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Attualità | 13 marzo 2022, 14:00

"Ci sentiamo astigiani, ma la strada verso la piena integrazione è ancora lunga"

Abbiamo chiesto a Idrissa Gueyè, referente dell’ASIAP - Associazione Senegalo Italiana Asti e Provincia, quali interventi ritiene la futura Amministrazione dovrebbe attuare prioritariamente

Foto di gruppo a margine di un evento organizzato dall'associazione nel gennaio 2020

Foto di gruppo a margine di un evento organizzato dall'associazione nel gennaio 2020 (immagine tratta dalla pagina Facebook Asiap Asti)

Nei decenni anche Asti, così come moltissime altre città italiane, ha visto variare la composizione della propria popolazione residente, con un forte incremento di presenze di comunità straniere in gran parte ben integrate nel tessuto sociale cittadino. Sulla base di queste considerazioni, abbiamo ritenuto doveroso incontrare i referenti delle principali comunità di immigrati, per fare un punto della situazione e chiedere loro quali ritengono siano, su questo specifico fronte, le priorità cui dovrebbe attenersi la futura Amministrazione.

Ne abbiamo parlato con Idrissa Gueyè, referente dell’ASIAP - Associazione Senegalo Italiana Asti e Provincia, nativo del Senegal ma residente nell’Astigiano ormai da 31 anni: “Dopo tutti questi anni io non mi sento un immigrato ad Asti, anche perché ho vissuto più qui che in Senegal – ci ha spiegato - Io vorrei vedere questa città pulita, esemplare. Ecco perché quando vedo immigrati che passano le loro giornate in giro senza fare nulla io mi incazzo, perché con il loro comportamento stanno rovinando quanto noi ci siamo conquistati in 30 anni, lavorando regolarmente e comportandoci bene”.

LE ATTIVITA' DELL'ASSOCIAZIONE PER FAVORIRE L'INTEGRAZIONE

Ad oggi nell’Astigiano risiedono all’incirca 350 senegalesi, che per coordinare le attività sociali e culturali dell’associazione si ritrovano alla Casa del Popolo di via Brofferio. Da alcuni anni è attiva anche una sezione femminile, che si riunisce una volta al mese e che, tra le altre iniziative, ha attivato un Fondo per aiutare le proprie connazionali in difficoltà. Se una di loro ha necessità di denaro, il Fondo fornisce un contributo che può venir ripagato un po’ alla volta.

La nostra associazione è attiva da 28 anni ci ha spiegato Gueyè – siamo stati i primi nell’Astigiano. Tra le altre cose abbiamo promosso interventi di pulizia nei giardini della città, serate per l’integrazione e appuntamenti culturali. Perché siamo convinti che integrarsi non sia entrare in un ambiente di lavoro e poi tornare a casa, bensì frequentare le persone del posto, conoscere realtà diverse, frequentare corsi di formazione per poter avere una crescita personale e maggiori sbocchi professionali”.

CONTRASTARE IL PRECONCETTO DELL'IMMIGRATO 'IGNORANTE'

Ciò nonostante non mancano i problemi, sostanzialmente riconducibili a episodi di reciproca incomprensione e alla ancora scarsa “abitudine” degli italiani, soprattutto in città piccole come Asti, nel rapportarsi in uffici o negozi con persone di diversa provenienza geografica. “L’errore ricorrente, in cui cadono anche gli stessi responsabili dell’immigrazione, è pensare che gli immigrato che arrivano in Italia non sanno nulla e non hanno studiato, ma è una considerazione sbagliata. Io vedo arrivare qui connazionali laureati che sono costretti a ripartire da zero, perché il loro titolo di studio qui in Italia non viene riconosciuto, non ha alcun valore. Certo è giusto che vengano effettuate le verifiche del caso ma, una volta appurato che la laurea è reale e meritata, è giusto che possano inserirsi nel mondo del lavoro come avviene abitualmente, ad esempio, in Francia”.

LE DIFFICOLTA' CONNESSE AL TROVARE LAVORO

Proprio il lavoro è uno dei nodi cruciali su cui l’associazione opera, segnalando anche agli Uffici competenti eventuali carenze. “Ad esempio – ha argomentato Gueyè – in Questura il personale dell’Ufficio Immigrazione è numericamente ancora grossomodo quello che c’era trent’anni fa, ma il numero di immigrati è molto aumentato! Per cui, si arriva a far passare 8-9 mesi prima di vedersi approvare un permesso di soggiorno, senza il quale gli immigrati non possono cercare lavoro e di conseguenza, dovendo pur mangiare, a volte finiscono per arrangiarsi in modi non leciti. Se i permessi di soggiorno venissero rilasciati più celermente, sono sicuro che gran parte di queste persone andrebbero a cercare un lavoro”.

“Ad Asti – ha proseguito – la situazione è diversa rispetto a grandi città, dove l’integrazione è molto più marcata e si vedono immigrati lavorare fianco a fianco con italiani in bar, ristoranti e negozi così che ci si sente meno stranieri. Vorrei che questa situazione fosse la norma anche nell’Astigiano. Prendiamo ad esempio mia figlia: è laureata in Mediazione Linguistica e ha maturato varie esperienze, ma nessuna delle aziende astigiane cui ha lasciato il suo curriculum l’ha mai richiamata. Alla fine si è stancata e si è trasferita a Milano, dove ha trovato quasi subito lavoro”.

IN MUNICIPIO MANCA UNA FIGURA DI RIFERIMENTO PER GLI IMMIGRATI

Altra carenza su cui, secondo Gueyè, l’Amministrazione che verrà dovrebbe lavorare è l’assenza di un referente per le comunità straniere: “Sapere che in Municipio c’è qualcuno che parla la nostra lingua e comprende i problemi che un immigrato può trovarsi a dover affrontare aiuterebbe moltissimo per quanto riguarda l’integrazione. Sono certo che i problemi si risolverebbero meglio e in minor tempo, ma da quando sono qui ad Asti una figura simile non c’è mai stata. Così i miei connazionali si rivolgono a me o ad altri membri dell’associazione e noi riportiamo le segnalazioni ai consiglieri comunali, al sindaco o agli assessori, ma una figura di riferimento migliorerebbe di molto le cose”.

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Gabriele Massaro


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