Questa mattina all’istituto Giobert di Asti è iniziata la consegna dei notebook in comodato d’uso, acquistato dalla scuola mediante l’utilizzo di fondi ministeriali previsti dai decreti sull’emergenza sanitaria, agli studenti che ne hanno fatto domanda non disponendo di device personali da utilizzare per la didattica a distanza.
L’iniziativa ha avuto successo, ma non ha esaurito la disponibilità di PC, probabilmente perché i fondi sono arrivati dopo due mesi di didattica a distanza e molti ragazzi in difficoltà perché senza personal computer (l’8% nell’Istituto) hanno trovato nel frattempo modalità alternative per far fronte ai loro impegni. Ma i dispositivi acquisiti restano e si sommano alla cifra che il Consiglio di Istituto ha autonomamente stanziato.
L’obiettivo è che, a settembre, tutti gli studenti dispongano di un personal computer a casa. Un traguardo importante, in considerazione del fatto che il distanziamento personale imposto dalla pandemia dovrà venir coniugato con il rientro fisico di studenti e docenti. Dovranno pertanto venir ripensati gli spazi e l’organizzazione delle persone, ma anche gli orari e la ridistribuzione delle frequenze. E’ pertanto probabile che la didattica a distanza rimarrà come nuovo patrimonio stabile e si alternerà a quella che si chiama già DIP (didattica in presenza).
GLI STAFF DELL'ISTITUTO GIA’ GUARDA AL NUOVO ANNO SCOLASTICO
Al Giobert lo staff che si occupa di sicurezza ha già frequentato un seminario intensivo sulle misure di protezione collettiva, dalle mascherine più adatte ad ogni esigenza ai rilevatori di temperatura, mentre lo staff di direzione già sta ragionando sul distanziamento e sulla nuova “architettura” degli spazi e degli apprendimenti, uno scenario su cui lavorare da subito e da realizzare entro l’estate.
“Non si tratta di semplici problemi logistici - commenta la dirigente Patrizia Ferrero – perché flessibilità e distanziamento sociale diventeranno un modo di ripensare tutti i rapporti, e quello che si chiama oggi il layout di un’aula o di un laboratorio non sarà una semplice collocazione di arredi, più o meno anonimi o colorati, ma un’architettura dell’apprendimento che tiene conto non solo di quanti sono i ragazzi in aula oggi, ma anche da come e da che cosa stanno imparando”.