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Agricoltura | 14 gennaio 2022, 15:15

Coldiretti sull’emergenza peste suina: adottare subito provvedimenti per salvare gli allevamenti

I vertici astigiani dell'associazione rimarcano di aver più volte evidenziato la necessità di ridurre il rischio di diffusione mediante il contenimento dei cinghiali

Un branco di cinghiali in una vigna

Un branco di cinghiali in una vigna

“E’ importante la tempestiva adozione del provvedimento che consente alle attività produttive di continuare a lavorare in sicurezza, fornendo rassicurazioni in merito alle esportazioni”. E’ quanto afferma Coldiretti in riferimento alla firma dell’ordinanza dei ministri della Salute Roberto Speranza e delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli per fermare la diffusione della peste suina africana (Psa) dopo i casi riscontrati su cinghiali in Piemonte e Liguria ma anche in Germania, Belgio e Paesi dell’Est Europa.

“Siamo in continuo e costante contatto con l’autorità sanitaria in Piemonte, gli assessorati regionali all’Agricoltura e alla Sanità, oltre che con l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte Liguria e Valle d'Aosta per poter dare ai nostri associati le corrette informazioni e tempestivi aggiornamenti, attraverso anche specifiche videoconferenze organizzate con gli allevatori suinicoli – spiegano Marco Reggio presidente Coldiretti Asti e Diego Furia direttore Coldiretti Asti -. Siamo costretti ad affrontare questa emergenza perché è mancata l’azione di prevenzione e contenimento, come è stato ripetutamente denunciato sia durante le manifestazioni in piazza a Torino sia nelle sedi istituzionali, di fronte alla moltiplicazione dei cinghiali che invadono città e campagne in tutta Italia, dove si contano ormai più di 2,3 milioni di esemplari”.  

Il provvedimento prevede il divieto di ogni attività venatoria, salvo la caccia selettiva al cinghiale, nella zona stabilita come infetta da Peste Suina Africana, ossia 114 Comuni di cui 78 in Piemonte (tutti nell'Alessandrino) e 36 in Liguria. Nell'area circoscritta sono altresì vietate la raccolta dei funghi e tartufi, la pesca, il trekking, il mountain bike e le altre attività di interazione diretta o indiretta con i cinghiali infetti. Sono escluse le attività connesse alla salute, alla cura degli animali detenuti e selvatici nonché alla salute e cura delle piante, comprese le attività selvicolturali. 

L'ordinanza in vigore per sei mesi si pone l’obiettivo di "porre in atto ogni misura utile ad un immediato contrasto alla diffusione della Psa e alla sua eradicazione a tutela della salute del patrimonio faunistico e zootecnico suinicolo nazionale e degli interessi economico connessi allo scambio extra Ue e alle esportazioni verso i Paesi terzi di suini e prodotti derivati". 

Una necessità dopo che sono state attivate misure precauzionali alle frontiere di Svizzera, Kuwait e in Oriente (Cina, Giappone e Taiwan) dove è stato previsto un temporaneo stop alle importazioni di carni e salumi Made in Italy. Un comportamento analogo, peraltro, è stato adottato anche da paesi come Regno Unito, USA e Canada dove è diretta la maggioranza dell’export extra Ue per i casi analoghi che si sono verificati in Germania, Belgio e Paesi dell’Est Europa e per questo diventa ora importante un’azione diplomatica per formalizzare questo orientamento e non penalizzare la filiera.

Abbiamo più volte evidenziato il rischio della diffusione della Peste Suina Africana (Psa) attraverso i cinghiali e la necessità della loro riduzione sia numerica che spaziale attraverso le attività venatorie, le azioni di controllo della legge 157/92 articolo 19 e le azioni programmabili nella rete delle aree protette” sottolinea il direttore Furia. 

“Adesso serve subito un’azione sinergica su più fronti anche con la nomina di un commissario in grado di coordinare l’attività dei prefetti e delle forze dell’ordine chiamate ad intensificare gli interventi, per tutelare e difendere gli allevamenti e compensare gli eventuali danni economici alle nostre imprese", concludono Reggio e Furia. 

“E’ altresì necessario avviare iniziative comuni a livello europeo perché è dalla fragilità dei confini naturali del Paese che dipende l’elevato rischio di un afflusso incontrollato di esemplari portatori di peste”.

Comunicato stampa

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