno dell’occupazione femminile, specie delle madri - aggiunge Sardo - Lo abbiamo visto sia sul versante delle politiche attive del lavoro sia su quello delle misure di conciliazione famiglia-lavoro, a partire dai servizi educativi e di cura per la prima infanzia e la diffusione capillare del tempo pieno nella scuola dell’obbligo. Misure che avrebbero permesso e permetterebbero alle madri di stare nel mercato del lavoro e, al contempo, funzionerebbero da strumenti di pari opportunità per la conciliazione dei tempi di vita extralavorativa". 

Cosa c'è da fare

Per questo anche l'ANMIL di Asti chiede a gran voce interventi urgenti in favore delle vedove di vittime del lavoro. 

"Sarebbe auspicabile - conclude Sardo - un ampliamento della quota di riserva - riconosciuta per legge dall’art. 18, comma 2, della L. 68/99 -, istituendone una dedicata ai superstiti dei caduti sul lavoro, come anche ai coniugi e figli dei grandi invalidi del lavoro. La nostra proposta sarebbe quella di fissare questa quota al 7% per i datori di lavoro che occupano più di 150 dipendenti e in 3 lavoratori per coloro che occupano da 51 a 150 dipendenti". 

Per l'associazione, infine, servirebbero azioni mirate per garantire l’applicazione della stessa legge sul collocamento in favore di vedove e orfani, in particolare dando concreta attuazione alla loro prevista equiparazione alle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, per garantirgli di accedere al collocamento con precedenza rispetto ad ogni altra categoria e con preferenza a parità di titoli.

Elisabetta Testa

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