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Agricoltura | 15 aprile 2021, 11:20

Comunità Astesana: è tempo di mangiarsi un po’ di patrimonio

Oggi l’invito è a tavola, per ritrovare identità territoriale e patrimonio culturale dell’Astesana con due dei suoi tanti prodotti tipici, buonissimi e da valorizzare

Asparagi saraceni

Asparagi saraceni

Anche un prodotto tipico è patrimonio, è valore territoriale e di Comunità. Nel celebrare e degustare le nostre nocciole, i nostri tartufi, i nostri vini e i tanti altri prodotti eccezionali e distintivi del nostro territorio, raccontiamo storia, tradizioni e persone, raccontiamo patrimoni culturali da difendere e valorizzare.

L’Astesana è piena di grandi eccellenze: dai ricchi frutti delle colline del vino, fino ai tanti grandi prodotti della terra, dalle antiche tradizioni di coltivazione. Tanta qualità che non può che farci sentire ancor più orgogliosa comunità. Aprile e maggio sono mesi speciali per riempirci d’orgoglio, per riempirci palato e pancia con l’esplosione di gusto di due grandi eccellenze: gli asparagi Saraceni di Vinchio e i carciofi del Sorì.

Gli asparagi Saraceni di Vinchio sono giusto vanto di uno dei bellissimo borghi del’Astesana e vero piacere per i suoi fortunati consumatori. Stanno tornando e per un mesetto abbondante è bene approfittarne. Gli agricoltori che producono e commercializzano i saraceni sono solo una decina, su circa 3 ettari totali, con una produzione annua di poco più di 25 quintali.

Numeri che fanno ben capire la rarità di questa spettacolare tipicità e il valore culturale di prodotto e produttori, a cominciare dall’origine del nome: nasce da Rosetta Laiolo, presidente della locale Pro loco, che coniò un nome legato al posto, per caratterizzare la coltivazione di asparagi tra i filari, mutuandolo da quello di una cresta di colline vitate chiamata Bricco dei Saraceni.


Altro nostro imperdibile prodotto di stagione sono i carciofi del Sorì. Ancora un paio di settimane e, tranquilli, arriveranno. Le loro prime attestazioni risalgono a fine Quattrocento, contenute in alcune farse di Giovan Giorgio Alione, con il racconto dei festion d’archicioc, feste a base di carciofi astesani.

Tanto apprezzati da essere celebrati poi in tutto il Piemonte e coltivati, dal Settecento, non solo in Val Tiglione, ma anche alle porte di Asti, specialmente attorno all’attuale Madonna del Portone. Tutto bello fino agli anni Cinquanta con il rapido declino e la quasi scomparsa, a causa della loro raccolta tardiva e dell’arrivo sui mercati di altre tipologie, disponibili prima e a costi più competitivi.

Fortunatamente qualcuno ne ha conservato il ricordo: Egidio Gagliardi, ottuagenario agricoltore di Mombercelli, che ne ha ripreso la coltivazione e promossa verso altri produttori della zona, per dare continuità a questo patrimonio. Sfida colta egregiamente da qualche anno da Duipuvrun, azienda agricola di Costigliole d’Asti.

Detto questo, non perdetevi il piacere di mangiarvi al più presto un po’ di patrimonio, da degustare con la stessa ritualità del rimirare un affresco di Aliberti o un capolavoro architettonico di Benedetto Alfieri.

Davide Palazzetti

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