/ Sanità

Sanità | 31 marzo 2021, 08:39

"Ci chiamavamo Medicina B, da un anno Covid 0, la nostra vita è cambiata per sempre. Viviamo in un Paese che gioca al ribasso". Lettera di un infermiere dell'ospedale di Asti

Emanuele, durante la prima ondata si è contagiato. Oggi continua la sua lotta: "Stanchi e scoraggiati ma uniti per i pazienti. Siamo un mattone di un pilastro gigante"

Il reparto Covid 0 del Cardinal Massaia di Asti

Il reparto Covid 0 del Cardinal Massaia di Asti

"Ci chiamavamo Medicina B. 365 giorni fa il nostro nome è mutato in Covid Zero e in meno di 24 ore quella corsia è cambiata radicalmente".

Pensieri lucidi, accorati di un infermiere in trincea all'ospedale di Asti  che, dopo un anno riflette su come il suo reparto sia cambiato radicalmente e quanto le vite (e le morti) passate da quei letti, abbiano cambiato per sempre anche le vite dei sanitari.

Dal contagio nuovamente in trincea

Emanuele esattamente un anno fa è stato contagiato dal Covid, per tanti giorni, chiuso in casa, pensava ai suoi colleghi alle prese con quel nemico ancora sconosciuto e devastante.

"Pensavamo fosse una sfida da portare a termine e questione di poco tempo e, senza avere nemmeno il tempo di pensarci, siamo entrati in un mondo nuovo, un modo di lavorare totalmente diverso, più pericoloso e faticoso di prima. Ho visto occhi spaventati ma che brillavano di emozione, occhi in cui l'orgoglio di poter aiutare quelle persone sovrastava la paura. Ho visto la voglia di ridere nonostante tutto, la forza di ritagliare qualche minuto di gogliardia nelle pesantissime ore di turno. Ho visto visi sciupati, solcati e lesionati dalla pressione dei DPI, ma corpi spinti, dominati e sorretti dall'adrenalina di una maxi-emergenza. Ho percepito voci vibranti sotto quelle maschere, occhi lucidi dietro quei visor, emozioni che alle volte potevano crearsi e distruggersi con un solo sguardo. Ho visto tanti di noi infettarsi e fare la propria convalescenza cercando di tornare il prima possibile tra quelle mura. In tutto questo mare di confusione, ho visto infermieri, medici e OSS che continuavano ad essere quel bel gruppo coeso, in una realtà diversa ma ancora più forti e motivati di prima".

Solo per 15 giorni Covid free

Queste le speranze e le lotte, ma dopo un anno il reparto continua ad essere Covid Zero, dopo una breve pausa di 15 giorni a ottobre. Solo 15 giorni.

"350 giorni in cui abbiamo visto davvero di tutto tra quelle mura, storie che ci hanno segnato la vita e cicatrici che non andranno mai via, nel bene e nel male. Abbiamo ricevuto tante belle parole e bei gesti di gratificazione dai nostri assistiti, ma anche maltrattamenti, insulti, aggressioni verbali e ahimè anche fisiche da negazionisti che ci accusavano di essere assassini, causa del loro peggioramento clinico, persone alle quali nonostante tutto abbiamo rivolto le nostre cure".

Già, perché se il mondo ha visto nei sanitari degli eroi, spesso li ha bistrattati umiliati, utilizzando anche violenza... E sono stati curati anche i cosiddetti 'negazionisti', parola che dopo tutti i numeri di morte, sembra una bestemmia.

Un piccolo mattone di un immenso pilastro

"Oggi mi guardo allo specchio - riflette Emanuele - e penso all'infermiere che ero fino a un anno fa, quello a cui spesso raccomandavano di 'non cambiare mai'. Poi guardo i miei colleghi e i loro volti. Guardo il reparto inteso come struttura fisica. Guardo quei 42 pazienti nei loro involucri di vita isolata e stravolta. E non riconosco più niente e nessuno, me in primis. Non vedo più occhi emozionati, vedo occhi scavati, visi provati. Vedo gambe che si trascinano, corpi segnati da 12 mesi di tute di plastica e dispositivi pressanti, mani rovinate, menti stanche a volte offuscate, rallentate, sento silenzi assordanti. E penso a come eravamo e come siamo ora, stanchi e sempre più scoraggiati.

Eppure siamo ancora uniti e continuiamo a spremerci fino all'ultima goccia per tenere botta e tutelare la salute dei nostri pazienti. Siamo solo un singolo mattone di un pilastro gigante formato da tutte le realtà degli ospedali italiani impegnate da un anno nella battaglia al Covid, e so per certo che come noi tanti altri mattoni stanno cedendo, schiacciati da un peso sempre più insostenibile".

"Un Paese che gioca al ribasso, le energie si stanno esaurendo"

Dopo un anno queste riflessioni feriscono. Non solo la categoria sanitaria che, forse, si sente impotente, ma feriscono chi ha avuto parenti morti per il Covid, o malati gravi che non hanno potuto aiutare per settimane. Chi ha perso un caro buttato in un sacco, nudo, perché bollato come 'sospetto Covid' (la famosa, terribile, procedura). Feriscono le istituzioni che forse non hanno messo in campo da subito misure davvero efficaci.

"Questo - scrive Emanuele - perché viviamo in un Paese abituato a giocare al ribasso, un Paese a cui piace farsi trovare impreparati: un po' come quando al Liceo sapevi di essere uno degli ultimi rimasti da interrogare eppure studiavi poco e speravi che il prof non ti beccasse e se ti beccava, ti accontentavi di un 6 anzi di un 5 per poi provare a recuperarlo con un 7.

Quello era un errore che ci si poteva permettere nel primo anno del liceo in cui era tutto nuovo, non negli anni successivi.

Eppure stiamo continuando a ripetere quell'errore, ed è già la terza volta.

Quante volte vogliamo ancora ripetere questo primo anno di liceo?

Le energie stanno esaurendo. E allora grazie ai miei colleghi per questi 365 giorni di coesione, teniamo duro e cerchiamo di non far crollare quel pilastro".

Betty Martinelli

TI RICORDI COSA È SUCCESSO L’ANNO SCORSO A MARZO?
Ascolta il podcast con le notizie da non dimenticare

Ascolta "Un anno di notizie da non dimenticare 2024" su Spreaker.
Prima Pagina|Archivio|Redazione|Invia un Comunicato Stampa|Pubblicità|Scrivi al Direttore|Premium