Titolata in questo modo, la mia riflessione fa pensare che il COVID19 sia una persona, frutto di una figura retorica, nota come personificazione.
Infatti l'intento è proprio quello di attribuire comportamenti, pensieri, tratti umani a qualcosa che non lo è, per l'appunto il virus COVID19 che ha dato gli inizi a questo 2020, nato da soli cinque mesi ma già stanco, malato e invecchiato anzi tempo.
Se vogliamo aggiudicargli un'altra figura retorica penserei al climax ascendente.
Si è aggirato infatti inizialmente tra le folle senza presentarsi, facendosi scambiare per un qualsiasi sintomo influenzale; poi in breve tempo ha bloccato il Mondo dimostrando la sua forza distruttiva, dandoci qualche indizio in più man mano che i suoi lineamenti apparivano maggiormente delineati.
COVID19 ha riempito pagine di giornali in ogni lingua e tutti i satelliti e antenne di questo mondo hanno inviato su televisioni e cellulari informazioni drammatiche evolutesi in scelte drastiche nel tentativo di limitare i danni di chi, di cosa, insinaundosi in ogni ambito del nostro vivere e anche del nostro morire ha stravolto le nostre fragili esistenze.
Ci ha resi irriconoscibili privandoci del nostro bisogno di sentimenti e affetti, obbligandoci a stare distanti e, tragicamente, facendoci morire senza un addio e senza una dignitosa e lacrimata sepoltura.
Prima che arrivasse COVID19 eravamo un'umanità in cambiamento a passi lentissimi, tutti sentivamo di trovarci a un bivio tra il vecchio e il nuovo e con affanno cercavamo di inseguire la fretta che ci metteva fretta, anch'essa personificazione di uno dei mali di questo nostro tempo; siamo i figli delle urgenze poiché tutto è stato lasciato andare, come se non ci riguardasse.
Il lavoro, il sociale, la sanità, l'istruzione, l'economia, l'ambiente, tutti hanno presentato il conto non appena COVID19 ha azzerato il nostro falso e spesso vano movimento, quel nostro correre senza una meta precisa, travolti sempre e solo da impellenze quotidiane rattoppate alla meno peggio.
L'impazienza si è trasformata in doverosa accettazione di quel nuovo che mai avremmo immaginato così: un virus e in quanto tale parassita che necessita di noi per sussistere.
Ecco il paradosso di COVID19: la paura, la malattia, la morte che necessitano dell' umanità per sopravvivere e noi, al contrario, che da sempre, illusoriamente, cerchiamo l'immortalità.