Sono 866 i beni immobili, intesi come particelle catastali, ancora in gestione presso l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata in Piemonte. Il dato, aggiornato al 10 novembre 2025, fotografa una regione che, nonostante un patrimonio significativo sottratto alle mafie, fatica a restituirlo pienamente alla collettività. A fronte di questi beni in attesa di una destinazione, infatti, se ne contano solo 318 già confiscati e destinati ai sensi del Codice Antimafia.
La fotografia provinciale, elaborata da Libera, vede il capoluogo Torino in testa con 124 beni immobili ancora in gestione, seguita da Asti con 42. Seguono, con numeri molto più contenuti, Alessandria (6), Novara (2) e Vercelli (1). Anche osservando i beni già effettivamente riassegnati, Torino mantiene il primato con 61 immobili, mentre Asti ne conta 8, Novara e Vercelli 4.
Questi numeri collocano il Piemonte come la settima regione a livello nazionale per numero di beni confiscati, ma come la penultima per capacità di riutilizzo, con una percentuale del 23% che si scontra con una media nazionale del 43%. Un divario che evidenzia le criticità di un processo di riassegnazione e messa a sistema di questi patrimoni.
La campagna “Con il 2%, diamo linfa al bene”
Proprio per colmare questo gap e dare un sostegno concreto alle esperienze virtuose, Libera ha lanciato la nuova grande mobilitazione di raccolta firme “Con il 2%, diamo linfa al bene”. L’iniziativa, che si colloca nel trentennale della legge 109/96 – la norma che, grazie a un milione di firme, istituì il riutilizzo sociale dei beni confiscati – punta a una riforma semplice ma potente.
“Oggi il denaro sequestrato e confiscato costituisce il Fondo Unico di Giustizia (FUG) – si legge nel testo della petizione –. Chiediamo che una piccola parte di ciò che deriva da atti criminali possa essere reinvestita per cambiare volto ai beni confiscati e rigenerare i territori feriti dalla presenza mafiosa. Basterebbe il 2% del FUG perché il denaro sottratto torni a far crescere il bene comune: scuole, cooperative, comunità, futuro”.
I firmatari e la rete del bene
I primi firmatari dell’appello sono un segnale forte del mondo antimafia: don Luigi Ciotti e Francesca Rispoli, presidenti nazionali di Libera, Gian Carlo Caselli e Nando Dalla Chiesa, presidenti onorari, insieme a numerosi familiari di vittime innocenti delle mafie, tra cui Giovanni e Luisa Impastato, Matilde Montinaro e Paolo Siani.
La petizione non chiede risorse nuove, ma di investire una minima parte di quanto già recuperato dallo Stato. “Quel 2% può cambiare molto, se diventa un impegno concreto dello Stato”, sottolinea Libera. Le cartoline firmate, raccolte online sul sito dell’associazione o fisicamente nelle piazze, saranno spedite per aprire una vertenza pubblica diretta verso il Governo.
Le esperienze di riutilizzo sociale in Piemonte
A rendere ancora più significativa la richiesta è la mappa delle esperienze di riutilizzo sociale già esistenti. In Italia sono 1.132 i soggetti impegnati nella gestione di beni immobili confiscati, ottenuti in concessione dagli Enti locali. Una rete diffusa in 18 regioni e 398 comuni, composta da oltre 600 associazioni e più di 30 scuole che usano gli spazi confiscati come strumento didattico.
In Piemonte, sono 54 le realtà che gestiscono beni confiscati in 47 comuni, generando welfare, servizi e modelli di economia positiva. “Con questa raccolta di cartoline – commenta Tatiana Giannone, referente nazionale di Libera per i beni confiscati – vogliamo dare linfa a tutte quelle esperienze di rigenerazione che insieme abbiamo fatto partire e rilanciare le pratiche di riuso sociale”.
L’obiettivo è chiaro: utilizzare una piccola quota delle risorse del Fondo Unico di Giustizia per sostenere in maniera continuativa e stabile le cooperative e le associazioni che, ogni giorno, dimostrano come un bene di mafia possa trasformarsi in un presidio di legalità, lavoro e futuro per l’intera comunità.














