Nel mio raccontare la bellezza dell’Astigiano, ormai da più di cinque anni, non mi sono mai mancati gli spunti di narrazione. Cose, eventi, persone sempre interessanti, unici e bellissimi, presentati settimanalmente nell’obiettivo di fondo del far crescere quell’orgoglio astigiano che, con le maiuscole, è titolo di un’altra fortunata rubrica di questa testata; nell’obiettivo specifico di supportarne conoscenza, visita, sviluppo, con un po’ di notorietà in più. Raro però trovare una storia che unisca due dei temi che da sempre mi stuzzicano più di altri: tipicità e partecipazione.
Storia ambientata a Rocca d’Arazzo, borgo posto su un'altura dominante la Valle Tanaro, che evidenzia ancor oggi la sua veste di roccaforte a difesa del territorio astigiano. Luogo arricchito dall'imponente Palazzo Cacherano, costruito tra XVII e XVIII secolo, da una bella parrocchiale settecentesca, il cui campanile è ancora quello del Trecento. Dell'antico castello, distrutto nel '600, restano invece solo tracce delle mura, ma la sua storia è legata alla cessione diretta a Gian Galeazzo Visconti, che gli aprì la strada all'insignorimento. Per questo nel Codex Astensis il castello di Rocca d'Arazzo è raffigurato sia con il Biscione dei Visconti che con la bandiera di Asti. Non gli manca un po’ di Romanico Astigiano, con l'affascinante Pieve di Santo Stefano e Santa Libera, cappella dell'XI secolo, piazzata quasi per magia su un cocuzzolo da cui si domina il tutto. Luogo pieno di gusto, tra la memorabile insalata russa e gli emozionanti agnolotti dell’osteria d’altri tempi in frazione Santa Caterina, e l’alta ristorazione di Stefano e Alex, ventiquattro anni il primo e ventidue il secondo, nel loro ristorante Ambizioni, aperto nell’aprile 2024.
Gusto e sapori tipici, come recita la bella e creativa presentazione sui cartelli d’entrata al paese: tartufi, vino, capperi e tamburello. A questi si aggiunge, ma forse sarebbe stato fin troppo, lo zafferano d’antica origine locale, vicina alle passioni gastronomiche basso medioevali dei feudatari del posto, i Cacherano. Da domani ci saranno invece da aggiungere i pomodori. Pomodori speciali, sorte di Cuore di Bue dalle dimensioni notevoli, tra i sette etti e il chilo, e con pochi semi. Pomodoro antico dal sapore molto più dolce ed aromatico del solito, praticamente assente di acidità, oggi ribattezzato Cuore di Rocca. Pomodoro ben diffuso tra gli orti rocchesi dal dopo guerra fino ad una ventina d’anni fa, poi finito nel dimenticatoio dei piantini comprati in vivaio. Dimenticatoio per molti, ma non per tutti, con un anziano del posto che continuava a custodire molti loro semi, quasi fosse una eredità dal valore inestimabile. Orticoltore che qualche mese fa ha scelto di far nuovamente fruttare quel valore colturale del passato, donando al Comune di Rocca d’Arazzo un bel po’ dei suoi magici semi. Comune che si è subito impegnato nel diffonderne la coltivazione, per ritrovare il loro pomodoro già durante la prossima estate, e poi richiedere la certificazione De. Co.. Con questo bellissimo obiettivo ha fatto seminare settecentoquaranta piantini dai Vivai Casto di Motta di Costigliole d’Asti. Con i piantini in mano ha invitato i residenti a partecipare, nella promessa di omaggiarne decine a chiunque avesse aderito al progetto. Ad inizio maggio un’abbondante novantina di rocchesi, tra hobbisti e orticoltori, ha ritirato il suo tesoro, che in questi giorni è in fiore e a breve frutterà. A questo punto, non ci resta che aspettare un mese o due per festeggiare il ritorno del Cuore di Rocca, e nel frattempo, tanti, tanti complimenti agli amministratori comunali per la visione e al popolo di Rocca d’Arazzo per la folta partecipazione.