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Cultura e tempo libero | 10 giugno 2025, 13:30

Vacanze Astigiane premio, nella pittura dell’Ottocento

Seconda puntata premio dedicata ad una delle due vincitrici della terza manche di “Caccia al refuso” che ha scelto di farmi scrivere sulla pittura astigiana dell’Ottocento

Ritratto di un giovane Giuseppe Manzone opera del 1908 di Paolo Arri

Ritratto di un giovane Giuseppe Manzone opera del 1908 di Paolo Arri

Giovedì scorso, la terza e, forse, ultima manche della sfida di lettura "Caccia al refuso" tra le righe di Vacanze Astigiane, ha trovato, come già scritto, non una, ma due vincitrici: Maria Casetta di San Damiano d’Asti e Maria Cristina Gerbi da Asti. Il desiderata di Maria, che girava attorno al bel borgo di Settime, lo avete letto da poco, ora quello di Maria Cristina “...su un qualsiasi pittore astigiano, specialmente quelli un po' dimenticati come Arri o Giulio Musso”. 

Nel provare ad accennare qualcosa sulla pittura ottocentesca, e poco oltre, espressa nel capoluogo, non credo si possa che partire da Michelangelo Pittatore. Al secondo piano di Palazzo Mazzetti si e ne gode una composita raccolta di suoi ritratti della seconda metà dell’Ottocento, straordinario documento sulla borghesia astigiana e sulla sua ascesa sociale e sontuosi esempi di quel cambio del linguaggio pittorico conseguente alla crescente diffusione della fotografia del tempo. Pittatore però non è inscrivibile nei dimenticati, o almeno spero, ma è stato maestro di Paolo Arri e di Carlo Nogaro.

Paolo Arri oltre che suo allievo, frequenta l'Accademia Albertina di Torino, scegliendo poi come soggetto dominante, se non esclusivo d’opera, il ritratto di rappresentanza, tipico sul finire del XIX secolo e buono anche per tirar su pane e salame. A lui il mecenate Leonetto Ottolenghi affida il ciclo di ritratti “Grandi Italiani del Risorgimento”, in occasione dell’Esposizione Astigiana del 1898, celebrazione dei cinquantanni dello Statuto Albertino, allestita nella Alla di piazza Alfieri, spettacolare Foro Boario in seguito sostituito, ahimè, dall’attuale palazzo della Provincia. Tra le sue opere che più rappresentano personalità e stile, il ritratto di Giuseppe Manzone (in foto ), suo giovane allievo. Dalla ricciuta chioma al vivace sguardo, tutto riporta, volutamente, ad uno scatto fotografico. Assieme a Giulio Musso, accennato a seguire, affresca anche i saloni del Municipio astigiano, la chiesa e l'atrio dell'Ospedale Civile di Asti. Negli ultimi quindici anni di vita, per la sua manifesta avversione al regime fascista, viene lasciato ai margini della società astigiana.

Giulio Musso, a differenza di Arri si era fatto conquistare dalla scuola romantica lombarda, Alcune traversie famigliari lo costringono ad abbandonare l’arte e a dedicarsi, per puro sostentamento, all'attività di decoratore, affrescando diverse chiese e palazzi dell'Astigiano. Tra questi il palazzo municipale di Asti in collaborazione, appunto, con Arri, realizzando in particolare i quattro medaglioni con all'interno i ritratti di astigiani illustri: Benedetto Alfieri, Alberto Castigliano, Giuseppe Maria Bonzanigo e Giovan Giorgio Alione. Nel 1901 gli viene commissionato il Sendallo del Palio, che, sorte, non viene assegnato perché non disputato.

Più o meno negli stessi anni Carlo Nogaro, altro allievo di Pittatore, viene portato dal maestro a Roma per "respirare l'aria di fermento artistica" della capitale. Tornato ad Asti prende studio nella torre Beltramenga Scarampa di piazza Statuto, quella che oggi è erroneamente detta dei Guttuari. Spirito avventuroso, gira il mondo fino a tornare ad Asti, senza però incontrare il favore dei suoi concittadini. Lo stesso artista scrive nella sua breve biografia che in quegli anni non riusciva a vendere neppure un quadro "...per comperar colori e tutto quello che mi abbisognava per poter lavorare…". 

Deluso abbandona la città, per fermarsi, giusto alcuni anni, non proprio a due passi da casa, a Costantinopoli, dove esegue una serie di illustrazioni sulle trionfali esequie di Napoleone III. Poi in Algeria, in centro-Africa e, infine, a Parigi, dove è uno dei principali ideatori del padiglione italiano all'Esposizione Universale del 1878. Nemo propheta in patria.

Davide Palazzetti


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