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Cronaca | 22 dicembre 2025, 12:46

La Camera penale di Asti sul caso di Matilde Baldi: "No alla giustizia di piazza, serve rispetto per processo e civiltà"

L’associazione dei penalisti stigmatizza il clima di odio social e le pressioni mediatiche: "In Italia non c’è pena di morte né sentenza senza processo"

Folla ai funerali di Matilde Baldi

Folla ai funerali di Matilde Baldi

La Camera penale di Asti interviene con un duro comunicato sul clima che si è creato attorno alla vicenda della morte di Matilde Baldi, la ventenne di Montegrosso d’Asti deceduta dopo l’incidente sull’autostrada Asti‑Cuneo, al centro di un’inchiesta della procura per omicidio stradale e dell’ipotesi di una corsa ad alta velocità tra auto di grossa cilindrata. I penalisti parlano apertamente di "imbarbarimento del dibattito" e di tentativo di costruire un pressing mediatico in grado di condizionare le decisioni della magistratura.​

"Pressioni sui giudici e informazione distorta"

Nel documento il Consiglio direttivo della Camera penale richiama il moltiplicarsi di commenti di giornalisti, opinionisti e utenti social sulla vicenda, denunciando un clima che rischia di travolgere il terreno del diritto. Secondo i penalisti, si sta assistendo "a un vero e proprio imbarbarimento del dibattito" e a un tentativo di influenzare e minare l’indipendenza della magistratura in un procedimento che si preannuncia "divisivo, rumoroso e che poco ha a che fare con il diritto e i diritti".​

Nel mirino finiscono anche alcune ricostruzioni mediatiche ritenute imprecise o premature. Il comunicato definisce "assolutamente deprecabili" le parole rivolte ai soggetti processuali – avvocati e magistrati – specie quando proiettate su sentenze "non ancora pronunciate" e basate su notizie che in questa fase "non sarebbero divulgabili e, soprattutto, non sono verificate". La Camera penale parla di informazioni sbagliate, citando ad esempio pene prospettate in modo errato o dettagli del sinistro che sarebbero tuttora coperti da segreto istruttorio e che solo una perizia – "non ancora nemmeno iniziata" – potrà eventualmente chiarire.

Odio sui social, "non è solo presunzione d’innocenza, è civiltà"

Una parte centrale del testo è dedicata al fenomeno dei commenti sui social network, ritenuti la spia di un degrado culturale profondo. I penalisti definiscono "ancora più gravi e inaccettabili" le decine di interventi online in cui si invoca la pena di morte, la "giustizia senza processo" o addirittura la consegna dei presunti responsabili alla folla perché "si faccia quella giustizia che, invece, la legge negherebbe".

Qui il tono del documento si fa esplicitamente pedagogico: non si tratta, scrive la Camera penale, solo di difendere la presunzione di innocenza, ma "innanzitutto di civiltà". Viene stigmatizzato quello che viene definito un vero e proprio "processo di piazza", in cui si vorrebbe far passare come legittima la "giustizia domestica": reagire sparando a chi commette reati, punire fuori dal processo chi se ne sia reso responsabile, invocare pene che l’ordinamento non prevede e che da decenni sono state bandite.

Il richiamo è netto: "In Italia non c’è la pena di morte. In Italia non c’è sentenza senza processo. In Italia non è ammessa la consegna al popolo dei presunti responsabili". Una triplice affermazione che, nel contesto di una vicenda che ha scosso profondamente l’opinione pubblica locale e nazionale, punta a ribadire il perimetro invalicabile dello Stato di diritto.​

L’appello alla stampa: "Riportare il dibattito nei binari del diritto"

Il comunicato si chiude con un invito preciso al mondo dell’informazione. La Camera penale chiede a quella parte di stampa definita "più illuminata e responsabile" di collaborare per riportare il dibattito "nei termini suoi propri, nel rispetto della legge e, prima ancora, della civiltà". L’appello è a evitare "colorazioni del fatto che nulla hanno a che vedere con il senso della vicenda" e a rinunciare a toni sensazionalistici che alimentano rabbia e rancore, anziché contribuire alla comprensione di ciò che il processo dovrà accertare.

Il riferimento è anche alla normativa sulla presunzione di innocenza e sulle comunicazioni giudiziarie, che negli ultimi anni ha rafforzato i paletti a tutela delle persone indagate, proprio per limitare il rischio di processi paralleli a quello che si svolge nelle aule dei tribunali. Nel caso di Matilde Baldi – una giovane la cui morte ha colpito profondamente l’Astigiano, tra ricordi commossi e veglie di preghiera – i penalisti provano dunque a tenere insieme il doveroso cordoglio per la vittima e la sua famiglia con la difesa di principi che considerano irrinunciabili: un processo fondato su prove, non su emozioni, e un confronto pubblico che non smarrisca, nella richiesta di giustizia, i confini della civiltà giuridica

Redazione

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