Il Piemonte, e con esso ovviamente anche la nostra realtà Astigiana, si conferma una delle regioni italiane con la maggiore necessità di manodopera straniera. I dati parlano chiaro: sono ben 79.660 le assunzioni di lavoratori immigrati previste sull'intero territorio regionale. Un flusso che assume un'importanza cruciale anche per il tessuto artigiano locale, con oltre 7mila ingressi stimati specificamente per le imprese artigiane piemontesi. A trainare questa domanda sono soprattutto i settori delle costruzioni e dei servizi.
La fotografia scattata dal Sistema informativo Excelsior (Unioncamere - Ministero del Lavoro) evidenzia come, per l'artigianato piemontese, gli ingressi di personale immigrato rappresentino il 17,8% delle nuove assunzioni artigiane. Un dato che pone il Piemonte, insieme alla Valle d'Aosta, tra le aree con la più alta incidenza (21,5%), in un contesto nazionale che vede nel 2024 circa 1.082.170 ingressi di personale immigrato, pari al 19,6% del totale delle nuove entrate. Di questi, le imprese artigiane a livello italiano ne assorbiranno 93.390.
Ma quali sono i mestieri che più necessitano di queste competenze? Nell'artigianato, le costruzioni guidano la classifica con il 22,4% di incidenza, seguite da altri servizi (18,5%), il manifatturiero esteso (16,6%), e settori chiave anche per l'economia astigiana come alloggio, ristorazione e turismo (16,2%).
Di fronte a questi numeri, Giorgio Felici, presidente di Confartigianato Imprese Piemonte, lancia una riflessione profonda che tocca le corde della cultura del lavoro, così sentita nelle nostre terre: "Il problema è culturale - commenta Felici - Ci stiamo trasformando in una società che demanda il 'fare' ad altri con l’idea che la realizzazione piena possa avvenire solo dietro una scrivania o perseguendo qualche tipo di chimera glamour. I Piemontesi e gli Italiani in generale devono recuperare la manualità, il senso del lavoro 'fisico' e il saper fare. Non è un caso che Don Bosco fosse delle nostre parti".
Le proiezioni per il quinquennio 2024-2028 indicano che l'artigianato richiederà circa 66.000 lavoratori stranieri a livello nazionale, con una forte concentrazione nel manifatturiero esteso e nelle costruzioni. Filiere come la moda, il legno e arredo, le costruzioni e infrastrutture, e l'agroalimentare – quest'ultima particolarmente vitale per l'Astigiano – avranno un peso determinante.
"Occorre riconnettere i giovani e, soprattutto, i loro genitori, con l’idea che il lavoro in sé stesso ha un’etica fondante per la vita", conclude Felici. "L’artigianato italiano, per reggere il passo con l’innovazione, la transizione ecologica e il passaggio generazionale ha bisogno di manodopera formata, stabile e valorizzata. Non si tratta solo di sostituire chi esce dal mondo del lavoro, ma di accompagnare una nuova fase di sviluppo. Serve una politica del lavoro che non sia fatta solo di numeri e quote ma che sappia leggere i fabbisogni reali delle imprese, investire su formazione professionalizzante e percorsi di integrazione qualificata".
Un messaggio forte che risuona anche tra le colline e le botteghe dell'Astigiano, dove il "saper fare" è da sempre un valore distintivo.