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Un Occhio sul Mondo | 16 marzo 2024, 09:10

Cosa abbiamo promesso all'Ucraina

Il punto di vista di Marcello Bellacicco

Cosa abbiamo promesso all'Ucraina

In analogia a quanto già fatto da Gran Bretagna (12 gennaio), Francia e Germania (16 febbraio), il 24 febbraio scorso, a Kiev, la nostra Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ed il Presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy hanno firmato un accordo decennale che caratterizzerà fortemente i rapporti tra i due Paesi nel breve e medio termine, orientando decisamente l'Italia a fornire la sua assistenza all'Ucraina.

Siccome in questo impegno assunto dal nostro Governo, oltre ai vari aspetti economici, commerciali ed energetici, è compreso anche l'aiuto militare, si ritiene sia opportuno e necessario capire bene cosa la Meloni ha garantito al suo omologo. Per questo, la cosa più semplice è quella di scorrere i punti salienti dell'Accordo, che è disponibile sul sito del Governo, ma solo in lingua inglese, mentre sarebbe doverosa una traduzione ufficiale in italiano, che consentirebbe a tutti i Cittadini di comprendere in che modo si sono ulteriormente ingaggiati con gli Ucraini.

Uso il termine ulteriormente perché è comunque utile ricordare che, dall'inizio della guerra, l'Italia ha già sborsato a favore dell'Ucraina oltre 2 miliardi di Euro, ripartiti tra 400 milioni per il sostegno macro finanziario, 200 milioni in prestiti agevolati, 110 milioni per il sostegno al bilancio, 215 milioni per il sostegno allo sviluppo, 200 milioni a sostegno della sostenibilità energetica, 100 milioni in aiuti umanitari e 820 milioni per il sostegno ai rifugiati ucraini in Italia. A tutto ciò vanno aggiunti 8 pacchetti di aiuti militari (armi, mezzi, equipaggiamenti e munizioni), i cui costi non sono stati precisati. E chissà se lo saranno mai.

I citati contributi sono stati riportati, forse poco elegantemente, nel preambolo del documento dell'accordo, che il Ministro degli Esteri Antonio Tajani si è affannato in ogni sede, istituzionale e mediatica, a precisare che, in un'ottica di Diritto Internazionale “non è giuridicamente vincolante”.

Cosa significa realmente? In pratica, per l'Italia non sono stati tecnicamente previsti automatismi, obblighi, nonché prefissati impegni finanziari a favore dell'Ucraina. Anche se questo costituisce un aspetto positivo, perché non impone al nostro Paese contributi predeterminati, tuttavia, è giusto osservare che il documento presenta alcune dichiarazioni di fondo che, comunque, costituiscono un serio impegno morale e politico agli occhi dell'Ucraina e della Comunità internazionale.

Infatti, al di là degli atteggiamenti formali tenuti dalla nostra Leader, che non ha lesinato emblematici abbracci e baci a Zelenskyy, ogni volta che lo ha incontrato, frasi del testo come “l'Italia riafferma l'incrollabile supporto all'Ucraina per la sua indipendenza, sovranità ed integrità territoriale entro i confini internazionalmente riconosciuti sin dal 1991” sono macigni concettuali che inchiodano l'Italia su una posizione di assoluta intransigenza verso la Russia, praticamente esigendo da parte sua l'abbandono della Crimea e dei territori del Dombass, Una condizione che esclude categoricamente quell'unico presupposto, per quanto ancora flebile ed embrionale, che possa portare, perlomeno, a considerare un cessate il fuoco a breve termine. Infatti, appare utopico pensare che Putin possa anche solo essere sfiorato dall'idea di un ritiro da regioni che, per lui, sono da sempre russe.

Un approccio, quello italiano, esattamente agli antipodi di quella tendenza alla trattativa, di quella propensione al compromesso e di quella ricerca del punto di incontro che avevano caratterizzato per decenni la tradizione diplomatica nazionale, riuscendo a preservare l'Italia anche in violente tempeste internazionali, soprattutto nella Regione Mediterranea.

Un approccio che la Meloni ha deciso di seppellire, sottoscrivendo, a nome nostro, che “L’Italia continuerà a sostenere l’Ucraina nei suoi sforzi per difendersi finché sarà necessario” e a “fornire assistenza all’Ucraina nel mantenere la sua difesa di elevato livello e la sua superiorità militare”. E ancora “Nel caso di un futuro attacco armato da parte della Russia all’Ucraina”,i due Governi “si consulteranno entro 24 ore per definire le misure necessarie per contrastare o contenere l’aggressione”. Concetti che non lasciano dubbi sulla ferrea ed animosa determinazione con cui, per i prossimi dieci anni, ci siamo legati ai destini ucraini, quasi che questi siano di vitale importanza per i nostri.

Le due Nazioni “lavoreranno insieme e con altri partner per garantire la capacità delle forze di sicurezza e di difesa dell’Ucraina di ripristinare completamente l’integrità territoriale all’interno dei suoi confini riconosciuti a livello internazionale e di aumentare la resilienza dell’Ucraina affinché sia sufficiente a scoraggiare e difendersi da futuri attacchi e coercizioni”. Inoltre, “coopereranno nella creazione di forze sostenibili in grado di difendere subito l’Ucraina e di scoraggiare una futura aggressione russa”.

Per ottenere e mantenere questa capacità militare ucraina anche nel medio termine, il comparto industriale della Difesa italiana è pronto “a interagire con l'industria ucraina per sostenerla nel ripristino e nel consolidamento della produzione nazionale di attrezzature, materiali e munizioni". Inoltre, l'Italia è pronta a sostenere "lo sviluppo delle Forze di Sicurezza e Difesa dell'Ucraina, includendo la transizione ai concetti e alle procedure operative della NATO e i miglioramenti dell'interoperabilità con gli alleati".

Ad integrazione della parte relativa ai potenziali, ma possibili aiuti militari, il Governo italiano auspica “un ampio e ambizioso piano di riforme in Ucraina, relativo al sistema giudiziario, all’anticorruzione, alla pubblica amministrazione, allo stato di diritto, al rispetto dei diritti umani e alla libertà dei media, oltre allo sviluppo di un’economia sostenibile dal punto di vista ambientale”. Indubbiamente, un'aspettativa molto ambiziosa da parte della nostra Presidente del Consiglio, soprattutto se si considerano gli attuali problemi che l'Ucraina soffre in questi delicati settori, fondamentali per regolare la civile convivenza di una Nazione. In tal senso, lo stesso Premier Zelensky non si è dimostrato un campione di democrazia nella gestione della politica interna. Ricordiamo che non ha esitato a vietare l'attività di 11 partiti di opposizione filo-russi, regolarmente rappresentati in Parlamento e a unificare le reti televisive sotto un'unica testata.

Come si può vedere, si può anche accogliere la tesi del Ministro Tajani che l'Accordo si possa definire non “vincolante”, perché non prevede obblighi e automatismi per l'Italia, ma non si può di certo dire che non comporti per noi un notevole impegno in vari settori e, soprattutto, non sancisca uno schieramento netto, deciso ed incontrovertibile, in una situazione internazionale che sta diventando sempre più preoccupante proprio per l'affermarsi di un approccio di tale natura. Con questo Accordo, l'Italia si è fortemente legata all'Ucraina, perlomeno per i prossimi dieci anni. E una decisione del genere avrebbe dovuto passare al vaglio del Parlamento, per una valutazione di tutte le forze politiche. Affermare che non era necessario perché l'Accordo non è “vincolante”, come sostenuto dal Ministro Tajani, significa “nascondersi dietro a un dito”.

Marcello Bellacicco

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