È bastata poco più di un’ora al giudice dell’udienza preliminare per mettere nero su bianco la condanna nei confronti di Muhammad Naveed e Abdul Wahab, i due cittadini pakistani imputati per il sequestro, la rapina e la brutale aggressione ai danni di un giovane connazionale, poi gettato dal terzo piano di un appartamento nei pressi di corso Matteotti. Un episodio che aveva sconvolto la città e riportato al centro il tema, inquietante e spesso sommerso, del traffico di esseri umani.
Le condanne
A fronte della richiesta del pubblico ministero Deodato – quattordici anni di reclusione, già ridotti per il rito abbreviato – il Gup ha emesso pene più basse, ma comunque pesantissime: nove anni per Naveed e dieci anni per Wahab. Una sentenza che riconosce tutte le accuse formulate dalla Procura: tentato omicidio, sequestro di persona, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, rapina aggravata e tentata estorsione.
Il ricordo della vicenda
La storia, lo ricordiamo, era iniziata come la promessa di un aiuto per raggiungere un altro Paese europeo e si era trasformata in un incubo: documenti sequestrati, richieste di denaro, violenze e infine la defenestrazione dal terzo piano. Miracolosamente sopravvissuto, il giovane aveva trovato il coraggio di denunciare, diventando il fulcro di un’indagine complessa che aveva portato all’arresto dei due imputati grazie al lavoro della Squadra Mobile e al coordinamento della Procura di Asti.
La sentenza non cancella il dolore né le ferite fisiche e psicologiche della vittima, ancora impegnata nel suo percorso di riabilitazione. Ma segna un punto fermo: la giustizia ha riconosciuto la gravità dei fatti e ha attribuito responsabilità precise. Ora resta da capire se attorno alla vicenda esistesse una rete più ampia e quali altri sviluppi potranno emergere.














