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Cultura e tempo libero | 07 novembre 2020, 07:30

Viviamo in un posto bellissimo: civiltà delle pievi

Puntata dedicata a luoghi oggi d’arte e d’emozione, ieri d’incontro: le pievi e chiese romaniche sparse nell’Astigiano, di cui è bello conoscere storia e ratio

Viviamo in un posto bellissimo: civiltà delle pievi

Che le colline dell’Astigiano siano costellate di tanti piccoli autentici gioielli spero sia noto perlomeno ai molti. Sono le antiche chiesette campestri che punteggiano il nostro territorio, più evidenti a nord di Asti, quelle che costituiscono il grandioso percorso del Romanico Astigiano.

Sono una quarantina, isolate, bellissime, spesso in cima ad un colle o nascoste dal rigoglio della natura, diverse sono diventate col tempo cappelle cimiteriali e molte sono sorte in luoghi con tradizioni ed origini sacre più antiche e diverse. Forse anche per questo il loro indubbio valore artistico e architettonico è spesso arricchito da decori che apparentemente hanno poco a che fare con la tradizione cristiana. Sistemi di comunicazione, antichi ma evoluti, per avvicinare le semplici popolazioni rurali con la simbologia.

Pieve deriva dal latino plebs, e già dal nome si dichiara luogo dedicato al popolo, ad accogliere le genti dei villaggi e a trovarne espressione.

Le nostre sono state costruite perlopiù tra l’800 e il 1100 e facevano parte di un sistema di articolazione della diocesi in chiese battesimali, in cui risiedeva un arciprete e dove venivano amministrati i sacramenti, e in cappelle dipendenti, affidate a un sacerdote che vi diceva la messa. A quest’ultime si deve lo sviluppo delle prime comunità cristiane rurali, anche nel nostro territorio: chiese quali nuovi luoghi d’incontro per comunità frammentate e non ancora raccolte in borghi, come poco dopo. Per gli abitanti di campagne e villaggi erano il centro della vita religiosa, ma certo non solo.

Spazi sacri che davano valore e centralità alla diocesi, una volta trasformati in posti dove incontrarsi, discutere e anche fare affari, con mercati spesso ospitati sul sagrato. Un saggio ed utile strumento d’evangelizzazione, cominciato gà nel VI secolo, istituzionalizzato dalla Chiesa a partire dall’850. Le pievi erano chiamate ad essere centri ecclesiastici del contado e centri di vita sociale, con preti ad influenzare la cultura delle genti rurali verso la tradizione francescana; una bella religione dei semplici, lontana da quella dei dotti, diffusa e presente per spazi e temi, fino a far nascere una sorta di civiltà delle pievi.

Dopo un migliaio d’anni è cambiato tutto: le pievi sono monumenti solitari da ammirare, le genti rurali saggi da ascoltare, l’evangelizzazione si è spostata su media e in rete, le comunità sono sempre più virtuali. Non dico su tutto, ma almeno su qualcosina, girarsi a guardare indietro ogni tanto male non farebbe.

Davide Palazzetti

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