Le mura di Asti sono state la più grande opera edilizia della città nel periodo medioevale. Costruite tra il XII e il XIV secolo, partendo da alcuni punti fortificati d’origine romana e longobarda. Composte al tempo da più di 7 chilometri di mura, suddivise in due recinti che cingevano completamente l'abitato cittadino.
La loro prima citazione e celebrazione arriva da Ogerio Alfieri, cronista duecentesco del periodo di massimo splendore del libero comune astigiano. Nella sua Cronaca scriveva: Nell'anno del Signore 1280 la città di Asti, per grazia di Dio, è diventata quasi nuova, colma di ricchezze, chiusa da solide e recenti mura e costituita quasi interamente da molti edifici, torri, palazzi e case da poco costruite.
I lavori che portarono Ogerio Alfieri a raccontare di solide e recenti mura durarono quasi un secolo, per costruire una cinta interna, il cosiddetto recinto dei nobili e di una seconda cerchia più esterna, nella zona meridionale ed a levante della città, per inglobare e proteggere i popolosi sobborghi, ricchi di botteghe artigiane e laboratori manifatturieri.
Di questa seconda cerchia, non rimangono tracce, distrutta durante l'espansione urbanistica della città tra XIX e XX secolo. Le mura erano in mattoni pieni con un articolato sistema architettonico, ancora visibile nei tratti superstiti. I segmenti delle mura erano coronati da merlatura a coda di rondine e le cortine, che si elevavano per una decina di metri, appoggiavano su archi, un tempo completamente interrati e rinforzati da terrapieni.
Dei diversi chilometri murari del passato, è giunto fino ai nostri giorni l’importante tratto che va dal Bosco dei Partigiani a piazza Lugano, con l’antica porta San Lorenzo, fino in piazza Santa Caterina, corrispondente a porta Torre. Insomma un bel tratto di cammino nella storia e un ulteriore elemento di valore e piacere per Astigiani, visitatori e turisti.
Valore non proprio fruibile decentemente, non proprio conservato al meglio e proprio non valorizzato. Le nostre mura sono pervase dall’abbandono, dal disinteresse pubblico per le loro valenze identitarie e turistiche.
Non ci vorrebbe poi molto: un po' più di cura e manutenzione degli accessi, qualche cartello che ne illustri origini ed evoluzioni, un QR code con cui portare i visitatori lì e nel tanto altro a loro storicamente contiguo presente in città. E poi sarebbe bello vederle usare per promuovere il turismo.
Visualizzate e raccontate a far emergere la grande storia di Asti che continua, nonostante tutto e tutti, a essere ampia e bellissima presenza caratterizzante.
Sabato, dalle 15, al Bosco dei Partigiani si parlerà tra cittadini proprio di questo, di Cultura bene comune e poi si prova a passeggiare sotto le mura. Vi aspetto.