I metodi cruenti utilizzati per ovviare al problema dei piccioni sono illegittimi. È stato affermato da Giuseppe Sammatrice del SequS, dallo zoologo Paolo Albonetti e da alcuni membri di associazioni di volontariato astigiane nella conferenza stampa tenutasi al Foyer delle Famiglie per illustrare il ricorso al TAR del Piemonte contro la Deliberazione del Consiglio Provinciale di Asti n. 45 del 29 luglio 2025, con la quale la Provincia ha approvato il “Piano di controllo del colombo (Columba livia)” che prevede l'utilizzo di metodi cruenti, quali abbattimento e cattura con successiva soppressione.
I motivi del ricorso
Il problema principale – secondo i promotori - è la mancanza di svolgimento di censimenti attendibili sulla popolazione di colombi, mancano anche dati oggettivi relativi ai presunti danni agricoli o sanitari. Le Linee guida della Regione Piemonte e la legge 157 stabiliscono inoltre l’obbligo di sperimentazione di tecniche meno invasive - quali la limitazione delle fonti di cibo, utilizzo di sterilizzanti - e, solo in caso di mancato funzionamento delle suddette, procedere con quanto il comune ha invece deciso già di attuare. Dichiarando di voler procedere in urgenza, la Provincia ha fatto anche a meno del parere obbligatorio dell'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA).
Una spesa vana
Secondo Paolo Albonetti, zoologo e professore dell’università di Genova, l’eliminazione di una porzione di colombi non farebbe che portare la parte sopravvissuta ad aumentare la propria attività riproduttiva. I metodi suggeriti dall’insegnante sono l’utilizzo di sistemi fisici per impedire che il colombo vada in determinati punti, evitando la proliferazione di colonie. Il secondo metodo invece consiste nella sterilizzazione di una buona parte della colonia, evitando così una crescita continua, considerando anche che la vita media dell’animale è di 3 anni. “Se non ci sono evidenze in termini percentuali relativamente a problemi igienico-sanitari non si può reputare un pericolo cogente”, ha evidenziato Albonetti.
Calcolando la densità dei colombi in determinate zone della città, per quanto sia un procedimento lungo e - se malfatto - impreciso, permetterebbe di avere indicazioni più adeguate: “Non è sicuramente necessario intervenire da tutte le parti. Generalmente si interviene nel centro storico e poi ci si allarga alla periferia, per accompagnare in qualche modo i colombi rimanenti verso l’esterno”.
Alcuni Comuni non rispondono alla richiesta degli atti
Gli avvocati delle associazioni hanno chiesto accesso agli atti di tutti i Comuni della provincia di Asti, accertandosi se avessero precedentemente svolto azioni di contenimento e se il problema fosse mai esistito nel loro territorio.
“Il 50 per cento dei comuni ha risposto dicendo che non esiste questo problema e che non hanno mai fatto nessun tipo di censimento”, ha spiegato Sammatrice, sostenendo ci fosse del falso nelle dichiarazioni che hanno favorito l’avvio dell’attuale procedimento cruento, dichiarazioni che sostenevano l’esistenza e applicazione di un precedente tentativo di minor portata.
Agli atti presentati al ricorso fatto al Tribunale amministrativo regionale del Piemonte sono state dunque presentate le dichiarazioni dei Comuni che hanno risposto. Ma tra quelli assenti, figura anche la Città di Asti.
La necessità di più consapevolezza cittadina
“Spesso le aree in cui si crea un sovraffollamento di piccioni sono quelle in cui viene appositamente lasciato del cibo o in cui è presente una grande quantità di rifiuti” è intervenuta Cristina Dente del gruppo Svuota Canili. Per la volontaria, i problemi reali son quelli dei rifiuti, che spesso sostano per ore in strada prima di essere ritirati (attirando non solo colombi, ma anche insetti o roditori), e quelli degli edifici abbandonati, che hanno la medesima conseguenza.
Mentre Alessia Cavalsani della Lega Italiana per i Diritti degli Animali (L.I.D.A.) ha sottolineato la mancanza di educazione e conoscenza sul territorio, che avrebbero evitato l’applicazione di queste misure, che rischiano oltretutto di non risolvere il problema, finendo soltanto per ripetere lo stesso errore.














