Comincia bene la Douja d’Or 2020, mettendosi in dubbio. Solo rinunciando ad abitudini e dogmatismi e solo mantenendo la mente sempre aperta, si può migliorare.
La Douja si mette in dubbio per guardare avanti, per progettare il suo futuro. Questo è il viatico intrapreso dalla kermesse del vino astigiano, occasione potenzialmente unica per promuovere prodotti, città e territorio. Definizione ben diversa da kermesse astigiana del vino: sintomo forte ed importante di un legame storico da ritrovare con le sue bellissime zone produttive, ben sottolineato dall’allargamento partecipativo, fuori capoluogo, a tanti bar e ristoranti della provincia, coinvolti nell’edizione di quest’anno a proporre aperitivi, piatti e menù della Douja. Un primo passo, da considerare anche test, per capire meglio dove si voglia andare.
Se ne è iniziato a discutere ieri sera, a ruota dell’inaugurazione ufficiale della manifestazione al Teatro Alfieri, con un interessante incontro dal titolo Concorso enologico Douja d’Or: verso il futuro per iniziare a ragionare sul suo futuro, sulla sua funzionalità, sulle varie e migliori modalità di attuazione e sul ruolo dei concorsi enologici nella comunicazione del vino. Un nuovo inizio, e già solo questo è un gran bene: mettersi in dubbio per cambiare, per crescere, per partecipare sempre più attivamente allo sviluppo del mondo vitivinicolo astigiano e piemontese e di quello turistico di Asti e dintorni. Benissimo.
La Douja, tra l’altro, è ben allenata al cambiamento: nella sua storia la manifestazione, nata nel 1967, si è mossa molto. Il primo anno stand sulla statale per Torino, dove gli automobilisti di passaggio potevano degustare ed acquistare; l’anno dopo ai giardini pubblici di viale alla Vittoria con botteghe del vino e ragazze in costume; poi sotto i portici Pogliani; e ancora, piazza Medici, piazza Roma, nel Palazzo del Collegio e diffusa nel centro storico e quindi concentrata all’Enofila. Ora in centro, allargata in provincia.
L’idea originaria era splendidamente semplice: il vino deve fare da traino al territorio e diventare ambasciatore dell’Astigiano nel mondo. Negli anni quella splendida visione si è evoluta fino a perdere parte dello spirito originario di vettore di immagine territoriale. Il futuro però pare ora ripartire dal passato, dedicando il massimo di attenzioni ed energie ai prodotti locali, non certo per campanilismo, non solo per necessità, ma perché orgogliosi dei nostri vini eccezionali, unici ed importanti frutti di un posto bellissimo, da far conoscere anche grazie a loro.
All’incontro diversi ospiti del miglior giornalismo enologico come Luciano Ferraro de Il Corriere della Sera, Alessandro Torcoli, direttore di Civiltà del Bere, Alessandra Piubello, curatrice della Guida Vini Luigi Veronelli e corrispondente di autorevoli riviste estere e Leila Salimbeni, coordinatrice editoriale di Spirito di Vino.
Su questi presupposti ho ascoltato con piacere i loro interventi, colpito, spero non solo io, in particolare da quello di Ferraro: "un concorso enologico necessità di autorevolezza e comunicazione", stupito nel non aver trovato nell’archivio del suo giornale, pur andato indietro di una ventina anni, alcuna citazione rilevante della Douja. Non da meno Alessandra Piubello che, forte dell’esperienza di giurata, ha descritto origini, dimensioni e ritorni dei principali concorsi enologici; primo fra tutti Decanter World Wine Awards, il piu' grande e prestigioso al mondo. Eventi tecnici, spesso promossi da grandi editori del settore, con un mare di risorse e non legati ad alcuna manifestazione o specifico territorio, ma utilissimi ai produttori per vendere.
Punti di riferimento irraggiungibili, ma comunque validi per ragionare sulle reali valenze del nostro, visti i nuovi obiettivi della Douja e la sua voglia di cambiamento. Tanto su cui lavorare nei prossimi mesi. Nel frattempo...buona Douja a tutti.