Riceviamo e pubblichiamo.
Lunedì Asti si presenterà al Ministero della cultura per illustrare le ragioni per cui ha deciso di candidarsi (con sei anni di ritardo e con un dossier elaborato in fretta e furia sotto elezioni) a Capitale italiana della Cultura 2025 e per giocare le sue carte.
Dopo l'ingresso nella top ten finalista ci saremmo aspettati, in città e Provincia, un approfondimento di documenti e linee guida, un percorso, una strategia di progetto e di comunicazione.
Non si è visto altro che i soliti annunci, molti selfie, qualche hastag e tanto provinciale compiacimento.
Ovviamente facciamo il tifo per Asti, ci mancherebbe altro.
Comunque vada dovrà però essere un punto di partenza, non certamente di arrivo. Da quel poco che si è capito, non essendo disponibili materiali esaurienti, la candidatura si basa su un censimento dell'esistente e su alcune parole chiave che rimandano ai concetti di "orgoglio" e "provincia".
E sul vanto, provinciale, di aver dato i natali a questo e quello. Basterà? Non basterà?
Ci asteniamo da qualsiasi tipo di analisi e di giudizio. Ci limitiamo ad un sano e doveroso tifo. Ne discuteremo a fondo dopo, che si vinca o si perda.
(Post Scriptum: qualcuno lunedì però si ricordi di dire al Ministero che da due anni devono nominare un Presidente per la Fondazione Alfieri, inspiegabilmente commissariata, tanto per cominciare a fare qualcosa di concreto, al dì la delle parole).
Guardiamo Oltre.