L'Astigiano, sono certo sia noto ai più, è pieno di spettacolari castelli. Non tutti sono però visitabili, se non in rare occasioni, e pochi sono diventati contenitori culturali e fulcri di attrattiva per visitatori e turisti come i tre che propongo di mettersi ad itinerario tra storia, bellezza e qualcos’altro. Tre antichi manieri caratterizzati, più di altri, da vivaci attività, a Monastero Bormida, Castell’Alfero e Cisterna d’Asti. In realtà ce ne sarebbe, a buona ragione, un quarto a Costigliole d’Asti; sontuoso castello sede di mostre d’arte, su cui mi sono spesso dilungato nell’emozionato racconto e questa volta non porto sul podio per evitare d’apparire partigiano. Nel testo dei suggerimenti a seguire ho inserito nuovamente un refuso, nell’obiettivo di incentivare la lettura, fino in fondo. Nuova manche di Caccia al refuso, sfida di lettura tra le righe di questa mia rubrica. Dovevano essere tre, ma l'interesse dimostrato mi ha portato a continuare, almeno per un altro paio di volte. Quindi quarta manche con in premio un articolo personalizzato per chi troverà prima l’errore buttato lì nel testo seguente.
Vi farei allora partire dall’estremo sud dell’Astigiano, da Monastero Bormida. Il borgo è caratterizzato dal complesso abbaziale, nel tempo diventato castello, risalente alla seconda metà dell’XI secolo: il vescovo acquese Guido, salito alla cattedra nel 1034, fece giungere un bel gruppo di monaci dall’abbazia di Fruttuaria di San Benigno Canavese. Monaci con il compito di costruire un monastero dedicato a Santa Giulia. Monastero trasformato, tra il XIV e il XV secolo in imponente castello, con torri angolari e bastioni difensivi. La proprietà oggi è comunale, tanto quanto la meritoria scelta di riempirne gli antichi saloni di manifestazioni con al centro arte e cultura. Fino al 29 giugno, ad esempio, potete godere della pittura metafisica e simbolista di Fabrizio Boffelli. Castello che dal prossimo autunno ospiterà anche la nuova gipsoteca dedicata ad Edoardo Rubino, grande scultore torinese del Novecento.
A seguire ci spostiamo una cinquantina di chilometri verso nord, nel piacere delle infinite, casuali scoperte di percorso per raggiungere Castell’Alfero. Le origini del posto si rifanno al 1290, villanova astesana sorta dopo l'ennesima distruzione dell'abitato da parte dei monferrini, con gli abitanti che si trasferirono in collina ripristinando il vecchio castrum sotto la protezione del Comune di Asti. Oggi è un vero piacere girare per il suo centro storico, ricco di tracce del passato, dalle antiche porte d'accesso al ricetto alle mura medievali, anche se Il vero punto forte del borgo è indubbiamente il suo castello, quello dei conti Amico, nell'elegante ristrutturazione settecentesca di Benedetto Alfieri. All’interno è tutto meraviglia, tra le decorazioni pittoriche ad opera di Gerolamo Mengozzi, collaboratore del Tiepolo, e gli importanti saloni: quello Verde, pieno di grazia ed eleganza, e quello Rosso, antico locale di rappresentanza. Nei fondi, da vedere i mille oggetti, attrezzi e giocattoli dell'Ottocento e del Novecento che costituiscono il Museo 'L Ciar, "la luce" in piemontese, perché all'interno sono esposte testimonianze del passato, proprio come una "luce" che illumina il passato. Nel novembre 2022, appena il Comune di Castell’Alfero aveva pubblicato un invito a manifestare interesse per la concessione di locali nel castello, con destinazione d’uso somministrazione pubblica di alimenti e bevande, scrivevo: ristoratori non perdetevi l’occasione. Locali da 380 mq con di fronte uno tra i più affascinanti panorami di tutto l'Astigiano. C'era un ristorante e si sperava tornasse ad esserci. Da sabato 6 giugno c’è, grazie a due giovani talenti, rientrati in Italia per aprire il loro Ristorante Alea, il piemontese Alessandro Bartoli e il ligure Giulio Canavese, conosciutisi nelle cucine del Disfrutar di Barcellona. Ho dato un occhio ad uno dei menù degustazione e l’anguilla affumicata passata al cannello, accompagnata da zuppa fredda di ciliegie in carpione e gelato alla robiola di Roccaverano merita indubbiamente la gita.
Chiuderei a Cisterna d’Asti, borgo affascinante edificato in epoca medioevale, quale luogo fortificato sulla cresta di un’alta collina. Per prima cosa mi godrei il castello, la sua imponente cinta muraria e l'alta torre del XIII secolo. Vi si accede attraverso un importante arco settecentesco, ancora con lo stemma di Papa Innocenzo XII. Il castello ospita il Museo di Armi e Mestieri di un Tempo, che certamente non mi perderei, col piacere di scoprire la sua bella testimonianza di cultura artigiana e contadina espressa da quattromila oggetti datati tra Seicento e Novecento. Veramente interessante. Castello e museo sono il fulcro culturale del paese, lì si svolgono anche vari eventi, ad alto valore gastronomico ed enologico. Occasioni per degustare qualche bicchiere di Cisterna d'Asti doc, tipicissimo e buonissimo vino rosso, prodotto da un antico vitigno, la Croatina. Già che siete lì, ci tengo a suggerire tappa pappa al Garibaldi, ristorante che onora l'eroe dei due mondi e un certo Ortolani da Crescentino, partecipe alla spedizione dei Mille. Finito tutto, unificata l'Italia, l'ex garibaldino approda nel 1885 a Cisterna e apre una vineria e taverna, passata, negli anni ‘40, alla famiglia Vaudano, che lo gestisce ancora oggi.