Una mattinata intensa e promettente quella di oggi, venerdì 6 giugno nella sala consiliare della Provincia, dove si è tenuto un incontro di respiro internazionale con i vertici dell’HKTDC (Hong Kong Trade Development Council), l’agenzia ufficiale del governo di Hong Kong per la promozione del commercio. Al centro della discussione, la partecipazione dei consorzi vitivinicoli piemontesi alla Hong Kong International Wine & Spirits Fair, in programma dal 6 all’8 novembre 2025, ma più ancora l’idea di un salto di qualità nel posizionamento del vino italiano in Asia.
Dalla Provincia al mondo
Ad aprire i lavori è stato Maurizio Rasero, presidente della Provincia, che ha sottolineato l’importanza strategica di fare rete tra le realtà del territorio e di cogliere occasioni come quella offerta da Hong Kong per portare il Piemonte vitivinicolo oltre i confini europei. Ha quindi preso la parola Gianluca Mirante, direttore Italia dell’HKTDC, che ha tracciato le linee guida della collaborazione, ricordando come “Hong Kong sia una porta privilegiata verso tutta l’Asia”.
Ma è stato Johnny Wan, Direttore Exhibitions Market Development dell’HKTDC, il vero protagonista della mattinata, con un intervento che ha mescolato concretezza e visione, numeri e scenari futuri.
Perché Hong Kong
“Dal 2008 il vino non paga tasse a Hong Kong. Non c’è IVA, e anche i dazi sugli spirits sono stati ridotti drasticamente”, ha spiegato Wan, ricordando come l’ex colonia britannica offra condizioni uniche al mondo per entrare nel mercato asiatico. Un hub che vanta più di 1.400 ristoranti, 600 bar, 800 importatori e un sistema di re-export capace di raggiungere in modo rapido e agevole Cina, Giappone, ASEAN e altri mercati dinamici della regione.
Ma i vantaggi non si limitano alla logistica o ai numeri: “A Hong Kong si parla inglese, si ragiona in modo simile all’Occidente, si cercano prodotti di alta qualità, e il reddito medio è tra i più alti dell’Asia”. In altre parole: è un terreno fertile per il vino italiano, se saprà giocare bene le sue carte.
La sfida: educare e raccontare l’Italia del vino
E qui viene il punto dolente. “L’Italia è vista come un grande brand nel mondo: moda, design, auto. Ma il vino non è ancora conosciuto come dovrebbe”, ha ammesso Wan. Il paragone con la Francia è inevitabile, soprattutto per la capacità dei cugini d’Oltralpe di fare sistema, presentandosi in modo compatto, riconoscibile e strutturato. “Se un buyer asiatico visita la fiera e incontra dieci stand italiani di dieci consorzi diversi, senza una regia comune, si confonde. Non capisce chi è chi”.
La soluzione, secondo HKTDC, è una strategia di sistema. Serve un contenitore, una regia, una narrazione comune. Non si tratta solo di occupare spazi espositivi, ma di raccontare il territorio, di abbinare vino e turismo, gastronomia e cultura. “Vedere un vino accanto a un piatto tipico, un biscotto, una nocciola, è ciò che fa la differenza per chi viene da fuori e vuole vivere un’esperienza italiana”, ha sottolineato Wan.
La Fiera di novembre: un banco di prova
L’International Wine & Spirits Fair di novembre sarà dunque molto più di un semplice evento fieristico. Con oltre 600 espositori e 8.200 buyer nella precedente edizione, si configura come un’opportunità decisiva per chi vuole costruire rapporti commerciali con l’Asia. Il format Exhibition+ – che unisce fiera fisica e piattaforma digitale – permette di avviare contatti già prima dell’evento, programmare incontri e proseguire nel tempo con attività mirate. Un’occasione per le imprese, soprattutto se supportate da una regia territoriale.
L’incontro di oggi ad Asti ha mostrato chiaramente come Hong Kong rappresenti una reale opportunità per il vino piemontese e italiano. Ma ha anche fatto emergere che non basta esserci: occorre esserci bene. Serve formazione, coordinamento, storytelling, visione. E soprattutto serve farlo insieme, superando quella frammentazione che troppo spesso frena il potenziale del made in Italy.
Hong Kong guarda al Piemonte. Sta ora al Piemonte decidere come rispondere.